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Il ddl Ferragni? Ingesserà i rapporti tra aziende e non profit

Dopo il caso della influencer e della Balocco, il Cdm ha varato un ddl che impone più trasparenza per le raccolte fondi e promette sanzioni per chi sbaglia. Ne abbiamo parlato con la fundraiser, Elena Zanella

di Alessio Nisi

ferragni

Dopo lo scandalo del pandoro di Chiara Ferragni, il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al ddl beneficenza (per la cronaca anche ddl Ferragni). Il provvedimento, nelle intenzioni, vorrebbe assicurare trasparenza: un’informazione chiara e non ingannevole quando vengono commercializzati prodotti con proventi destinati a iniziative di solidarietà. In caso di violazione degli obblighi previsti dal disegno di legge, l’autorità potrà erogare una sanzione che va da 5mila fino a 50mila euro. Il 50% di questo importo sarà destinato a iniziative solidaristiche, individuate con un successivo decreto. Una nuova normativa? Eppure le regole ci sono già.

Le norme di questo ddl sono un balzello che andranno a ingessare il rapporto con le aziende, fondamentale per le organizzazioni non profit

Elena Zanella – esperta di raccolte fondi per il Terzo settore

Non c’è alcun vuoto legislativo che andava colmato (come sottolineato a caldo dalla stessa imprenditrice). Le regole sono nei contratti di sponsorizzazione, nei gentlemen agreement e nel rapporto di fiducia tra i consumatori e le aziende. In un equilibrio sottile eppure molto fragile, come ha dimostrato il caso Ferragni. La direzione del ddl? Finirebbe per ingessare il settore delle attività di beneficenza abbinate alle iniziative commerciali. Tra cavilli e balzelli finirebbe inoltre per restringere e di molto le iniziative di questo tipo. Ne abbiamo parlato con Elena Zanella, fundraiser, esperta di raccolta fondi, soprattutto nel Terzo settore, vincitrice dell’Italian Fundraising Award, autrice, tra gli altri, del libro di recente pubblicazione Startup Fundraising – Guida di riferimento alla raccolta fondi per piccole e medie organizzazioni del Terzo settore.

Zanella, che ne pensa del ddl Ferragni?

Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità. Capisco che sia dura e che sia difficile. Ma non è accettabile e mi lascia perplessa lo scaricare il senso di responsabilità su un “vuoto legislativo”, che tra l’altro non c’è, a mio modo di vedere.

Nel momento in cui c’è una comunicazione limpida il problema non sussiste e il consumatore è perfettamente cosciente di quello che sta facendo

Elena Zanella

Spieghi meglio.

Credo ci sia già tutto per fare bene. Le leggi creano lacci e lacciuoli, ma già ci sono. Non solo. C’è la competenza, sempre più diffusa, del Terzo settore sulla raccolta fondi perché ci sono professionisti preparati che fanno questo ogni giorno. Il fundraising evolve, certo, ma è anche ben codificato. Esistono regole e modi che, se conosciuti e ben applicati, non danno problemi e vanno in risposta a delle esigenze specifiche amplificando, al tempo stesso, i risultati. Noi fundraiser abbiamo sempre trovato le modalità per lavorare bene. Un buon fiscalista sa perfettamente come muoversi in questi campi, aiutando a mettere a frutto e massimizzare i risultati di una buona idea. L’importante è chiarire bene le cose e cercare di agire per il meglio.

Elena Zanella

In chiave di trasparenza il ddl chiede l’apposizione sulla confezione di una targhetta cartacea o adesiva che, con apposita evidenziazione grafica, fornisca le indicazioni con chiarezza e semplicità. Pariamo della destinazione e dell’ ammontare del ricavato

Questo tipo di rapporto esiste già tra l’azienda e l’organizzazione e può essere certamente comunicato al destinatario in un’ottica, appunto, di marketing sociale, ma imporlo per legge è un’altra cosa: può infatti produrre l’effetto opposto a quanto invece si desidera, ovvero creare una barriera all’ingresso che finisce per disincentivare la libera iniziativa dell’azienda, oltre che ridurre potenzialmente gli effetti. In fase previsionale, aggiungo, non è poi sempre possibile prevedere i risultati effettivi, a patto non si decida preventivamente la quota da erogare. Le variabili sono diverse e diversamente incasellabili.

Quindi si andrebbe nella direzione opposta ad un ampliamento della platea dei soggetti che fanno beneficenza?

Eccedere con vincoli e normative che in qualche modo ti ingabbiano potrebbe finire con l’ingessare tutto il sistema.

Zanella, lei ha più volte sottolineato che in questa vicenda il tema vero sia la fiducia

Esattamente: la trasparenza e il rapporto di fiducia che si instaura con il consumatore, il donatore nel nostro caso, e tra le persone in genere. La qualità della relazione non è tanto dettata da una norma che per forza ti impone di fare determinate scelte e seguire determinate strade. È qualcosa di più sottile, quasi impalpabile. È su questa fiducia che noi fundraiser insieme alle nostre organizzazioni costruiamo i nostri progetti. La posta in gioco è la credibilità. Svuotata questa, resta solo la burocrazia. 

L’intervista di Giampaolo Cerri alla Zenella, nell’ultimo Salone della Csr di Milano

In aperura foto di Aaron Doucett per Unsplash. Nel testo immagine per gentile concessione di Elena Zanella


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