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Adolescenza

Il disinteresse dei ragazzi per la scuola? Spesso è un loro modo di difendersi

Un incontro organizzato dal Ciai a Padova ha permesso di mettere a fuoco il malessere di bambini e ragazzi, accentuato dalla pandemia ma anche da certi atteggiamenti degli adulti. Il ruolo di genitori e insegnanti, il parere degli psicologi e il programma della società benefit "Casa dello studente"

di Luigi Alfonso

«C’è una relazione tra lo stare in difficoltà nel proprio contesto familiare e l’insuccesso scolastico». Alessandra Santona, psicologa e psicoterapeuta familiare, docente presso l’Università Milano Bicocca e responsabile scientifico del Centro italiano aiuti all’infanzia – Ciai, lo ha sottolineato più volte nel suo intervento di ieri sera che ha aperto l’incontro “Andare oltre – Come superare le difficoltà scolastiche e ritrovare la serenità”, promosso dallo stesso Ciai in collaborazione con la società benefit Casa dello studente, a|impact, Centro sportivo italiano – Csi e Fondazione Social Venture Giordano dell’Amore, e il patrocinio del Comune di Padova L’evento era rivolto principalmente agli studenti e ai loro genitori per far conoscere le opportunità offerte a Padova e dintorni.

Dispersione scolastica e rendimento insufficiente a scuola sono due aspetti che preoccupano molte famiglie italiane. Problematiche che ci sono sempre state ma che sono cresciute durante e dopo il periodo del lockdown. Il Ciai ha cercato di approfondire l’argomento con l’incontro che si è tenuto ieri nella sala “Peppino Impastato” della filiale di Padova di Banca Etica, moderato dalla giornalista Sabina Fadel.

Un momento dell’incontro organizzato dal Ciai a Padova

«L’immagine che bambini e ragazzi hanno di se stessi, delle loro qualità in termini di autostima, condiziona tutte le loro attività, a cominciare da quelle scolastiche che maggiormente li impegnano», ha spiegato Santona. «Scollegare il mondo dell’apprendimento e il benessere della persona, non è possibile. La parola compito è collegata all’impegno che ogni ragazzo profonde a modo suo. La scuola dovrebbe essere il luogo in cui questa esperienza dovrebbe e potrebbe accadere, in cui una persona cresce in senso generale (dunque, non riguarda solo le competenze), ma sappiamo che non sempre è così. Il benessere dei ragazzi è correlato ad altri luoghi del benessere, per esempio il contesto familiare.

«Se la mente di un bambino o un ragazzo è occupata da ansie, paure o altri pensieri che diventano intrusivi, è difficile che possano stare a scuola o in qualche altro luogo dove è richiesto loro di stare e incuriosirsi», ha ricordato ancora Santona. «Se la loro mente è piena di cose dolorose o faticose, è difficile che quello spazio venga occupato da altro. L’ambiente scolastico dovrebbe incuriosire, perché questo è il motore che spinge i ragazzi a crescere. Certo, non possiamo chiedere sempre agli insegnanti di occuparsi del loro benessere, ma è importante non slegare i temi del benessere e dell’apprendimento, o comunque lo studente dalla condizione generale che riguarda la sua vita. È sbagliato, però, pensare che ai ragazzi che non hanno un buon rendimento scolastico non interessi quel contesto: in realtà, per la quasi totalità di loro la scuola è molto importante perché è il luogo in cui apprendono e cercano di comprendere quanto valgono e come sono visti dagli altri. La riuscita è cosa ben diversa. Rapportarsi con condizioni frequenti di insuccesso, incide fortemente su altre dimensioni del benessere. Domandiamoci, dunque, che effetto ha per un ragazzo vivere un’esperienza di frustrazione. Le risposte a questo impatto quasi sempre sono difensive: a volte si manifesta con la disattenzione, oppure disturbando i compagni e l’insegnante in aula».

Un altro elemento di riflessione riguarda i genitori. La dottoressa Santona ha spiegato che «i familiari devono poter credere che la scuola sia un luogo di apprendimento, ma bisogna capire se le aspettative siano adeguate: a volte hanno più a che vedere con i propri successi o insuccessi scolastici, con le insicurezze personali, con le fatiche del vivere o la vita di coppia. Il loro, il nostro, è un ruolo difficile, ma anche gli insegnanti hanno un compito evolutivo. Il tema dell’apprendimento ha a che vedere con chi deve accompagnare il ragazzo in questo processo, a casa e a scuola, per questo è fondamentale la comunicazione tra la famiglia e gli insegnanti. La pandemia ha messo in risalto una condizione di malessere giovanile già esistente, ma ci ha lasciato un’altra eredità: un’ulteriore difficoltà di legame, di alleanza, di fiducia. È fondamentale che la scuola garantisca ai ragazzi una condizione di riconoscimento, qualsiasi sia il loro bagaglio di possibilità. Lasciarli in una situazione di solitudine, di frustrazione o di rimando negativo, non li mette in una condizione di autoriconoscimento del loro lavoro. C’è poi un altro aspetto importante: i ragazzi di oggi stanno male perché il contesto sociale non consente loro di crescere quanto e come dovrebbero. Ai ragazzi viene chiesta sempre la performance, non è consentito sbagliare. Un tempo, essere bravissimo era un’eccezione, com’è giusto che sia; oggi è il punto di partenza. Purtroppo, queste aspettative le hanno molti genitori e qualche volta gli insegnanti, e i ragazzi solitamente non sono educati al fallimento. Non esiste l’apprendimento se non si ha la possibilità di sbagliare in un contesto che ci protegge e di capire come possiamo migliorare. I ragazzi sono più vulnerabili perché ancora non hanno la certezza di essere le persone di talento che tutti noi siamo».

Claudio Tanghetti, fondatore e amministratore delegato di Casa dello Studente, ha parlato del servizio scolastico integrato per il supporto agli studenti, offerto dalla loro start up innovativa. «Non abbiamo inventato nulla, soltanto ascoltiamo i ragazzi e le famiglie. Il doposcuola, inteso come ripetizioni, esiste da tanto tempo e lo hanno sempre garantito i privati e alcune realtà del contesto sociale. Noi ci abbiamo aggiunto l’ascolto, e non solo. Nel 90 per cento dei casi, sono le mamme che ci contattano per chiederci un sostegno per il figlio o la figlia in difficoltà con il rendimento scolastico. A loro proponiamo un servizio integrato che prevede l’accoglienza, l’ascolto, l’eventuale supporto psicologico e non solo l’aiuto nello studio. Siamo partiti in sordina a Brescia e, passando poi per Bergamo, siamo cresciuti con il passaparola, aprendo altri centri (oggi sono una trentina, ndr) e creando l’associazione, nel tempo trasformata in società benefit. Abbiamo imparato tanto collaborando con gli istituti specialistici dell’apprendimento e altre realtà (associazioni sportive, parrocchie, ecc.), ciascuna con le sue peculiarità, sino a creare una rete che ruota attorno ai ragazzi».

«Spesso facciamo da ponte tra genitori e figli che non si sentono capiti», ha proseguito Tanghetti. «Ma anche tra gli studenti e gli insegnanti che danno indicazioni che talvolta si perdono. Poi lavoriamo sull’autostima dei ragazzi stessi, sulle valutazioni che essi si danno nelle attività scolastiche piuttosto che in quelle sportive, dove gli stimoli sono incredibili, il tempo è sempre poco e le richieste di performance sono altissime. I ragazzi, da noi, si specchiano con altri coetanei e lo fanno in un sistema “calmo”, dove c’è la nostra supervisione. C’è pure lo spazio per la performance, ma senza forzarla. Direttamente o indirettamente, siamo tutti genitori e ben comprendiamo il valore dell’essere aiutati».

Clizia De Mitri, psicologa e coordinatrice dei Centri doposcuola Ciai+Cds, ha illustrato l’esperienza padovana nel fronteggiare gli insuccessi scolastici e prevenire il malessere giovanile. «Abbiamo creato una rete con una serie di associazioni sportive e parrocchie, che ci hanno permesso di introdurci nel loro spazio e poi aprire una prima filiale a Padova (oggi sono quattro) e poi anche una a Conselve. Tra gli aspetti che caratterizzano il lavoro dei nostri centri doposcuola c’è il miglioramento del clima familiare. Ogni centro è guidato da uno psicologo o pedagogista, e i ragazzi sono seguiti da tutor specializzati nelle varie materie scolastiche, studenti universitari regolarmente assunti e retribuiti. Formiamo i tutor nella gestione di casi particolari, per esempio i ragazzi con difficoltà di apprendimento. Si compongono piccoli gruppi di studio di tre o quattro persone, seguite da un unico tutor per materia. Tutti i ragazzi che si rivolgono a noi hanno qualche difficoltà, a volte semplicemente non riescono a stare seduti a studiare: chiedono uno spazio idoneo in cui farlo, e noi glielo forniamo. Offriamo anche il servizio di orientamento, per aiutare i ragazzi a decidere che cosa fare dopo la maturità o il diploma».

Da sinistra: Claudio Tanghetti, Alessandra Santona e Clizia de Mitri

Interessante il dibattito che si è sviluppato nella seconda parte dell’incontro, con le domande (anche a distanza, su Facebook, grazie alla diretta streaming) poste dai genitori. Una mamma si è detta preoccupata perché vede il proprio «figlio adolescente senza obiettivi: non si dispiace se fallisce o prende un brutto voto. È solo un’aspettativa di noi genitori?».

«Una domanda bella e molto complicata, anche perché c’è di mezzo l’adolescenza», ha risposto la psicologa Alessandra Santona. «Per me il disinteresse è sempre una porta d’ingresso. Per un genitore è molto penoso avere un figlio che ha un po’ perso le coordinate, cosa che avviene spesso nell’adolescenza. Nonostante ciò, noi genitori dobbiamo essere coloro che mantengono sempre la fiducia nelle capacità di questi ragazzi. Non è facile essere lungimiranti e allo stesso tempo genitori. Però è impossibile credere che un ragazzo nell’età evolutiva non abbia interessi. Quando sembra così svogliato, bisogna domandarsi che cosa sta succedendo. È un campanello d’allarme. A volte un ragazzo si fa scivolare tutto addosso perché quello che gli viene richiesto non va nel verso giusto. Quante volte gli adolescenti sembrano dei muri di gomma? Ebbene, quella dimensione va interpretata come qualcosa che i ragazzi ci vogliono dire. Spesso non si sentono all’altezza, credono di non farcela e ci chiedono aiuto a modo loro. Questo è un tema molto forte per gli adolescenti, ed è legato al pensiero che la famiglia li valuti per quello che non riescono a fare. Ecco, credo che la rete aiuti tantissimo i genitori a riprendere le fila e riorientare la loro bussola affettiva che li ha aiutati sino a due o tre anni prima, quando tutto sembrava tutto più facile da leggere. Noi genitori non possiamo pensare che ciò che abbiamo seminato e insegnato ai nostri figli si perda all’improvviso solo perché sono diventati adolescenti».

Per conoscere meglio le attività Cds+Ciai nel territorio padovano è possibile scrivere una email all’indirizzo veneto@ciai.it oppure visitare il sito https://www.casadellostudente.net/sedi/

Credits: foto d’apertura di Kenny Eliason su Unsplash; le altre foto sono gentilmente concesse dal Ciai


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