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Editoriali

Il dramma della denatalità

I dati sugli indicatori demografici dell’Italia pubblicati dall’Istat il 29 marzo non lasciano spazio a interpretazioni. In 15 anni perse 200mila nascite. Un calo che impatta sull’economia, il PIL, la sanità, il lavoro, l’occupazione, la scuola, le università, le imprese, il welfare, le pensioni, la previdenza...

di Riccardo Bonacina

I dati sugli indicatori demografici dell’Italia pubblicati dall’Istat il 29 marzo non lasciano spazio a interpretazioniNell’immagine qui sotto vedete la sequenza delle nascite dal 2008 al 2023, in 15 anni si sono perse 200mila nascite, e ogni anno si batte il record negativo di nati dall’Unità d’Italia. La situazione della natalità in Italia è talmente drammatica che, come avvisano i ginecologi, nel 2225 nascerà l’ultimo italiano. C’è una data di scadenza per il nostro Paese, altro che islamizzazione!

Il problema è troppo grave per fermarsi al dato numerico. È necessario affrontarlo a 360 gradi, con un piano strutturato, economicamente e socialmente sostenibile, che dia risultati in tempi molto più brevi di quelli che si potevano immaginare prima della pubblicazione di questi dati.

Nel 2025 l’ultimo italiano

“La denatalità in Italia è un problema drammatico”, ha dichiarato all’Adnkronos Salute Vito Trojano, presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo), commentando i dati dell’Istat che evidenziano il calo delle nascite. Nel 2023 in Italia i nati residenti sono 379mila, con un tasso di natalità pari al 6,4 per mille (era 6,7 per mille nel 2022). “Le proiezioni che abbiamo – ha evidenziato Trojano – ci dicono che, se il trend continuerà, nel 2225 nascerà l’ultimo italiano. Quello delle poche nascite non è certo solo un problema nostro, ma in Europa abbiamo i numeri più bassi. C’è un grosso problema di welfare che non permette alle donne in età fertile di avere un figlio, ma sono costrette a rimandare la maternità con tutte le conseguenze che si conoscono. C’è anche il problema della precarietà che influisce sulla scelta di avere un figlio. Insomma, è chiaro che dobbiamo aiutare di più i giovani perché una gravidanza proiettata troppo in là nel tempo abbassa la possibilità del concepimento”.


Un’altra voce che si alza dal mondo della sanità è quella dei neonatologi. Luigi Orfeopresidente della Sin, la Società italiana di neonatologia, ha commentato i dati dell’Istat sostenendo che quella della denatalità è “una tendenza nel nostro Paese inarrestabile e su cui – forse – non c’è più nulla da fare perché nella responsabilità si mescolano tanti fattori”. “Dal 1995 c’è stato un continuo calo della natalità – ha detto Orfeo, direttore Uoc di Neonatologia e Terapia intensiva neonatale, ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina-Gemelli Isola di Roma – preoccupa anche il tasso di fertilità delle donne sempre più basso, con un’età media del primo figlio che si alza a 32-33 anni. Siamo in grave ritardo rispetto alla possibilità di invertire questa rotta e comunque i risultati sarebbero visibili solo tra 10-20 anni”. Le società scientifiche interessate, come la Sin, “possono fare la loro parte con una campagna di informazione e divulgazione su come l’orologio biologico incida sulla fertilità femminile ma anche maschile, un concetto spesso ignorato da molti giovani: fare un figlio a 20 anni è un discorso, quando si superano i 35 anni diventa tutto più difficile. Parlare di questi concetti nelle scuole – conclude – sarebbe fondamentale per far crescere la consapevolezza”.

Ovviamente non è solo il mondo della scienza ad alzare la voce su questo tema. Il problema della natalità, infatti, non è un tema solo di numeri, quasi fosse un fine esercizio per statistici esperti. Il calo demografico impatta su tutto il mondo come lo conosciamo oggi. Le sue conseguenze colpiscono l’economia, il PIL, la sanità, il lavoro, l’occupazione, la scuola, le università, le imprese, il welfare, le pensioni, la previdenza… e la lista è ancora lunga.

Eppure anche il governo di Giorgia, donna, madre e cristiana, non è riuscito a mettere in campo misure decisive per combattere il fenomeno. Dobbiamo limitarci ai miraggi del suo luogotenente, il ministro Valditara, che pensa piuttosto a una norma (ah, la superfetazione di norme inutili e poi cassate di questo Governo) per impedire la chiusura delle scuole per Ramadan una legge che impedisca di celebrare feste “non italiane”,  facendo il paio con il capogruppo di FdI alla Camera Tommaso Foti che vuole portare in aula il divieto di pregare per i musulmani nel nostro Paese.

Il 9 e 10 maggio avranno luogo a Roma la IV edizione degli Stati generali della Natività (qui il sito dell’evento) promossa dall’instancabile Gigi De Palo a cui parteciperanno tutti i rappresentanti dei partiti e del Governo. Come ogni anno, ma cambierà qualcosa? De Paolo intanto sottolinea come : «Le giovani coppie che desiderano avere figli sono abbandonate a sé stesse, e il Governo pur avendo un ministero apposito non sembra aver capito che non servono i bonus, ma uno shock fiscale che valorizzi e non penalizzi la nascita di un figlio. Se dovesse continuare così, con un ricambio generazionale insufficiente, andremo incontro al crollo del Pil, della sanità e della previdenza».

Questo articolo è tratto da La Puntina, newsletter settimanale, per riceverla gratuitamente clicca qui


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