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Primo maggio

Il lavoro? Per i giovani vengono prima altri valori

Interessante analisi del mondo giovanile che emerge da un rapporto di Area studi Legacoop e Ipsos. Nella scala valoriale primeggiano rispetto, onestà, libertà, amicizia, sincerità e senso della famiglia

di Redazione

Il lavoro risulta all’ottavo posto nella scala valoriale dei giovani italiani. Lo considerano principalmente una fonte di reddito, un diritto e una modalità per affermare la propria indipendenza. È quanto emerge dal Report “I giovani e il lavoro”, elaborato da Area studi Legacoop e Ipsos, in base ai risultati di un’analisi condotta su un campione rappresentativo della popolazione italiana dai 18 ai 34 anni. Gli intervistati vedono, tra gli aspetti più interessanti, un’adeguata remunerazione, la possibilità di fare esperienza, imparare un mestiere e operare in un ambiente ben strutturato ed essere apprezzati. Temono di essere sfruttati, di non avere più tempo per sé stessi, di dover sottostare ad orari rigidi e avere problemi relazionali con i colleghi.

Lo studio evidenzia in premessa come il lavoro, in una scala valoriale complessiva, si collochi solo all’ottavo posto (indicato dal 32% degli intervistati), preceduto da rispetto (50%), onestà (44%), libertà (42%), amicizia (41%), sincerità (37%), senso della famiglia (36%). Inoltre, nel loro sguardo al futuro, i giovani manifestano un’esigenza di sicurezza (30%), uguaglianza (29%), stabilità (26%), ecologia (23%), innovazione e giustizia sociale (21%) e indicano i maggiori problemi della società moderna nella mancanza di prospettive per i giovani e di stabilità nel lavoro (32%), nella scarsa attenzione all’ambiente e al cambiamento climatico (29%) e nella mancanza di riconoscimento del merito (26%). Pensano, inoltre, che le principali sfide per il futuro del nostro Paese siano la protezione dell’ambiente e la lotta al cambiamento climatico (24%), il miglioramento della sanità pubblica e della gestione delle emergenze sanitarie (24%), la riduzione della povertà e della disuguaglianza sociale (21%), la riduzione della disoccupazione giovanile, la crescita economica e la riduzione del debito pubblico (20%).

Simone Gamberini, presidente di Legacoop

«È ormai risaputo che, dopo lo shock iniziale, l’esperienza del Covid ha spinto un po’ tutti a riflettere sulle priorità della propria vita», commenta Simone Gamberini, presidente di Legacoop. «Valori, tempo, risorse, famiglia: da tre anni osserviamo come cambiamenti, forse in atto da tempo, siano accelerati e modifichino il senso delle nostre scelte e attese. Il mondo giovanile è profondamente attraversato da questi mutamenti evidenti, per esempio in tutta la sfera relativa al lavoro e al suo senso. Come movimento cooperativo siamo particolarmente sensibili e interessati a questi processi, perché riteniamo che l’impresa cooperativa sia particolarmente allineata con molti degli aspetti più evolutivi che emergono anche da questo studio. Imprenditorialità ma democratica, partecipativa, orizzontale, mutualistica. Sostenibilità non solo legata all’ambiente ma alle persone, alle comunità, al valore progressivo della tecnologia. L’ascolto e il dialogo sui temi di interesse per i giovani per noi è fondamentale per costruire relazioni e basi comuni per il futuro della cooperazione italiana».

Per tornare al tema centrale dello studio, ovvero la relazione con il lavoro, come già ricordato, per gli under 35 il lavoro è in primo luogo una fonte di reddito (41%, con una punta del 49% per gli appartenenti al ceto medio), un diritto (39% medio, ma 45% nel ceto medio e 47% al Mezzogiorno) e un modo per affermare la propria indipendenza (38%, 42% nel ceto medio e 43% nel Mezzogiorno). Seguono, come tratti ritenuti rilevanti, la considerazione del lavoro come elemento che dà dignità alla persona (32%, con una punta del 38% al Sud) e che permette di costruirsi una posizione sociale (30%, 38% al Sud). Riguardo agli aspetti più interessanti del lavoro, il 33% (che sale al 39% nel ceto popolare) indica l’adeguata remunerazione, il 29% la possibilità di fare esperienza, il 25% la possibilità di lavorare in un ambiente ben strutturato e organizzato, con procedure e regole chiare, di essere apprezzato e di poter imparare un mestiere da persone più esperte. Tra le preoccupazioni legate al lavoro, il 40% (con una punta del 48% nel Mezzogiorno) indica il timore di essere sfruttato, il 28% di non avere più tempo per sé, il 24% gli orari di lavoro, il non avere buone relazioni con i colleghi e il non avere tutele.

A partire da queste valutazioni, è stato poi chiesto agli intervistati di indicare gli aspetti che qualificano il lavoro ideale. Al primo posto si colloca il trattamento economico (25%, che sale al 29% tra le donne), seguito da autonomia e indipendenza (24%), disponibilità di tempo libero, orari flessibili e stabilità del posto di lavoro (23%), buoni rapporti con i colleghi e i superiori (20%). La forma di retribuzione preferita (30%) è quella che preveda una base fissa e una componente variabile legata ai risultati raggiunti. In seconda posizione (26%) lo stipendio fisso integrato da forme di welfare aziendale per la previdenza complementare e il sostegno alla famiglia. Inoltre, il 65% preferirebbe un lavoro di concetto (preferenza espressa dal 74% dei laureati), con orario a tempo pieno (64%, e 70% tra i laureati), ma con orario flessibile (62%, e 67% tra le donne), con possibilità di smart working (57%, e 65% tra i laureati). Infine, la preferenza per un lavoro nel settore privato è espressa dal 56% del totale del campione, con una punta del 68% tra gli intervistati del Nord-ovest. Di contro, al Sud resiste la preferenza attribuita al lavoro nel settore pubblico, espressa dal 62% degli intervistati.

Credits: foto Mimi Thian e Marten Bjork su Unsplash


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