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Il poeta: «Quale autonomia se le aree interne muoiono?»

Franco Arminio, poeta e paesologo, è nato e vive in un piccolo comune in provincia di Avellino. «Non sono un tecnico», spiega. «Ma l'Italia ha più bisogno dell'autonomia differenziata o di una legge, di un progetto, che guardi davvero ai luoghi marginali e che voglia davvero rigenerarli? Le aree interne, da Nord a Sud, stanno morendo tutte»

di Anna Spena

Il Senato approva l’autonomia differenziata con 110 sì. Ora il testo passa alla Camera. L’Autonomia differenziata riconosce alle Regioni una maggiore capacità decisionale su alcune materie che erano in capo all’amministrazione centrale.

Il disegno di legge è composto da 11 articoli ed eredita il nome dal leghista Roberto Calderoli, ministro per gli affari regionali e le autonomie dell’attuale governo Meloni.

«Siamo contrari ad una autonomia differenziata che, una volta approvata, genererebbe una forma di Stato non più unitario», aveva commentato solo pochi giorni fa Antonio Russo, vicepresidente delle Acli – Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani. «L’ attribuzione alle Regioni di 23 materie di competenza esclusiva, modificherebbero di fatto il volto e la stessa identità del Paese, abbandonando una parte dello stesso ad un ritardo incolmabile che istituzionalizzerebbe le disuguaglianze già oggi evidenti».

Ma il ddl Calderoli aumenterà le davvero le diseguaglianze tra le Regioni del Nord e quelle del Sud d’Italia? Sono in molti, dal Sud, a dire di sì. Ma come si misurano queste diseguaglianze nella vita quotidiana? O ancora come le percepiscono e raccontano i “non addetti ai lavori”?

L’abbiamo chiesto al poeta e paesologo Franco Arminio, il suo ultimo libro si chiama Canti della Gratitudine, edito da Bompiani. Arminio è nato e vive a Bisaccia, un piccolo comune in provincia di Avellino, in Campania. Ecco cosa ci ha risposto.


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«Ieri», racconta, «proprio mentre approvavano in Senato il ddl sull’autonomia differenziata, io stavo tornando a casa. Ero stato a Lecedonia, un altro piccolo comune in provincia di Avellino, simile a quello in cui sono nato io.
La sensazione che mi è rimasta addosso è quella di un comune che invecchia sempre di più, quella di un comune dove i giovani sono sempre di meno. Giravo tra i bar e percepivo l’abbandono. Percepivo scoramento. Mi sembrava una barca alla deriva. Stiamo parlando di autonomia differenziata? Il lavoro da fare sarebbe tutt’altro. Io non sono un tecnico, non sono un esperto. Però l’autonomia differenziata non farebbe solo male alle Regioni del Sud Italia, ma anche a tutte quelle piccole aree interne, anche a tutti quei piccoli comuni, di cui è piano il Nord Italia. Paesi – che così come quelli del Sud – si stanno spopolando. E lo spopolamento avrà delle conseguenze gravi. Ripeto che non sono un tecnico e mi rifiuto di entrare nei tecnicismi del disegno di legge, però mi domando: abbiamo più bisogno dell’autonomia differenziata o di una legge, di un progetto, che guardi davvero ai luoghi marginali? Che voglia davvero rigenerarli?».

«Il fatto è che la differenza, chiamiamola anche frattura, tra le Regioni del Nord e Sud Italia esiste già, e il Governo non dovrebbe agevolare certe “tendenze del mercato”, al massimo dovrebbe volerle arginare», continua Arminio. «E invece sulle aree interne non ci sono risorse, e neanche uno sguardo. Ma lo spopolamento è un cancro silenzioso che uccide ogni giorno. È una malattia. E i paesi delle aree interne è come se vivessero in un hospice in attesa di morire. Di questa malattia, di questa morte imminente, è responsabile tutta la comunità nazionale. Il principio di voler attivare un protagonismo regionale non è sbagliato, il no all’autonomia differenziata non deve essere un no a priori. Però prima – o almeno insieme – ci vogliono leggi (e risorse) che sappiano guardare alle aree svantaggiate. Invece sui luoghi fragili della nostra Italia l’idea politica non c’è mai stata e continua a non esserci. Fatta così, fatta da sola, l’autonomia differenzia a chi farà bene? Sicuramente non alle aree interne». 

Credit foto Lapresse


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