Europee 2024

Il terremoto francese

«La destra di Marine Le Pen ha il doppio dei voti di Macron», dice Marianella Sclavi, esperta dei processi di ricostruzione e gestione creativa dei conflitti. «Le elezioni anticipate erano l’unica scelta possibile. Ma in questo caos forse potrebbe nascere una terza strada: un fronte popolare e socialista»

di Anna Spena

Alle elezioni europee il partito di estrema destra “Rassemblement National” si è imposto con circa il 32% dei consensi. Più del doppio rispetto al secondo in lista, “Renaissance”, del presidente Emmanuel Macron, che si ferma intorno al 15%. Già dopo i primi exit poll Macron ha annunciato lo scioglimento del Parlamento e la convocazione di nuove elezioni il 30 giugno e il 7 luglio.

«La situazione francese è un terremoto». La descrive così Marianella Sclavi, esperta dei processi di ricostruzione e gestione creativa dei conflitti, che per molti anni si è occupata delle banlieue nel Paese. «La destra di Marine Le Pen ha il doppio dei voti di Macron». Ma questa situazione: «era prevedibile», continua Sclavi. «Già durante i mesi precedenti alle elezioni Macron era in grande difficoltà. Uno dei segnali principali di questa difficoltà si può leggere nell’aver attribuito al primo ministro francese, Gabriel Attal, il ruolo di “sottrarre” i voti alla destra, che in tutti i sondaggi diventava sempre più popolare». 

Gabriel Attal, cosa è andato storto

«Il primo ministro», continua Sclavi, «ha collezionato una serie di proposte disciplinari – dal coprifuoco ai ragazzi minori di 13 anni nelle zone periferiche del Paese all’introduzione della divisa scolastica – sempre più repressive. Nella sua campagna è andato in giro a spiegare che “la crisi della società francese dipende dalla mancanza di ordine pubblico e dalla mancanza di autorità”. Insomma è stato “più di destra” della destra vera. Ne ha proposto una versione stereotipata. La destra di Le Pen in Francia non funziona perché reprime, funziona perché dice alle persone “vi servono salari più alti”. Funziona perché fa assistenzialismo. Va nelle zone più periferiche e povere del Paese e dice: “Noi possiamo prenderci cura di voi”».

Meno di un mese alle nuove elezioni

A fine giugno i francesi torneranno alle urne. «Macron non ha fatto autocritica a mio modo di vedere», spiega Sclavi. «E la sua politica nei confronti della marginalità e soprattutto della disoccupazione giovanile è stata fallimentare. Davanti a questi risultati la sua unica opzione era invocare nuove elezioni. Ci sono in ballo troppi temi importanti e una domanda a cui ora non possiamo rispondere: “Chi comanda oggi in Francia”? Certo sta giocando d’azzardo, ma sa che così lui non può governare e allo stesso tempo pensa che la destra non raggiungerà il 50% che le serve per farlo. Inoltre come ha scritto  Le Monde, alcune persone vicine a Macron, per spiegare che lui non ha mai pensato di mettere in discussione se stesso, hanno citato delle famose parole di François Mitterrand, quando all’inizio degli anni Novanta l’allora presidente socialista si trovò in una situazione simile e disse: “Il mio ruolo cambierà, ma non la mia posizione”».

C’è una terza strada?

Davanti alle elezioni imminenti i diversi partiti hanno cominciato a fare ipotesi di alleanze in vista delle legislative. François Ruffin di “La France Insoumise” ha chiesto di costituire un fronte popolare. Un appello che è già stato accolto dalle forze della sinistra, tra cui Raphaël Glucksmann, che in questa tornata elettorale ha ottenuto il 14% di preferenze. «Ruffin», sottolinea Sclavi, «è da tenere d’occhio. Fa parte del partito “La France Insoumise”, (la lista di Jean-Luc Mélenchon e Manon Aubry, leader del gruppo della sinistra radicale al Parlamento europeo – ha raccolto il 10,10% di voti), è un giornalista e filmmaker considerato molto concreto dai francesi. É un grande osservatore della realtà. E le leggi oggi devono essere fatte dopo studi etnografici e antropologici. I nuovi leader politici si stanno costruendo, come Ruffin, attraverso un dialogo con il territorio. Un ritorno al socialismo in Francia potrebbe essere la terza strada, ma per azzardare ipotesi su cosa succederà su certi temi, come immigrazione e fragilità, dovremmo aspettare il 30 giugno».

Credi foto: Hannah McKay/Pool via AP

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