Salute mentale

Il nuovo Tso? Aumenta le garanzie per la persona che lo subisce

La sentenza 76 del 30 maggio della Corte costituzionale ha cambiato le carte in tavola nella gestione dei trattamenti sanitari obbligatori, stabilendo che il controllo del giudice tutelare deve essere sostanziale - e non più solo formale - e che la persona e i suoi familiari devono essere avvisati. Una decisione molto discussa dagli addetti ai lavori, tra i dubbi dei tribunali e il plauso di chi da anni chiede maggiori tutele per chi è sottoposto alla misura. «Nessun sovvertimento della 180, ma una sua interpretazione evolutiva», afferma il costituzionalista Daniele Piccione

di Veronica Rossi

Il Trattamento sanitario obbligatorio (Tso) deve essere assistito dalle piene garanzie per la persona. Lo ha sancito la Corte costituzionale con una sentenza storica, la 76 del 30 maggio 2025, che ha stabilito l’illegittimità dell’articolo 35 della Legge 833 del 1978 – la norma che ha segnato la nascita del Sistema sanitario nazionale – nella parte in cui non prevede che il provvedimento del sindaco che dispone il Tso in condizioni di degenza ospedaliera sia comunicato alla persona che lo subisce, né che quest’ultima sia sentita dal giudice tutelare prima della convalida e nemmeno che il relativo decreto di convalida le sia notificato.

Il controllo del giudice deve essere sostanziale

«La sentenza ci dice due cose molto chiare e importanti, delle quali, a dir la verità, si discuteva da molti anni», commenta Daniele Piccione, costituzionalista e consigliere parlamentare del Senato della Repubblica. «La prima è che il controllo di convalida del giudice tutelare, che deve avvenire entro 48 ore, non deve essere solamente cartolare. Bisogna entrare nel merito di quanto accade e di quanto è accaduto». Il giudice, in poche parole, non dovrà limitarsi a verificare che ci sia stato l’iter corretto – il Tso è disposto da due medici che firmano la richiesta e poi è sottoscritto dal sindaco, che è l’autorità sanitaria del luogo in cui la persona si trova –, ma sarà tenuto a sentire chi è stato sottoposto al trattamento contro la sua volontà, recandosi quindi nel posto in cui subisce la coercizione, il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura – Spdc. «La corte ha sancito che il controllo delle essere più tutelante», chiosa Piccione, «più garantista della persona».

La convalida dei Tso da parte del giudice tutelare non potrà più essere solo cartolare e formale, ma dovrà essere sostanziale

La persona, e chi le sta vicino, deve essere avvisata

La seconda delle affermazioni della Corte ha una portata altrettanto importante rispetto alla prima: chi viene sottoposto a un Tso deve essere avvisato, così come devono essere avvertite le persone che gli sono vicine. «Questo avviso è fondamentale», continua il costituzionalista, «perché mette nelle condizioni di poter eventualmente rivolgersi a una superiore istanza giudiziaria per impugnare il Tso».

Ma una modifica così sostanziale non starà riscrivendo – o riformando – la Legge Basaglia? «No», è la risposta di Piccione. «La Corte costituzionale sta dando un’interpretazione evolutiva di una norma, che era già chiara. La legge già ammetteva il controllo del giudice tutelare sul Tso, ma questo controllo era immaginato in due modi alternativi, formale o sostanziale. Finora era per lo più interpretato nella prima modalità».

Il giudice ha le competenze per decidere?

La sentenza, se ha suscitato il plauso da alcuni, ha fatto storcere il naso ad altri, che hanno sollevato delle obiezioni. Che non ci sono abbastanza giudici tutelari e che il controllo che devono esercitare sia un pesante aggravio per i tribunali, per esempio. O che il giudice tutelare non abbia le competenze per decidere se ci sono o meno i presupposti per un Tso. In più al momento del controllo presumibilmente la persona è già sedata, quindi non più nelle condizioni in cui era quando si è presentata la necessità di un ricovero coatto.

«Quello che talvolta si fa finta di ignorare è che il Tso non è solo uno strumento sanitario», replica il costituzionalista, «ma è una coercizione fisica. Quando entra in gioco la libertà personale, la costituzione pretende che il controllo del giudice sia effettivo. Lo stabilisce l’articolo 13: la sussistenza dei presupposti per la limitazione della libertà persona vanno verificati. È chiaro che il magistrato non è uno psichiatra, per cui, per quella che si chiama “riserva di scienza” fa fatica a stabilire se c’erano validi motivi clinici in termini di salute mentale, ma può controllare che ci siano gli altri requisiti che impone la legge».

Il Tso non è solo uno strumento sanitario, ma è coercizione fisica: quando entra in gioco la libertà personale, la Costituzione pretende che il controllo del giudice sia effettivo

Perché venga disposto un Tso, infatti, c’è bisogno di tre presupposti: gravi alterazioni tali da richiedere urgenti interventi terapeutici; la mancanza di un consenso da parte della persona; l’assenza di altre soluzioni al problema di salute mentale che la persona manifesta. È proprio su quest’ultimo, che costituisce il principio di residualità e di eccezionalità del trattamento sanitario obbligatorio, che il giudice potrebbe in modo particolare dire la sua. «Per esempio, gli operatori potrebbero condurre la persona per un paio di ore a un centro diurno per farle accettare la terapia», spiega Piccione, «evitando quindi la soluzione del ricovero ospedaliero. Con un controllo maggiore del giudice tutelare, si evita anche la cosiddetta “delega custodiale” della salute mentale».

Addio ai “fermi di polizia mascherati”

Secondo il costituzionalista, però, l’effetto più importante della sentenza 76 sarà quello di eliminare i trattamenti coercitivi evidentemente abnormi, quelli che mancavano totalmente di presupposti. «Si tratta dei Tso che in realtà sono dei fermi di polizia mascherati», dice, «o quelli che si protraggono più del necessario o avvengono in condizioni totalmente lesive della dignità umana. Se dopo 10, 14 o 28 ore il giudice tutelare avesse potuto toccare con mano le condizioni in cui si trovava, Francesco Matrogiovanni (famoso anarchico morto nel 2009 dopo un Tso di 87 ore nell’Spdc dell’ospedale “San Luca” di Vallo della Lucania, in cui ha subito contenzione meccanica, ndr) avrebbe forse avuto un destino diverso».

Videoconferenza, una possibile soluzione?

Per sgravarsi da quella che sentono come un’ulteriore incombenza, la magistratura, almeno in alcune città, ha prospettato la soluzione della videoconferenza. «Non è la soluzione ottimale», afferma Piccione, «ma specialmente nei grandi centri, dove il rapporto numerico tra giudici che convalidano e Tso disposti è sfavorevole alla magistratura potrebbe anche aiutare, ma nei piccoli e medi centri non ha senso. A ben vedere, anche nelle metropoli non sarebbe impossibile per un giudice tutelare recarsi periodicamente nell’Spdc. I trattamenti sanitari obbligatori, infatti, sono concentrati e concentrabili in un solo luogo; se ogni magistrato si prendesse in carico un reparto o due, potrebbe svolgere dei controlli orientati anche al luogo oltre che ai singoli casi. Tra l’altro, ha 48 ore di tempo prima della convalida, non deve affannarsi a visitare subito l’Spdc. Il giudice potrebbe anche pensare di stabilire un contatto a distanza: potrebbe ben essere che tutto si risolva con la persona stessa che chiarisce di stare meglio e di aver stabilito una collaborazione con i medici».

Foto in apertura di Alina Kuptsova da Pixabay

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