Soccorsi in mare

Il veliero Astral salva 51 persone nel Mediterraneo, quasi la metà bambini

Valentina Brinis, responsabile advocacy dell'ong Open Arms, racconta i particolari dell'ennesimo salvataggio in mare. Riprendono le partenze dalla Tunisia. «Una madre mette su un barcone un bimbo di pochi mesi soltanto se non ha alternative», sottolinea lei. Il ringraziamento al personale della Guardia costiera italiana e un appello alle istituzioni europee perché collaborino per trovare una soluzione

di Luigi Alfonso

Sono sbarcate questo pomeriggio a Lampedusa le 51 persone provenienti da Guinea Conakry, Costa d’Avorio, Sierra Leone, Mali e Burkina Faso, soccorse nella serata di ieri (10 agosto) nel Mediterraneo Centrale dal personale del veliero Astral della ong Open Arms, durante la sua 120esima missione. Erano partite da Sfax (Tunisia) lo scorso 6 agosto con un’imbarcazione di ferro, che è andata in avaria. L’altezza crescente delle onde e il sopraggiungere della notte ha reso necessario e impellente il trasferimento dei naufraghi nell’isola più vicina. Tra loro figurano anche 21 minori: tre bambini piccoli di circa 6-7 mesi (una femmina e due maschi) e 18 minori non accompagnati. Tra gli adulti, 19 uomini e 11 donne, di cui due incinte rispettivamente di quattro e cinque mesi. Secondo il referto redatto dal medico di bordo del veliero Astral, le persone presentavano disidratazione, vertigini e ipotermia generalmente percepita. Molti di loro hanno anche eritemi e ustioni nella zona inguinale a causa della benzina mista ad acqua di mare.

Valentina Brinis, responsabile advocacy di Open Arms

«La cosa che veramente ci sorprende è che continuano a partire dall’Africa donne, anche in stato interessante, insieme a bambini molto piccoli e minori non accompagnati», commenta Valentina Brinis, responsabile advocacy di Open Arms, che ha seguito le operazioni da terra. «Un’altra particolarità è che hanno ripreso le partenze dalla Tunisia, nonostante continuino quelle dalla Libia. Molto dipende dalle situazioni politiche, oltre che dalle condizioni meteo. Ma ci sono molte organizzazioni criminali che gestiscono questi traffici e hanno tutto l’interesse di dimostrare la loro forza ai Paesi dall’altre parte del Mediterraneo. Questa povera gente è soltanto merce di scambio, per loro».

«Quando i nostri operatori sono giunti sul punto, hanno subito notato le condizioni precarie dell’imbarcazione», spiega ancora Brinis. «La situazione era diventata molto pericolosa per le persone a bordo, e le onde stavano complicando le operazioni di soccorso. In quella zona non c’era la possibilità di ricevere altri aiuti, dunque ci siamo attenuti a ciò che ci dicono le norme internazionali. Il Mediterraneo continua a confermarsi una zona di confine pericolosissima, in molti casi mortale. Tra qualche giorno festeggeremo i primi 10 anni di attività, e se c’è una cosa che abbiamo imparato è che questa gente lascia la propria casa e il proprio Paese soltanto per darsi un’altra possibilità di vita. Quando si mette su un barcone un bimbo di sette mesi, significa che non ci sono altre soluzioni percorribili: nessuna madre, altrimenti, lo metterebbe in pericolo. In una recente missione alla quale ho partecipato anche io, ho notato la tenerezza infinita di queste donne nei confronti dei propri figli e dei minori non accompagnati. Questo è l’aspetto che più ci preoccupa».

Il veliero Arms durante un pattugliamento in mare

Valentina Brinis lancia un appello a nome di Open Arms: «Mi rivolgo a tutte le istituzioni, iniziando da un profondo ringraziamento per il personale della Guardia costiera che sta svolgendo un lavoro enorme e prezioso, di cui abbiamo il massimo rispetto. Ora occorre una forza europea che affronti il tema sin dalle sue origini, in modo da ridurre il più possibile questo dramma: il 20% di queste persone perde la vita, lo confermano tutte le statistiche. Noi raccogliamo e mettiamo le nostre informazioni a disposizione delle autorità preposte, spero che aiutino a fare delle analisi approfondite. È auspicabile che a ottobre, quando sarà votato il Bilancio europeo, gli eurodeputati inseriscano una voce nel budget relativa a queste missioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Perché, al di là dell’aspetto umanitario, c’è una responsabilità istituzionale nell’occuparsi della salvaguardia e tutela della vita in mare».

Credits: foto ufficio stampa Open Arms

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