Adozioni internazionali

Il viaggio di ritorno: quando le radici trovano terra

Una psicologa di Avsi racconta il percorso affrontato da alcuni giovani adottati in Lituania per prepararsi insieme al viaggio di ritorno nel Paese in cui sono nati. Le emozioni, le riflessioni e l'importanza del vivere tutto questo in gruppo

di Giulia Monti

Viviamo nell’epoca della spettacolarizzazione, dove tutto è pubblico e dove, se non sovraesponiamo quello che ci succede, abbiamo la triste sensazione di non esistere, anche quando si tratta di qualcosa di profondamente intimo. In questa concezione della realtà, temi come la propria identità e le proprie origini diventano l’ennesimo evento che deve necessariamente essere pubblicizzato, meritevole di una vetrina dove esporre la nostra parte più profonda.

Se ci spostiamo però un centimetro sotto la superficie e ascoltiamo le parole di chi la domanda della propria provenienza la vive veramente, riusciamo ad intuire che forse non è esattamente così.

«Ognuno ha il diritto di sapere da dove viene; io sono arrivato in Italia da piccolo e della Lituania ricordo pochissimo: per questo motivo l’iniziativa mi ha incuriosito, per comprendere da dove vengo e chi sono»: queste le parole di uno dei  ragazzi coinvolti in quella che è ormai la quarta edizione del progetto “Lituania andata e ritorno: partire per ritornare”, organizzato da Avsi in collaborazione con Sotas, il partner lituano con cui l’ente da decenni collabora nell’ambito delle adozioni internazionali in Lituania. 

Tutto è nato da un’esigenza sempre più concreta e tangibile, ovvero quella portata dalle famiglie dei ragazzi e dai ragazzi stessi che, negli anni, sono arrivati in Italia grazie all’adozione: chi per rincontrare persone mai dimenticate, chi per essere guidato nell’organizzazione e nelle tempistiche di un primo “viaggio di ritorno”. Tante erano le persone che si rivolgevano all’Ente per un supporto nel riavvicinarsi al punto da dove si è partiti.

Da qui, la proposta di un percorso di gruppo, guidato da psicologhe dell’Ente e dalla persona che, in Lituania, aveva accompagnato anni fa i ragazzi e le loro famiglie nei loro primi momenti insieme: memoria storica e affettiva di momenti talmente intensi che spesso i ragazzi faticavano a ricordare.  

Quattro gruppi di ragazzi e ragazze con background adottivo, di età comprese tra i 14 e i 25 anni, provenienti da diverse regioni d’Italia, hanno già preso parte ad un percorso, portando i loro contributi e condividendo i loro vissuti su temi come la doppia identità e su come questa possa costituire una grande ricchezza per una persona ma anche sull’importanza del ritrovare le proprie radici, con tutto ciò che questo comporta. Si sono conosciuti fra loro, hanno fatto spazio alle esperienze l’uno dell’altro. Per poi partire, insieme, per la Lituania, il loro Paese d’origine. 

«Camminando per le strade di Vilnius, sentivo un’energia particolare: come se le mie radici avessero trovato terra», dice una ragazza al rientro in Italia. Per molti, era la prima volta in Lituania dopo l’adozione: hanno ascoltato le persone che parlavano la loro lingua d’origine, hanno rivisto luoghi, scoperto o riscoperto colori, sapori e odori. «È come mancare da tanto da casa: quando si apre la porta, ti assale quell’odore familiare che non ricordavi più e che invece ricordavi ancora». Questo significa ritornare: lasciare che qualcosa di ormai lontano ti raggiunga nuovamente e abbia il suo effetto su di te, ancora una volta. 

La cosa più preziosa, poi, è aver vissuto tutto questo in gruppo. «Avevo bisogno di trovare qualcuno come me, che potesse capirmi per il semplice fatto che ha vissuto cose simili alle mie. E che venisse dal mio stesso Paese. Questo è stato il più grande regalo che questa esperienza mi ha fatto». Ogni ragazzo e ragazza è stato accompagnato dal gruppo nella propria città di nascita; quando possibile, è stata fatta visita all’orfanotrofio che in passato l’aveva accolto. La forza dell’essere insieme – ragazzi che condividevano più di quanto immaginassero e professionisti che potessero raccogliere emozioni, ricordi e reazioni – ha reso ogni tappa un momento tanto delicato quanto prezioso: un piccolo passo di crescita per tutti, un esercizio di rispetto, di ascolto e di accoglienza dell’altro, che sta vivendo un momento importante vicino a te. 

«Anche se in quel posto sai di aver vissuto dei momenti negativi, ci torni con altri occhi», hanno detto. Perché costruire la propria identità è guardarsi dentro e intorno, con occhi che a poco a poco si aprono su aspetti sempre nuovi, con punti di vista che cambiano, esperienza dopo esperienza, e con sguardi che si fanno sempre più consapevoli. Ognuno coi propri tempi, perché un percorso così personale non può che partire da chi ha vissuto l’adozione, nel rispetto di ciò che la persona si sente di sapere, scoprire e riscoprire nelle varie fasi della propria vita. Nel rispetto dell’intimità che il viaggio dentro di sé merita e richiede, perché deve essere la persona che parte a decidere quanto del suo percorso condividere, raccontare e mostrare agli altri intorno a sé. 

Accompagnare questi ragazzi, proponendo loro sguardi nuovi, confronto, condivisione, supporto ed esperienze che possono diventare significative, vuol dire dar loro la possibilità di narrarsi il passato dandogli senso, a poco a poco; di trovare un ponte tra ciò che è stato e il presente. Perché se non si sa da dove si viene, come mai potremo sapere dove andare?

*Giulia Monti è psicologa Avsi. Foto di Igor Gubaidulin su Unsplash

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