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Mafie

In Ecuador sta vincendo la narcopolitica

Oggi l'Ecuador è secondo l'ultimo rapporto dell'Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine, di gran lunga il paese che al mondo esporta più cocaina del mondo. La conseguenza è un'ondata di violenza senza precedenti, in strada, nelle carceri dominate dalle gang locali in lotta tra di loro, ma anche in politica, come dimostrato dall'omicidio di Fernando Villavicencio, ex giornalista investigativo scomodo al potere e favorito per andare al ballottaggio presidenziale del prossimo 15 ottobre. Tra 8 giorni, invece, ci sarà un teso primo turno in un paese dominato sempre più da violenza e corruzione

di Paolo Manzo

L’omicidio del candidato presidenziale Fernando Villavicencio il 9 agosto rivoluziona lo scenario elettorale in Ecuador. Secondo l’ultimo sondaggio, la candidata dell’ex presidente Rafael Correa, Luisa González, ha infatti il sostegno del 26% dell’elettorato. Troppo poco e inevitabile un ballottaggio il prossimo 15 di ottobre. Dietro la candidata di Correa c’era proprio Villavicencio, con il 13,5% delle preferenze. A seguire tecnicamente appaiati, l’ex mercenario Jan Topic ed il leader indigeno Yaku Pérez, con il 10,2% ed il 10,1%. 

La legislazione ecuadoriana prevede che il candidato assassinato possa essere sostituito da un altro leader del suo movimento Contruye ma è già stato confermato che non ci sarà nessuna sostituzione. Anche nell’eventuale ballottaggio sarà l’ambientalista Andrea González, candidata alla vicepresidenza con Villavicencio, a sostituire Fernando. 

L’assassinio di Villavicenzio conferma la violenza politica della regione. La sua morte ricorda gli attentati contro due altri candidati presidenziali in America Latina. Si tratta del messicano Luis Donaldo Colosio e del colombiano Luis Carlos Galán. Il primo, portabandiera del Partito Rivoluzionario Istituzionale, morì nel 1994 durante un comizio a Tijuana. Galán fu invece freddato a Soacha, vicino a Bogotá, nel 1989, quando era candidato del Partito liberale colombiano.

Da 35 anni fa nulla è cambiato. Come nel caso di Galán, anche Villavicencio è stato ucciso a causa delle sue denunce contro i legami tra narcos e politici latinoamericani. Solo che oggi, se i sicari già catturati sono colombiani, a dominare sono i cartelli messicani, che gestiscono il traffico in Ecuador, il paese che al mondo esporta più droga. Il cartello di Sinaloa, presente in Ecuador dal 2003, è dominante a Quito. Non a caso, il 31 luglio scorso, Villavicencio aveva denunciato le minacce di morte ricevute da un leader del Cartello di Sinaloa, attraverso i suoi “rappresentanti” locali. 

L’organizzazione criminale di Sinaloa è leader in Ecuador dal 2009, quando fu arrestato l’ex capitano dell’intelligence dell’esercito Telmo Remigio Castro. Questi dal carcere iniziò la sua alleanza con il cartello messicano. Facilitò il trasporto di cocaina prodotta in Colombia e strinse alleanze con organizzazioni criminali locali, tra cui Los Choneros. Un’espansione inarrestabile perché, dopo l’omicidio di Castro nel 2019 in prigione, Sánchez W, alias “El Gato” ha preso il suo posto. E oggi è uno dei principali narcotrafficanti al mondo.

Di certo attualmente il cartello di Sinaloa domina intere regioni dell’Ecuador, da Sucumbíos a Pichincha, da Manabí a Los Ríos, da Guayas a Santa Elena, e si è infiltrato nella politica ai massimi livelli, non a caso ribattezzata narcopolitica dai media ecuadoriani. 

Mio marito è stato ucciso perché si scontrava con le mafie politiche e i narcotrafficanti

Verónica Saráuz

Non stupisce dunque che dai tabulati dei cellulari dei sicari che hanno ucciso Villavicencio risultino chiamate a politici ecuadoriani. L’ex giornalista investigativo, infatti, nemici in parlamento e fuori ne aveva molti. 

Oltre all’ex presidente Correa, condannato grazie alle denunce di Villavicencio, Ronny Aleaga, un ex membro dei Latin Kings – la più grande e una delle bande meglio organizzate residenti negli Stati Uniti – ex deputato di Correa e oggi membro del partito UNES. Ma anche Xavier Jordan, imprenditore arricchitosi secondo le denunce di Villavicencio grazie ai cinesi e che oggi vive a Miami. “Anche lui è coinvolto nella corruzione e nel traffico di droga”, ha denunciato ieri la vedova di Fernando, Verónica Sárauz a Blu Radio. Per lei non ci sono dubbi: “mio marito è stato ucciso perché confrontava le mafie politiche e i narcotrafficanti”. Anche per questo sempre più persone emigrano dall’Ecuador in Cile.


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