Migranti

In Pakistan è caccia agli afghani

Nazioni Unite, attivisti per i diritti umani ed ong sono in prima linea per denunciare la deportazione di massa di quasi due milioni di afghani da parte del governo di Islamabad. Dal 1 novembre, infatti, già 200mila sono stati rispediti a forza in Afghanistan e, nonostante gli appelli della comunità internazionale, Islamabad continua questa feroce operazione di polizia contro i migranti del paese vicino

di Paolo Manzo

Credit USAID/HMC Josh Ives

Al confine tra Pakistan e Afghanistan si sta consumando una delle più grandi deportazioni di massa mai viste. Si tratta di quasi due milioni di afghani lasciati languire in una terra di nessuno. Bastonati, depredati e spinti a forza verso il paese da cui sono fuggiti, l’Afghanistan appunto. «È terribile ciò che sta accadendo, persone che ritornano in un luogo in cui non vogliono tornare, spesso senza niente», denuncia Thamindri de Silva, direttrice nazionale della Ong World Vision in Afghanistan. Lo racconta a El País dal valico afghano di Torkham, al confine con il Pakistan. «Prima di attraversare, le autorità pakistane portano via tutti i loro averi, compresi gioielli e denaro, e danno loro solo 100 dollari per lasciare il Pakistan», spiega de Silva. 

Accuse confermate anche da Caroline Gluck, che lavora per l’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, dopo aver visitato lo stesso valico di frontiera. «I rifugiati ci hanno detto che sono spogliati di tutto».

«L’Afghanistan è nella morsa di una crisi umanitaria, aggravata dall’avvicinarsi dell’inverno. Chiedo al Pakistan a continuare la sua lunga tradizione nel fornire sicurezza agli afghani vulnerabili» ha postato su X lo scorso 6 novembre l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi.

Questo dramma è iniziato il 3 ottobre scorso, quando Islamabad ha annunciato che gli afgani senza un permesso di soggiorno valido avevano tempo fino al 31 del mese scorso per lasciare il paese. E che dopo questa scadenza, chiunque fosse presente illegalmente sul territorio sarebbe stato arrestato e rispedito in Afghanistan. Secondo il governo pakistano, prima del 31 ottobre c’erano circa 4 milioni di stranieri nel Paese, di cui 3,8 milioni di afgani. Di questi solo 2,2 milioni avrebbero i documenti in regola per restare. Il resto, oltre 1,6 milioni secondo le autorità di Islamabad, deve tornare nel paese di origine. 

Scaduto l’ultimatum, il Pakistan ha lanciato un’operazione senza precedenti contro la comunità afghana con l’obiettivo di deportare uomini, donne, bambini. Gli arresti di massa sono aumentati negli ultimi 10 giorni. Gli afghani sono stati distribuiti in 49 «centri di detenzione» per migranti. Degli 1,6 milioni che Islamabad vuole cacciare, oltre 200.000 rifugiati afghani sono già stati deportati in una patria che molti non conoscono nemmeno.

Tanti afghani di questo esodo sono infatti nati in Pakistan o sono fuggiti nel paese decenni fa, quando erano bambini, durante l’invasione sovietica (1979-1989). «Sono nato in Pakistan, ho vissuto qui per 42 anni, sono andato a scuola in Pakistan», ha detto alla CNN Nasim, al valico di frontiera di Torkham dalla città settentrionale di Peshawar. «Non sono mai stato in Afghanistan», spiega visibilmente scosso. «La scadenza annunciata dal Pakistan per il ritorno degli afgani ha portato a detenzioni, pestaggi ed estorsioni, lasciando migliaia di afgani nella paura per il loro futuro», denuncia Fereshta Abbasi, una ricercatrice afghana in prima linea nella difesa dei diritti umani. «La situazione in Afghanistan rimane pericolosa e la deportazione li esporrà a significativi rischi per la sicurezza, comprese le minacce alla loro vita».

Secondo le Nazioni Unite, 1,3 milioni di afghani sono registrati in Pakistan mentre altri 880.000 hanno lo status legale per rimanere. Ma tantissimi sono senza documenti. «La grande maggioranza di queste persone sono afgani vulnerabili e apolidi per i quali il Pakistan è stato a casa per diverse generazioni», ha denunciato la Commissione per i diritti umani del Pakistan il mese scorso. Sottolineando come non possano essere considerati colpevoli dell’aumento degli attacchi del TTP, il gruppo terroristico affiliato con i talebani.

Il Pak Institute for Peace Studies, un centro di ricerca con sede a Islamabad, ha registrato 473 attacchi tra agosto 2021 e aprile 2023, che hanno ucciso 785 persone. Cifre raddoppiate rispetto ai ventuno mesi precedenti la caduta di Kabul nelle mani dei talebani. Alti funzionari militari pakistani avevano moltiplicato i viaggi nella capitale afghana dopo la partenza degli Stati Uniti per convincere, senza riuscirci, il regime islamista talebano a sradicare il TTP. Dal canto loro i talebani avevano chiesto «ai paesi vicini (anche l’Iran ha iniziato a cacciare gli afghani illegali, ndr) di non deportare gli afgani senza preparativi», invocando la «fratellanza islamica», anche qui senza risultato.

«Ho vissuto in Pakistan per più di un decennio», ha detto un uomo identificato come Mohmand ad Al Jazeera a un valico di frontiera. «Ho tre figli e una grande famiglia allargata, che vengono respinti dopo che il governo non ha mantenuto la promessa di fornirci una documentazione adeguata. Non ho soldi, non ho un tetto. Dove posso tornare?»

In questo drammatico scenario molti afgani si nascondono. Le ragazze raccontano che non escono più dalle loro case per andare a comprare cibo, per paura di imbattersi in agenti di polizia. I consolati stranieri sono sopraffatti dalle domande di visto. Oppositori e attivisti, giornalisti e difensori dei diritti umani sanno che sono in pericolo mortale se tornano a Kabul e, per le donne, a questi rischi si aggiunge la prospettiva di una vita da recluse, senza istruzione superiore, né diritti, né libertà. L’Afghanistan è infatti l’unico paese al mondo a vietare l’istruzione delle ragazze oltre le elementari.

Anche ieri ai valichi di frontiera di Torkham e Chaman, che separano i due paesi, una marea di camion e furgoni pieni di rifugiati, con i loro bagagli ammucchiati come in ogni esodo forzato. «Mi hanno arrestato a mezzanotte nella provincia del Punjab. Hanno preso la mia moto, la mia carta d’identità e i miei soldi prima di deportarmi. Ho lasciato la mia casa, la mia famiglia e tutta la mia vita lì», ha denunciato un deportato al canale afgano Tolo News.

Alcuni accusano le autorità di rimandare indietro solo quegli afghani che non possono pagare tangenti. «Non importa se abbiamo documenti in regola o no. Se sei povero, sei espulso. Gli afghani che hanno soldi possono rimanere in Pakistan», spiega Wahidullah al quotidiano francese Le Figaro, dopo aver attraversato il confine a Torkham.

Per la cronaca, nel 2012 il Pakistan aveva già minacciato di espellere quasi tre milioni di afghani ma poi non se ne fece nulla. Questa volta, però, Islamabad sembra purtroppo determinata ad andare fino in fondo. Al punto da usare anche i bulldozer

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