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Irap, per gli enti del Terzo settore spariscono le agevolazioni

Onlus e altre organizzazioni, spesso, non versano l'Irap o pagano una aliquota agevolata. Ora però, chi si iscrive al Runts e diventa Ente del Terzo settore, perde la qualifica di Onlus e quindi l'agevolazione, pur facendo le stesse cose di prima. Uno scherzetto che può costare anche centinaia di migliaia di euro. L'appello alle regioni perché aggiornino le norme

di Sara De Carli

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Da Onlus a Ente del Terzo settore: un “cambio di cappello” che può costare diverse centinaia di migliaia di euro. È la “sorpresa Irap”, l’imposta regionale sulle attività produttive, per cui le regioni prevedono spesso (seppur a macchia di leopardo) l’esenzione o una riduzione dell’aliquota per Onlus, associazioni di promozione ansociale-Aps, organizzazioni di volontariato-Odv, ex Ipab, Csv… Non però per chi ha la nuova veste di Ente del Terzo settore.

Così lo stesso soggetto che ieri non pagava l’Irap perché la regione aveva riconosciuto la meritorietà della sua azione avente finalità sociali, dopo aver fatto il passaggio ad Ets – pur facendo le medesime cose di prima – l’Irap dovrà pagarla.

Paradosso dei paradossi, tanto più una realtà non commerciale avrà investito sul proprio capitale umano (nell’ottica di un Terzo settore sempre più competente e qualificato), assumendo delle persone, tanto più dovrà pagare. Di quanto stiamo parlando? Per una realtà di medie dimensioni, con una settantina di dipendenti, c’è da mettere a budget quasi 100mila euro all’anno in più.

C’è solo una regione che si è già allineata con il Codice del Terzo settore, chiarendo quanto devono versare di Irap gli Enti di Terzo settore: è la Valle d’Aosta, che ha scelto di confermare per gli Enti del Terzo settore iscritti al Runts (comprese le cooperative sociali) e per le Onlus l’esenzione totale già prevista in precedenza per le Onlus. Questo, almeno, fino all’entrata in vigore delle disposizioni fiscali previste dalla Riforma, per cui l’Italia ancora attende risposta da Bruxelles. La provincia autonoma di Bolzano invece prevede l’esenzione per Odv e Aps iscritte al Runts. Qualcosa si sta cominciando forse a muovere: il Consiglio Regionale della Lombardia sta modificando la legge regionale per riconoscere alle Odv la continuità delle agevolazioni in materia di tassa automobilistica e di Irap, anche a seguito dell’operatività del Runts.

Che cos’è l’Irap

L’imposta regionale sulle attività produttive – Irap è dovuta per l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni o alla prestazione di servizi. Si paga annualmente e per gli enti di natura non commerciale viene calcolata sostanzialmente prendendo come base imponibile il costo del lavoro, ossia i compensi dei lavoratori, che siano dipendenti a tempo indeterminato, determinato o collaboratori. L’imposta non è nuova a “stranezze”: oltre all’estrema variabilità di aliquota e trattamento delle attività del Terzo settore fra le regioni, va ricordato che in passato lo Stato versava l’Irap alle regioni anche sui compensi dei ragazzi in servizio civile.

«Il nome stesso di questa imposta fa capire chiaramente che c’è qualcosa di non congruo», annota Niccolò Contucci, Chief Fundraising Officer della Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, che è già divenuta Ets. Nel 2022 Airc ha versato 275mila euro di Irap. «Noi non siamo mai stati Onlus e quindi l’Irap l’abbiamo sempre pagata, ma sempre ritenendola un’imposta sbagliata. Lo dice il nome stesso, è un’imposta sulle attività produttive: ma se non svolgo attività commerciali, che io sia Onlus o meno, che senso ha? È evidente che si tratta di una imposta applicata ad abundantiam agli enti che non svolgono attività commerciali», dice. La richiesta è chiara: «Siamo convinti che per tutti gli Enti di Terzo settore, non solo per Onlus che sono diventate Ets, debba essere prevista l’abolizione dell’Irap. Sappiamo bene quanto la nuova disciplina chieda a un Ets in termini di affidabilità e controllabilità, credo che questa misura sarebbe un riconoscimento dell’impegno che le realtà iscritte al Runts, ormai 100mila, si sono assunte».

Il nome stesso di questa imposta fa capire chiaramente che c’è qualcosa di non congruo: imposta sulle attività produttive. Ma se non svolgo attività commerciali, che io sia Onlus o meno, che senso ha?

Niccolò Contucci, Airc

Quanto si paga oggi

Essendo una imposta regionale, ogni regione ha scelto per sé (qui tutte le aliquote e le esenzioni/agevolazioni previste). L’aliquota ordinaria è del 3,9% con una possibilità di “gioco” dello 0,92% in più o in meno. L’aliquota più alta d’Italia si paga in Lazio: 4,82%. Rispetto all’aliquota ordinaria, poi, ogni regione può introdurre agevolazioni (aliquote più basse) o addirittura l’esenzione per specifiche categorie come Onlus, cooperative sociali, Aps, Odv, ex Ipab, Csv ecc. Dove la lettera fa la differenza, regione per regione. Le agevolazioni spesso dipendono dallo stato di salute (finanziaria) del servizio sanitario regionale.

Il puzzle delle regioni

Anche a prescindere della “questione Ets”, nessuna agevolazione per soggetti con finalità sociali è prevista in Calabria, Lazio, Liguria e Veneto: pagano ad aliquota piena, come gli altri. Al contrario, l’Irap non è dovuta in Abruzzo, Provincia Autonoma di Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Provincia Autonoma di Trento, Valle d’Aosta. In Piemonte non la pagano solo le Onlus che si occupano di assistenza educativa sociale e sanitaria. Nelle altre regioni sono previste agevolazioni diverse, per soggetti diversi.

I conti da fare

Save the Children per esempio il passaggio da Onlus a Ente di Terzo settore lo ha fatto a maggio, ma non le cambia nulla: il Lazio infatti non prevedeva agevolazioni sull’Irap per le Onlus. Realtà come la Lega del Filo d’Oro (oggi Onlus, ma ha già avviato il percorso per divenire Ets), che conta 682 dipendenti ed è operativa in dieci regioni d’Italia piuttosto che come Aism e la sua Fondazione (che sono già Ets e la Fism nel passaggio al Runts ha perso la qualifica di Onlus), diffusa capillarmente sul territorio italiano, con circa 300 dipendenti, si trovano da sempre a gestire un panorama estremamente diversificato, che cambia da una regione all’altra. «Aism è la stessa, in Liguria o in Lombardia. Eppure ci sono profonde differenze in quello che dobbiamo versare», annota Paolo Bandiera, direttore generale di Aism. «Pur nella consapevolezza della titolarità in capo alle regioni di questa imposta, sarebbe importante arrivare a definire delle linee guida che permettano, sotto il profilo dell’esenzione soggettiva, di applicare dei criteri uniformi tra una regione e l’altra».

Aism è la stessa, in Liguria o in Lombardia. Eppure ci sono profonde differenze in quello che dobbiamo versare. Pur nella consapevolezza della titolarità in capo alle regioni, sarebbe importante arrivare a criteri uniformi tra una regione e l’altra

— Paolo Bandiera, Aism

L’effetto del cambio di veste

Perché il “cambio di veste” da Onlus a Ets allora diventa penalizzante? Perché le agevolazioni (esenzioni totali o “sconti” sull’aliquota) valgono solo per i soggetti giuridici esplicitamente menzionati nelle norme regionali. È quella lettera che fa fede. Se l’esenzione è prevista per le Onlus, la manterranno solo le Onlus che non hanno fatto ancora il passaggio ad Ets mentre chi è divenuto Ets la perderà. Pur facendo le stesse cose di prima.

«Avremmo un aggravio di spese, che è uno dei motivi per cui stiamo ragionando in maniera così approfondita sul passaggio ad Ets», ammette Marco Chiesara, presidente di WeWorld, una Onlus che avendo sede a Milano passerebbe dalla esenzione completa alla aliquota ordinaria. Thomas Parma, direttore generale di Fondazione Asilo Mariuccia, sede a Milano e 68 dipendenti, prevalentemente educatori che lavorano nei servizi mamma-bambino o con i minori stranieri non accompagnati la perdita dell’esenzione dall’Irap e il passaggio all’aliquota ordinaria del 3,9% vorrebbe dire 90mila-100mila euro in più da mettere a budget: è uno degli elementi di cui stanno tenendo conto nella valutazione sull’iscrizione o meno al Runts. Situazione simile per il Cesvi, con sede a Bergamo: «Rischiamo di passare dal non pagare l’Irap a dover mettere in conto cifre importantissime, con la nostra attività equiparata a quella di una società commerciale», ribadisce il general manager Piersilvio Fagiano.

Rischiamo di passare dal non pagare l’Irap a dover mettere in conto cifre importantissime, con la nostra attività equiparata a quella di una società commerciale

Piersilvio Fagiano, Cesvi

 Le regioni “distratte”

«Il fatto è che in questo passaggio, più o meno scientemente, le regioni non hanno posto adeguata attenzione al tema della migrazione. Non essendo state estese agli enti del Terzo settore che hanno perso la loro veste precedente, soprattutto per effetto della trasmigrazione al Runts, le agevolazioni previste restano in vigore solo per chi continua a mantenere la veste di prima, citata nelle leggi regionali. Sì, la differenza la fanno i termini utilizzati in quelle leggi», spiega Gianpaolo Concari, esperto di fiscalità del Terzo settore (qui un suo articolo precedente sulla questione Irap e Ets).

Anche sul piano operativo le cose sono complicate. L’esenzione dall’Irap vale fino al giorno dell’iscrizione al Runts? Oppure l’aliquota ordinaria vale per tutto il periodo di imposta? E se devo separare i due periodi, come determino la base imponibile? Un pasticcio

Gianpaolo Concari, consulente esperto di non profit

«In Lombardia per esempio, regione in cui hanno sede un gran numero di realtà di Terzo settore, abbiamo una situazione paradossale: gli enti considerati ancora Onlus perché non hanno ancora effettuato il passaggio al Runts continuano a beneficiare dell’esenzione; le OdV trasmigrate ex lege nel Runts ad oggi non beneficiano dell’esenzione perché non sono più Onlus; le Aps, anch’esse trasmigrate ex lege nel Runts, anche se prima erano Onlus, ora non beneficiano più dell’esenzione. Diversa la situazione nelle regioni in cui le norme citano espressamente OdV e Aps: in questo caso le agevolazioni restano perché i soggetti beneficiari sono gli stessi». Anche sul piano operativo le cose sono complicate: «L’esenzione dall’Irap vale fino al giorno dell’iscrizione al Runts? Oppure l’aliquota ordinaria vale per tutto il periodo di imposta? E se devo separare i due periodi, come determino la base imponibile? Un pasticcio, insomma».

Si tratta di una situazione prevedibile e prevista, tant’è che «nel Codice del Terzo settore all’articolo 82 c’è scritto che le regioni possono deliberare esenzioni o riduzioni dal pagamento dei tributi per i soggetti iscritti al Runts, ma non c’è un termine entro cui farlo. D’altronde la materia è di competenza regionale, si può fare solo moral suasion, facendo pressioni per chiedere l’emanazione di una circolare per la determinazione della base imponibile per i soggetti che sono passati volontariamente o per trasmigrazione nel Runts e, soprattutto, la predisposizione di uno strumento legislativo regionale che permetta di applicare le precedenti agevolazioni, ove previste, agli Ets», conclude Concari.

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Le proposte possibili

Se rispetto al pagamento dell’Irap quindi la situazione era già a macchia di leopardo prima della riforma, ora con l’arrivo del Runts e degli Ets il grado di caos è aumentato.

«La palla è nelle mani delle regioni, alcune hanno mantenuto l’esenzione per le Onlus e l’hanno estesa ad alcuni specifici Ets, altri l’hanno introdotta per alcuni Ets e per altri no, altri si sono disinteressati sia delle Onlus sia degli Ets e altre hanno aumentato l’aliquota», afferma Gabriele Sepio, segretario generale di Terzjus, che già a febbraio aveva sollecitato un intervento in merito.

Si potrebbe creare un fondo transitorio, puntando ad una aliquota ridotta uniforme a livello nazionale per tutti gli enti locali, almeno in quelle regioni che non hanno in previsione di introdurre l’auspicata esenzione

Gabriele Sepio, Terzjus

«La proposta che si può avanzare è quella di dire che siccome c’è una riforma del Terzo settore che ha creato un quadro più omogeneo nel sistema, questa potrebbe essere l’occasione per uniformare il quadro regionale, ferma restando l’autonomia», spiega Sepio. «Per esempio si potrebbe creare un fondo transitorio, per un paio d’anni, a sostegno delle regioni, che permetta di uniformare il sistema. Tale fondo non permetterebbe l’esenzione dall’Irap per tutti gli Ets in tutte le regioni, ma certamente si può puntare ad una aliquota ridotta uniforme a livello nazionale per tutti gli enti locali, almeno per quelle regioni che non hanno in previsione di introdurre l’auspicata esenzione».

Una seconda ipotesi riguarda la possibilità di ridurre l’Irap lavorando sulla riduzione della base imponibile, scomputando per gli enti non commerciali il costo dei lavoratori a tempo indeterminato: «D’altra parte nella delega di riforma fiscale c’è un esplicito riferimento al superamento dell’Irap per gli enti non commerciali, si può iniziare dando priorità ad alcune categorie di enti. Quel che è certo è che un segnale di abbattimento dell’Irap per gli enti non commerciali in un modo o nell’altro andrebbe dato».

Foto di Sumudu Mohottige su Unsplash


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