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Abbandonati in strada e accolti dalla Chiesa, “le ispezioni mirate” di Salvini al Cara di Mineo

Tra poche ore il ministro dell’Interno Matteo Salvini sarà al Cara di Mineo per celebrare la “promessa mantenuta” della chiusura entro luglio di quello che è stato il centro richiedenti asilo più grande d’Europa. Ma in che modo sono avvenuti gli ultimi trasferimenti dei migranti? Medici per i diritti umani e le tre sorelle francescane scalze di Caltagirone al fianco degli “invisibili”

di Alessandro Puglia

Attorno alle transenne che circondano il Cara di Mineo, fino a qualche anno fa il più grande centro profughi d’Europa voluto nel 2011 dall’allora governo Berlusconi e dall’ex ministro dell’Interno leghista Roberto Maroni, è rimasto soltanto il vuoto e tra poco non ci saranno più neanche i cani randagi ad abbaiare. La promessa del ministro dell’Interno Matteo Salvini che entro luglio avrebbe chiuso il Cara di Mineo è stata mantenuta e tra poche ore il vicepremier sarà proprio nella cittadina del Calatino per raccogliere consensi e like sui social per il suo operato come lui stesso ha annunciato qualche giorno fa:

Premesso che sono ancora in corso le inchieste giudiziarie su quello che avrebbe rappresentato il fulcro del business sull’immigrazione in Sicilia – è qui che si snoda il ramo siciliano dell’inchiesta di Mafia Capitale – il Cara che negli anni è arrivato a contenere fino a quattro mila persone si è svuotato con una serie di trasferimenti mensili che si sono ripetuti nel corso dell’anno fino al 2 luglio, quando con tre bus sono stati “sgomberati” gli ultimi 68 migranti ospiti del centro.

La destinazione? Il Cara di Isola di Capo Rizzuto coinvolta nell’operazione Jonny della Dda di Catanzaro nel 2016 perché l’ente che lo gestiva sarebbe stato in mano a persone vicine alla ‘ndrangheta. Da un Cara, quindi, a un altro Cara.

Antony, un ragazzo nigeriano, vittima di tortura nel ghetto di Alì, a Sabha, in Libia, come racconta il team di Medu, Medici per i diritti umani, da quell’autobus non voleva più scendere: «Mi sembra una prigione, ho paura, non voglio scendere», ha detto il ragazzo al team di Medu che per quattro anni ha prestato assistenza ai migranti vittime di tortura e di trattamenti inumani e degradanti all’interno del centro. Altri migranti trasferiti hanno invece detto al team di professionisti: «Vogliamo andar via da qui, questo luogo è peggio di Mineo».

Sistemati i 68, al Cara di Mineo rimangono i cosiddetti “abusivi”, quelli di cui il ministro dell’Interno scrive su Twitter: «Allontanati con ispezioni mirate nella scorsa serata».

Si tratta di 26 ragazzi, tra cui 7 soggetti vulnerabili seguiti da Medu, che sarebbero finiti in strada se non fosse stato per l’intervento, oltre che di Medu, di una suora francescana scalza che per volere della Diocesi di Caltagirone ha deciso di accoglierli in una struttura della chiesa.«Sono 26 invisibili, tra di loro c’è chi è ha ricevuto il diniego dalle commissione territoriale e ha presentato ricorso, chi ha avuto il badge ed è stato cancellato perché magari si è dimenticato una sera di timbrarlo, chi a seguito dei trasferimenti è scappato da altri Cas della Sicilia dove in una stanza c’erano fino a 15 letti, ma soprattutto tra i 26 ci sono persone con distrubi da stress post traumatici», spiega Giuseppe Cannella, 54 anni, psichiatra e psicologo di Medu, che davanti alle “ispezioni mirate” del ministro dell’Interno racconta quanto realmente accaduto:

«In base alle informazioni in nostro possesso dentro al Cara erano rimasti ancora tre migranti con grave disagio psichico, tra di loro c’era un nostro paziente, Adou, che abbiamo ritrovato sabato 6 luglio seduto su un sasso sul ciglio della strada con un ematoma sul viso e ferite sparse sul corpo», aggiunge Cannella. Il team di Medu lo accompagna nella sua nuova casa dove ad accoglierlo c’è la “suora scalza”, Suor Chiara di cui Vita ha raccontato per la prima volta la storia. Dopo quattro mesi che aveva addosso un giubbotto, Adou si fa una doccia e sorride nella sua camicia azzurra. «È vergognoso trovare abbandonato sulla statale una persona con un grave disagio psichico, perché è spaventoso pensare che degli altri due vulnerabili non sappiamo nulla», scrive Medu in un post su Facebook.

Il team dei Medici per i diritti umani continuerà a seguire i suoi pazienti nella struttura della diocesi, dove oggi si trovano gli invisibili del Cara di Mineo, quei ragazzi lasciati ai margini che ora sorridono non smettendo mai di ringraziare Suor Chiara, chiamata “Mamy”.

«Cerchiamo soltanto di restare umani, non abbiamo fatto altro che accompagnare dei ragazzi in un periodo di transizione perché altrimenti sarebbero finiti in strada. Pensiamo soltanto ai fatti e non alle polemiche», dice il vescovo di Caltagirone, monsignor Fra Calogero Peri.

Tra i 26 invisibili c’è anche un padre nigeriano che il 2 luglio è stato separato dalla moglie e dalla figlia che invece erano sul bus che li ha portati a Capo Rizzuto. La coppia si era sposata nella parrocchia di Mineo qualche settimana fa, ma quell’ultimo trasferimento li ha divisi. «La Prefettura di Catania si sta attivando per il ricongiungimento, dobbiamo essere collaborativi», aggiunge il vescovo di Caltagirone.

In occasione dell’arrivo del ministro dell’Interno Matteo Salvini a Mineo, la Rete antirazzista catanese ha organizzato all'ingresso del Cara “il presidio sbruffoncello”, ma ciò che conta oggi più che mai è che i 26 "abusivi" o meglio "invisibili" intonano un canto a Dio nella grande sala da pranzo della struttura della diocesi tra le preghiere di Suor Chiara.

FOTO/ Medu


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