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Il viaggio di Leo, oltre la sindrome di Charge

«Vogliamo dire alle famiglie in difficoltà che per noi non esiste mai un “no” definitivo di fronte ad una diagnosi, ma c’è sempre un “mondo di sì”. Ci sono sempre delle possibilità, anche nella situazione più grave, per restituire alle persone sordocieche una vita dignitosa», dice Patrizia Ceccarani, Direttore Tecnico Scientifico della Lega del Filo d’Oro. «Perché la vita è un viaggio, ed è un diritto di tutti viverla al massimo»

di Redazione

Le chiamano malattie "rare", ma poi così rare non sono: nel 2019 il Centro Diagnostico della Lega del Filo d’Oro ha trattato 104 utenti – erogando 69 valutazioni psicodiagnostiche e 36 interventi precoci – e una persona su due era affetta da una malattia rara, come la sindrome di Charge o la sindrome di Usher. Le malattie rare sono sempre più spesso la prima causa della sordocecità, con un +15% in dieci anni (le malattie rare riguardavano soltanto il 33% degli utenti del Centro Diagnostico dieci anni fa, mentre oggi riguardano il 48% dei casi trattati). Leonardo è un bambino di 5 anni a cui, alla nascita, è stata diagnostica la sindrome di Charge. «Quando Leonardo è nato, i medici hanno visto subito le anomalie tipiche della Sindrome di Charge, il coloboma, l’orecchio stropicciato, il fatto che piangesse come un gattino e non riuscisse a prendere il latte. La diagnosi è arrivata quando Leo aveva un mese e mezzo, ma ho realizzato la gravità di quel che ci stava succedendo solo quando una pediatra della terapia intensiva neonatale mi ha consigliato di rivolgermi alla Lega del Filo d’Oro. Avevo sempre pianto vedendo gli spot della “Lega” in tv e improvvisamente mi rendevo conto che adesso in quella situazione c’ero io», racconta Elisa, mamma di Leonardo.

Leonardo oggi è un bambino sereno, allegro e gioioso. Da due anni frequenta il nido dove si è integrato molto bene, gioca di continuo alla lotta con suo fratello Lapo e ha una vera e propria adorazione per Zoe, la piccola cagnolina di famiglia. Ha imparato a muoversi e a farsi capire e i suoi genitori hanno potuto iniziare anche a immaginare un futuro per il loro bambino. La loro storia è emblematica dello sforzo collettivo di medici, psicologi e terapisti della Lega del Filo d’Oro e per questo Leonardo oggi è il volto della campagna #adottaunmododisì promossa dalla Lega del Filo d’Oro per sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che è possibile costruire un percorso riabilitativo individuale per ogni utente, finalizzato al potenziamento delle abilità residue.

«Tante famiglie approdano alla Lega del Filo d’Oro dopo essersi sentite dire che non c’era nulla da fare, dove l’unica risposta che hanno ricevuto è stata un no», dice Patrizia Ceccarani, Direttore Tecnico Scientifico della Lega del Filo d’Oro. «Attraverso il racconto della storia di Leonardo vogliamo dire alle famiglie in difficoltà che per noi non esiste mai un “no” definitivo di fronte ad una diagnosi, ma c’è sempre un “mondo di sì”. Ci sono sempre una serie di possibilità, anche nella situazione più grave, per restituire alle persone sordocieche una vita dignitosa. Perché per noi della Lega del Filo d’Oro la vita è un viaggio, ed è un diritto di tutti viverla al massimo».

Il video web e lo spot TV raccontano come Leonardo ha costruito il suo “mondo di sì” e dei tanti altri “sì” che potrà ancora conquistare sfruttando al massimo le sue potenzialità. Grazie al sostegno di tutti, questa speranza può diventare una realtà per molti altri bambini, non solo per Leo. Per sostenere la campagna, basta andare sul sito www.adottaunmondodisi.it o collegarsi alla pagina Facebook della Lega del Filo d’Oro.