Dipendenze

Giovani, la droga più potente è l’incontro con gli altri

I disturbi mentali indotti o “tirati fuori” dalle sostanze sono sempre più diffusi. Gilberto Di Petta, neuropsichiatra: «Dietro situazioni di disagio giovanile spesso c’è un carico di sostanze, in un mix. Formazione e prevenzione sono importanti, ma non serve farle in modo accademico. Bisogna far capire ai giovani cos’è l’angoscia, far sentire loro che cosa si prova abbracciando l’altro. Per fare questo avremmo bisogno di un “esercito” di psicologi ed educatori nelle scuole»

di Ilaria Dioguardi

Gli utenti trattati per patologia psichiatrica concomitante, nei Servizi pubblici per le dipendenze-SerD, sono stati 9.470 (Rapporto Tossicodipendenze, dati 2022), in aumento rispetto ai due anni precedenti. Della compresenza sempre più frequente di dipendenza da sostanze e disagio mentale parliamo con Gilberto Di Petta, medico neuropsichiatra, responsabile reparto Servizio psichiatrico diagnosi e cura – Spdc Ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli e responsabile Unità operativa dipartimentale doppia diagnosi.

Di Petta, lei ha una grande esperienza per quanto riguarda i pazienti dipendenti da sostanze e che hanno anche problemi psichiatrici. Cosa può dirci, riguardo alle droghe attualmente più diffuse?

C’è un forte cambio di referenze da parte dell’utenza, che è passata da sostanze di tipo sedativo, come l’eroina di cui nella seconda metà del secolo scorso c’è stato il boom, a sostanze che sono stimolanti, eccitanti. Di queste ultime, capostipite è la cocaina, poi ci sono tutta una serie di sostanze definite Nps, nuove sostanze psicoattive, di tipo allucinogeno, dissociativo e stimolante. Questo ha cambiato molto le cose.

In che modo le ha cambiate?

Siamo passati dalla prevalenza di uso di sostanze sedative, come l’eroina, che avevano un’assunzione prevalentemente endovenosa e portavano anche un carico di malattie infettive, tra cui l’Hiv, e alla deriva sociale ed esistenziale, alla prevalenza di uso di sostanze che vengono inalate o ingerite, che non sedano e che, nella maggior parte dei casi, portano a un incremento di performance e sono utilizzate nei contesti del divertimento. Purtroppo, queste sostanze spesso slatentizzano (tirano fuori) o creano dei problemi psichiatrici, mentre quelle sedative come l’eroina coprivano un eventuale disagio esistenziale.

Come queste sostanze creano disturbi psichiatrici?

Sia sul piano di sintomi psicotici produttivi (allucinazioni, deliri, agitazione psicomotoria), sia per gli squilibri del tono dell’umore con disturbi del comportamento. Si incrementano, ad esempio, l’eccitamento maniacale, con ricadute di forme depressive. A questo associamo il fatto che l’età del primo contatto con le sostanze si è abbassata molto. Sempre prima i ragazzi vengono a contatto con queste sostanze, in una fase in cui la personalità non è ancora definita. Il grade problema che stiamo avendo è l’esplosione di patologie psichiatriche e disturbi comportamentali nella popolazione più giovane. Il cambio di utilizzo di sostanze ha eliminato i Servizi per le dipendenze come referenti.

Questo cosa ha comportato?

Tutta la popolazione degli eroinomani è stata in qualche modo “ingabbiata”, controllata, monitorata, seguita da questi servizi, che erogavano (e tuttora erogano) il metadone, farmaco molto valido per sostenere l’utente. Questi ragazzi che assumono sostanze eccitanti e allucinogene ritengono inutile andare presso i SerD. Li ritengono luoghi riservati ai tossici, loro non si sentono tali. Lavorano, nel fine settimana utilizzano sostanze, oppure le assumono per essere più performanti sul lavoro. In molti casi, questi ragazzi hanno il primo contatto con il Sistema sanitario nazionale dalla porta peggiore: il reparto psichiatrico di emergenza.

Quando e come arrivano da voi, questi ragazzi?

Spesso vengono condotti da noi il venerdì o sabato sera, in completo stato di agitazione, dopo aver assunto sostanze varie, che spesso non riusciamo neanche a capire quali sono. Iniziano così, purtroppo, una “carriera psichiatrica” andando a gonfiare quest’area intermedia che non esisteva fino alla fine del secolo scorso, che si chiama “doppia diagnosi” o “comorbilità psichiatrica”.

Cosa significa “doppia diagnosi”?

La “doppia diagnosi” si verifica quando all’interno della stessa persona c’è la concorrenza di due grandi problemi: la dipendenza da sostanze e il problema psichiatrico. Si crea una grande “mostruosità”. In Italia abbiamo due sistemi di cura completamente separati tra di loro. Il sistema per le dipendenze è normato dalla legge 162 del 1990, il sistema della salute mentale dalla legge 180 del 1978. Nessuno dei due si fa carico di questi soggetti, che sono portatori di entrambe le patologie.

Cosa succede ai soggetti portatori di entrambe le patologie?

Vengono rimbalzati da un sistema all’altro come “palle da flipper” finendo per perdersi, per essere assorbiti dentro la cronicità psichiatrica nelle strutture o nelle carceri, che purtroppo stanno diventando un grosso contenitore sociale di devianza. Queste persone riempiono anche le Rems, Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, che volevano essere il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. Questi ragazzi, con le sostanze assunte e disturbi del comportamento, finiscono per fare reati ed entrano nel circuito penale. Questo è il quadro attuale, sempre più critico.

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I ragazzi sono sempre più giovani, mi diceva. Di che età parliamo?

Dai 14 anni in su. A me piace fare la distinzione tra la vecchia eroina e le nuove sostanze, per capire che c’è stata un’evoluzione storica importante. A cui non ha fatto seguito una legislazione. Il legislatore dorme mentre la clinica avanza. Il tema delle sostanze sembra stranamente assorbito dentro il Pil delle società liberali e capitalistiche. Il consumatore di sostanze, per certi aspetti, è come una persona che compra qualunque altra merce. Le sostanze hanno un valore che consente il transito di capitali, poi peggio per chi ci capita. Sembra che il problema non tocchi più nessuno.

Perché sembra che il problema non tocchi più nessuno?

Non vedendo il drogato per strada che cade, la gente percepisce le sostanze in modo diverso, sembra che la droga non esista più o non ci riguardi. Quando il problema esplode in casa, spesso i genitori pensavano che il figlio si facesse solo delle canne, non sono informati. Per non parlare della neuropsichiatria infantile, che non ha proprio gli strumenti per fronteggiare un ragazzo di 14-15 anni che con un gruppo di pari comincia a “calare” pillole colorate in discoteca. E lo farà fino a quando esploderà da un punto di vista psichiatrico.

Che disturbi hanno questi ragazzi?

Un’oscillazione del tono dell’umore molto forte e una disforia: un disturbo che consiste nell’essere insieme eccitati e depressi. Un ragazzo che prova questa disforia è poco sopportabile, inopportuno, quando sta in gruppo. Dietro situazioni di disagio giovanile spesso c’è un carico di sostanze, in un mix. Hanno tutti una poligamia rispetto alla sostanza. 

Bisogna far sentire ai ragazzi che l’incontro con gli altri rimane ancora la droga più potente. Per fare questo avremmo bisogno di un “esercito” di psicologi, di educatori che facessero un lavoro capillare nelle scuole

Ovvero?

Fanno uso di diverse sostanze. Stanno dentro la società, vogliono essere performanti, però cominciano ad avere un tono dell’umore arrabbiato. In altri casi, iniziano a vedere delle cose che non ci sono, a sentire delle voci o diventano “interpretativi”, cominciano ad avere delle gelosie, sospetti su complotti. Entrano in siti internet e trovano reti complottistiche o iniziano a sospettare di essere avvelenati, a immaginare che qualcuno ce l’abbia con loro. Questo è l’aspetto persecutorio. In alcuni casi, si verificano aspetti di rottura con la realtà, ci sono persone che si barricano in casa, vivono in modo molto apatico o esplodono in escandescenze per strada. Ci sono situazioni piuttosto critiche e complesse che mettono in scacco anche la moderna farmacologia.

Come la farmacologia riesce a curare queste persone?

Oggi abbiamo farmaci efficaci contro la depressione, che modulano il tono dell’umore, che riducono o spengono allucinazioni e deliri. I farmaci si sono evoluti, il problema è che di fronte a chi utilizza un mix di sostanze anche i nostri farmaci sono difficili da prescrivere, non conosciamo il livello di interazione con queste nuove sostanze. Quando le persone comprano sostanze per vie illegali non si sa bene cosa contengano. Le comunità terapeutiche, che sono state l’ancora di salvezza di molti eroinomani, non sono un luogo in cui i tossicodipendenti vogliono andare, le considerano o da tossici o non vogliono rinunciare alla loro vita, fatta di divertimento, vita familiare e lavoro. Bisognerebbe rendere i SerD degli ambienti di cura più accoglienti e meno stigmatizzati. Così è molto difficile far affrontare loro un percorso di ricostruzione di sé. Formazione e prevenzione sono importanti, ma vanno fatte in un certo modo.

In quale modo, ad esempio?

Fare campagne nelle scuole, in modo accademico, abbiamo visto che non serve a molto. I ragazzi hanno le loro informazioni, che prendono dal gruppo dei pari o del divertimento. La formazione andrebbe completamente reimpostata, ad esempio secondo la mia esperienza ha molto efficacia portare un “utente esperto” nelle classi. La prevenzione va presa un po’ alla larga. Se i ragazzi si drogano, lo fanno perché queste sostanze soddisfano dei bisogni che non vengono soddisfatti da agenzie sociali che una volta c’erano e che regolavano lo sviluppo dell’emotività e l’acquisizione dell’identità del soggetto: la scuola, i genitori, la chiesa, il partito politico, l’associazione sportiva. Siamo in una catastrofe, sono veramente tante le persone che incontrano le droghe. Bisogna creare il senso di gruppo, di solidarietà, di coesione.

Come lo si può fare?

Bisogna far capire ai giovani cos’è l’angoscia, far sentire loro che cosa si prova abbracciando l’altro. Bisogna far sentire ai ragazzi che l’incontro con gli altri rimane ancora la droga più potente. Per fare questo avremmo bisogno di un “esercito” di psicologi, di educatori (non tanto di medici) che facessero un lavoro capillare nelle scuole. E poi avremmo bisogno di molte unità di strada. Se qualcosa ha avuto un suo senso, nella lotta alla droga, sono le unità di strada, dove si sono riuscite a realizzare: operatori con un camper che vanno nei luoghi del divertimento, del consumo e danno informazioni, fanno drug test.

Abbiamo dedicato un’inchiesta al consumo di sostanze, in particolare da parte dei giovani, nel numero di VITA magazine “Droga, apriamo gli occhi”. Se sei abbonata o abbonato a VITA puoi leggerlo subito da qui. E grazie per il supporto che ci dai. Se vuoi leggere il magazine, ricevere i prossimi numeri e accedere a contenuti e funzionalità dedicate, abbonati qui.

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