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Alberto Fontana

«La nostra trincea per tenere lontano il virus»

di Antonietta Nembri

Il presidente dei Centri clinici NeMO racconta come questi luoghi, dedicati alla cura di una comunità fragile, le persone affette da malattie neuromuscolari come la Sla o la Sma, siano oggi in prima linea. «Non possiamo sospendere le attività di cura, le nostre sono malattie progressive». Intanto Aisla, Uildm e Famiglie Sma hanno lanciato la campagna #distantimavicini proprio per sostenere i centri NeMO

È un grido d’allarme e allo stesso tempo di resistenza quello che arriva dai Centri clinici NeMO (NEuroMuscular Omnicentre) attraverso la voce del presidente Alberto Fontana. «Ci troviamo in prima linea perché i nostri centri sono all'interno di ospedali che sono ormai diventati tutti Covid-19, ma allo stesso tempo il nostro impegno è quello di non diminuire i servizi che diamo a tutti i nostri pazienti». I Centri NeMO, infatti, si occupano di una comunità fragile che in Italia conta circa 40mila persone: i pazienti affetti da malattie neuromuscolari come le distrofie la Sla (Sclerosi Laterale Amiotrofica) e la Sma (Atrofia Muscolare Spinale).
Proprio nei giorni scorsi (vedi news ) le associazioni di riferimento (Aisla, Uildm e Famiglie Sma) hanno lanciato una campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi con l’hashtag #distantimavicini.

«Purtroppo siamo in difficoltà», ammette Fontana. «proprio perché nessun luogo è lontano dal virus, noi siamo in ospedali Covid. Anche noi purtroppo dobbiamo registrare qualche operatore positivo, ma non possiamo ridurre i servizi nonostante che gli ospedali che si prendevano cura dei malati neuromuscolari che necessitano di essere accuditi oggi siano assorbiti dall’emergenza Coronavirus».

Cosa state facendo?
Al momento abbiamo diminuito l’accoglienza, abbiamo ridotto i ricoveri per proteggere le persone, senza però sospendere le terapie. Stiamo cercando di dare precedenza alle situazioni più urgenti e soprattutto stiamo tentando in tutti modi di non interrompere la somministrazione dei farmaci innovativi che era in corso. I farmaci ci sono: le nostre sono malattie progressive e se si perde del tempo per noi recuperarlo non è possibile.

Come stanno procedendo le attività nei Centri presenti in Italia (Milano, Arenzano, Roma e Messina)?
Resistiamo nelle difficoltà, per esempio, a Milano (il centro NeMO è all’interno dell’Ospedale Niguarda) stiamo proseguendo con i trattamenti innovativi. Anche se devo sottolineare come tutta la nostra comunità sia particolarmente spaventata, sono spaventate le famiglie. Tutte le nostre malattie hanno problemi dal punto di vista della respirazione e se servisse un anestesista o un rianimatore adesso sarebbe molto complicato dal momento che sono coinvolti nell’emergenza.

C’è molta paura?
Sì, ma io dico che non dobbiamo avere paura: noi la malattia la conosciamo e per questo dobbiamo proteggerci, conosciamo le precauzioni, non da oggi. Dobbiamo togliere dai nostri occhi la paura che pure viviamo.

Ma come fare?
Da parte delle istituzioni va rafforzata la necessità che nessuno si senta abbandonato e per questo occorre continui l’assistenza domiciliare e la fornitura dei presidi fondamentali. Non devono essere sospese le azioni di cura che garantivamo come NeMO e anche a questo mira la campagna #distantimavicini lanciata da pochi giorni

Tra i presidi c’è anche l’ossigeno che oggi è molto richiesto da chi è malato di Covid-19 ed è seguito a casa….
La domanda di bombole di ossigeno è esplosa. Noi siamo per così dire un effetto collaterale, oggi sono tutti concentrati sull’emergenza e il rischio è che la nostra comunità di malati fatichi a trovare risposte. Per esempio abbiamo ricevuto diverse segnalazioni sui Day Hospital per il controllo dei parametri che sono stati sospesi…..


Avete attivato anche la presa in carico a distanza?
Sì, utilizziamo tutti i mezzi di contatto possibile per farsi raccontare le paure che ci sono, per mantenere il contatto umano e attività un numero verde per il supporto psicologico (800 212249). Ma soprattutto sono da ringraziare gli operatori sanitari, i cooperatori sociali e le badanti che continuano ad accudire le nostre persone. La preoccupazione tuttavia è che questo sostegno con il passare del tempo possa venire a mancare. Per questo manteniamo viva e vigile la nostra comunità di pazienti. Perché può capitare che chi accudisce si ammali ed è per questo che non deve venire meno la rete dei professionisti sociosanitari e del volontariato. Purtroppo più passa il tempo e più i timori aumentano.

Come sta andando la campagna #distantimavicini?
Sta andando molto bene (qui il link alla campagna), raccontiamo il nostro vissuto perché le persone siano consapevoli della nostra esistenza che non si è modificata nell’affrontare la malattia. Le associazioni (Aisla, Uildm, Famiglie Sma) che hanno utilizzato NeMO nelle azioni di prima cura sono attive per ribadire che esistiamo e che dobbiamo continuare, il nostro è uno spazio da mantenere. Siamo da sempre in prima linea

Si usa spesso il paragone tra questa emergenza sanitaria e una guerra…
Noi in guerra lo eravamo anche prima. Per questo cerchiamo di mettere la nostra gente in condizione di avere delle risposte adesso. Non possiamo aspettare, lo ripeto, che finisca l’emergenza per tornare alle attività di prima, noi non abbiamo tempo e come noi non lo hanno tutte le persone con una malattia progressiva, penso ad esempio ai malati oncologici. Siamo un’emergenza nell’emergenza.


Nelle immagini il Centro NeMO di Milano – foto da Ufficio Stampa


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