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Calabria

Ripartire dal baco da seta

di Sabina Pignataro

“Adotta un gelso” è l’ultimo progetto di Nido di Seta, la cooperativa fondata da tre giovani calabresi dedicata alla produzione della seta con tecniche antiche. Mel 2019 hanno portato a San Floro, un paesino di 700 abitanti, ben 6.500 visitatori. Avevano avviato anche una scuola di formazione per insegnare le tecniche di bachicoltura, tintura naturale e stampa botanica con allievi da tutto il mondo, che ha incuriosito persino il Moma di New York

Where is San Floro? Se lo saranno chiesti i ricercatori del Moma di New York quando hanno saputo che, in un piccolo comune collinare di 728 abitanti nella provincia di Catanzaro, tre ragazzi di trent’anni (due ragazze e un ragazzo) hanno trasformato la loro cooperativa, “Nido di Seta”, in un centro di formazione unico al mondo per la produzione della seta secondo tecniche antiche.

È proprio qui, in quella che sembra un’enorme terrazza che si affaccia sul mare e sui monti della Sila che Domenico Vivino, Giovanna Bagnato e Miriam Pugliese si occupano della coltivazione del gelso e dell'allevamento dei bachi per la produzione di bozzoli da cui si ricava il filo di seta.

«I bachi da seta bombyx morii, l’unica razza allevabile dall’uomo, si nutrono esclusivamente di foglie di gelso», racconta Miriam, una delle fondatrici. «Perciò nel 2014 abbiamo chiesto al Comune di prendere in gestione un gelseto inutilizzato di 3500 piante, e questa è stata la nostra base per riavviare di bachicoltura (allevamento del baco da seta) un’attività che appartiene al dna del nostro territorio». Per quasi quattrocento anni (tra il 1300 e il 1700), infatti, Catanzaro era considerata la capitale europea della seta e attorno ad essa si era formato un circuito produttivo che tracciava una “via della seta calabrese”. Le famiglie contadine di San Floro alla fine del 1800, allevavano milioni di bachi da seta, di razza indigena, producendo circa 1.400 Kg di bozzoli.

Oggi, ogni baco in attività produce circa un km e mezzo di filo grezzo. Questi preziosi filati vengono poi tessuti su antichi telai e colorati con elementi naturali del territorio, come papavero, cipolla di Tropea, radice di robbia, margherita di campo, iperico, mallo di noce. Ne escono tessuti e accessori unici, come sciarpe, gioielli e cravatte che Nido di Seta vende direttamente al pubblico o sul proprio sito www.nidodiseta.it.

Un centro di formazione unico al mondo
«La nostra cooperativa – racconta Domenico, la quota azzurra della cooperativa – rappresenta un centro di formazione unico al mondo per la produzione della seta, poiché svolgiamo tutto il processo produttivo come si faceva una volta e questo suscita molta curiosità ed interesse». Prima della pandemia, questi tre giovani avevano avviato una scuola di formazione per insegnare al pubblico le tecniche di bachicoltura, di lavorazione serica, tintura naturale e stampa botanica. I loro allievi arrivavano dall’Argentina, dalla Finlandia, dall’Inghilterra e dall’Ucraina. «Nel 2019 siamo stati contattati persino dai ricercatori del Moma di New York, – sottolinea- ma il Covid19 ha inflitto una pesante battuta d’arresto al nostro progetto».

Il meccanismo è semplicissimo: chiunque lo voglia, da ogni parte del mondo, può adottare uno degli alberi del gelseto di San Floro, ottenendo in cambio i prodotti della cooperativa, come sciarpe e gioielli tessuti in seta, oppure bontà gastronomiche come a base di gelso. I bachi mangiano solo le foglie, ma non i frutti che vengono quindi utilizzati per fare confetture, liquori e tisane.

La storia della cooperativa
«La nostra cooperativa Nido di Seta è nata da un sogno», racconta Miriam, specializzata in lingue straniere e un passato da girovaga in Europa. «Avevamo in mente una diversa concezione di vita e di lavoro, in cui venisse dato più spazio alle “semplici cose”, al contatto diretto con la natura e alla valorizzazione delle risorse locali». Cura è la parola che Miriam ripete più spesso quando racconta del suo progetto, al telefono, mentre tiene in braccio il suo bambino di un anno. Le sue mani, che con delicatezza e vigore si prendono cura del suo futuro, della vita che nasce e si rigenera. In casa, come in natura. Domenico è il suo compagno, 32 anni, una laurea in sociologia alla “Federico II” di Napoli, cresciuto allevando i bachi da seta, imparando dai suoi nonni e dai suoi predecessori.

Tra i fondatori c’è anche Giovanna, 30 anni anche lei, un diploma presso l’Istituto d’Arte di Squillace, la città della ceramica. Lei si dedica alla creazione di monili in seta (in vendita sul sito) e a dipingere i tessuti. «Volevamo recuperare la tradizione centenaria dalle nostre famiglie. Abbiamo raccolto gli insegnamenti molti anziani, ultimi eredi della tradizione serica della nostra regione», racconta.

Un intreccio tra passato, presente e futuro
Le parole chiave di Nido di Seta sono tutela dell’ambiente e del paesaggio, crescita del territorio e sviluppo sostenibile. Il loro è un meraviglioso intreccio tra passato, presente e futuro.
Per implementare le loro conoscenze, Miriam, Giovanni e Domenico hanno viaggiato oltre i confini europei gemellandosi con il Khon Kaen Sericulture Institute in Thailandia, formandosi presso il Central Silk Board di Bangalore, India, e scoprendo metodi di lavorazione serica meno convenzionali e nuove tinture naturali in Messico.

Lo sviluppo turistico
Intorno al ciclo della seta avevano sviluppato anche una ricca offerta di servizi turistici rendendo San Floro un polo di attrazione per il turismo nazionale ed internazionale. Nel 2019 erano arrivati 6.500 visitatori da tutto il mondo: un’enormità per un paesino che solitamente è abitato da 700 persone.
Importante è anche il servizio di fattoria didattica e di ristorazione con la quale proponevano escursioni eco esperienziali e educative.
Ora tutti i progetti sono congelati. In attesa che le misure di contenimento della pandemia si facciano meno stringenti e consentano alle persone di muoversi in sicurezza.


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