Social Innovation

Una CasaPaese a Cicala: un progetto di vita per le persone con demenza

di Marilù Ardillo

In provincia di Catanzaro dal 2018 c'è un borgo unico al mondo. I mille abitanti hanno scelto di votarsi all’accoglienza delle persone affette da Alzheimer e altre patologie simili. Il progetto di ospitalità diffusa ha ridisegnato il paese come fosse una "casa" per i pazienti e le loro famiglie

Serafina chiama tutti Roberto. Sembra connessa solo con il ricordo di suo fratello. Giuseppe disegna cerchi colorati per sua figlia Mariella. Elio riconosce solo Anna, sua moglie da 40 anni. E ogni volta che succede le sussurra: “Tu sei la mia bambolina”. Come faceva quando erano giovani.

Chi è affetto da demenza e dal morbo di Alzheimer vuole arrendersi all’infanzia, rifugiarsi in grembo ai genitori o dentro l’abbraccio di un figlio, dove tutto è amore, conforto, sicurezza. Chi è affetto da demenza affronta un viaggio in un abisso, da dove ci invia messaggi che è nostro compito decifrare.
Quella solitudine, quell’isolamento dal mondo, la battaglia quotidiana per portare a termine la giornata senza incidenti, senza perdersi, senza cadere, senza dimenticarsi di mangiare, meritano tutta l’attenzione e tutto il tempo. E anche tutto il coraggio.
Ogni giorno si lotta con la dissoluzione dei significati.

Elio è stato per 72 anni un uomo estremamente vitale e appassionato.
Durante l’inverno gli piaceva andare per spiagge a raccogliere conchiglie con cui costruiva navi, presepi, fiori, sculture.
Amava cercare e collezionare: francobolli, monete, cartoline. Curava il suo giardino, cantava nel coro della Chiesa. È stato un funzionario delle opere pubbliche.
Ha scelto Anna quando lei aveva appena 16 anni e ne ha fatto la compagna di una vita.
Hanno avuto due figlie, un’esistenza piena.
Oggi Elio ha 79 anni ed è affetto dal morbo di Alzheimer. Oggi non cammina più e non parla più. Di tanto in tanto canta, intona delle melodie senza le parole. È questo l’unico modo attraverso cui riesce ad esprimersi.
Anna gli fa la barba ogni mattina da 7 anni. E poi lo accarezza.
Pranza e cena ogni giorno insieme a lui. Spegne la Tv e gli racconta, anche se lui sembra abitare una terra lontana. Il timbro della sua voce, il fatto che quel rito intimo e familiare continui a resistere, lo rasserena.

Serafina aveva solo 54 anni quando ha iniziato a dimenticare i fornelli accesi pur dopo aver servito la cena, quando confondeva i panni sporchi con quelli puliti. Sua figlia Valentina ne aveva appena 19.
Dopo interminabili pellegrinaggi presso medici specialisti di ogni natura, uguali per tutti i parenti di tutti i pazienti, la diagnosi arriva a squarciare quella bolla entro cui ogni famiglia è solita cristallizzarsi. Quella fatta di tradizioni che si perpetuano, di fotografie che si conservano, di racconti che si tramandano, di Natali che si condividono.
Da quel momento Valentina è diventata madre di sua madre e l’ha persa senza perderla mai.
Senza memoria è il caos, senza memoria non esistiamo.
Quando un parente inizia a perdere la memoria ne risente tutta la famiglia perché non è solo lui, o lei, a dimenticare. Sono i nostri stessi ricordi ad essere messi in discussione.
È quasi una sfida alla propria intera esistenza. La perdita di memoria è una perdita collettiva.

La demenza causa deficit percettivi, mnesici, allucinazioni, irritabilità, aggressività, perdita dell’orientamento, ripetitività.
Una persona affetta da demenza ha disturbi comportamentali importanti, si sveglia di notte perché convinta di dover prendere l’autobus per andare a lavorare, girovaga senza una meta, scappa di casa, chiede e ripete sempre le stesse cose.
Sono senza dubbio condizioni difficili e molto dolorose da gestire soprattutto per i familiari e che spesso generano un’inadeguatezza emotiva a cui si risponde con l’unico strumento che si ritiene di avere a disposizione: la sedazione e la contenzione fisica.
Ma l’identità, quell'insieme di caratteristiche che rendono ogni individuo unico e inconfondibile, non viene meno a causa della progressione della malattia. Chi è affetto da demenza continua ad avere un’identità, che quasi sempre viene cancellata dalla nostra disattenzione e dalla nostra incapacità nel rispettare i loro bisogni, anche quelli più elementari.
Un’espressività inquieta ha necessità di ascolto e di cura, di accoglienza, senza giudizio e senza svilimento.
Anche un segno su un foglio, tracciato con intenzione e impegno, rappresenta il massimo sforzo che una persona con demenza cerca di fare. Per se stessa ma anche per chi gli siede di fronte.

In Calabria esiste un borgo di nome Cicala, in provincia di Catanzaro, che dal 2018 è amico delle demenze.

Poco più di 1000 abitanti hanno scelto di votarsi all’accoglienza delle demenze prendendo parte ad un progetto di ospitalità diffusa che ha ridisegnato il paese come una casa, per i pazienti e le loro famiglie, che possono affidarsi ad una comunità e riappropriarsi della relazione umana, di una quotidianità libera.
Questa piccola oasi terapeutica deve la sua esistenza all’Associazione Ra.Gi. Onlus che dal 2002 opera nel settore socio sanitario con l’obiettivo di tutelare e promuovere la salute psico-fisica individuale e collettiva.
A Cicala i pazienti con demenza, insieme agli operatori dell’Associazione, entrano nei negozi, fanno la spesa, parlano con i bambini all’uscita da scuola, imparano ad impastare il pane insieme al panettiere, comprano un giornale all’edicola, grazie ai commercianti e agli abitanti preparati dai volontari dell’Associazione a vivere e lavorare in un borgo definito "Dementia frendly".
La stessa Associazione, presieduta da Elena Sodano, ha inaugurato sul territorio calabrese due centri diurni specializzati nella cura delle demenze: spazio Al.Pa.De a Catanzaro e Centro diurno A. Doria a Cicala, entrambi orientati verso un approccio esistenziale piuttosto che assistenziale, e verso l’applicazione della Terapia Espressiva Corporea Integrata (T.E.C.I.), ideata e curata dalla stessa Elena Sodano, che si colloca nel panorama delle terapie non farmacologiche che mirano a migliorare la comunicazione affettiva e la relazione interpersonale dei pazienti con demenza, a potenziare il movimento corporeo e stimolare la funzione cognitiva.
La Terapia T.E.C.I. tenta di dare delle risposte nuove attraverso l’elaborazione di nuovi contatti corporei capaci di creare ponti di comprensione e di comunicazione possibili.
Il metodo nella sua essenza rappresenta un incontro, tra il corpo di ciascun paziente e tutte le esperienze che questo ha conservato nell’arco di un’intera esistenza.

La pandemia ha causato fratture irreparabili nelle vite di molti pazienti e delle loro famiglie che per molti mesi hanno patito fortemente l’isolamento. Molti sono stati ricoverati nelle Rsa, con effetti devastanti pressoché immediati.
È stato questo anno durissimo a sollecitare l’animo di Elena Sodano che ha deciso di dare un nome e una forma ad un progetto che aveva in mente da tempo: una CasaPaese residenziale per le persone con demenza.
Casa è dove il cuore ride, dove siamo amati e compresi, protetti, liberi. Dove possiamo mantenere intatta la memoria simbolica ed emozionale. Il Paese è il luogo dell’incontro, dello scambio, dello stimolo e dell’abbraccio.
L’unione delle due dimensioni può garantire alle persone con demenza un ambiente di cura tra i migliori possibili, una quotidianità naturale e creativa che allevi lo smarrimento e la confusione causate dalla malattia.

La CasaPaese, grazie alla presenza di operatori competenti e formati, sarà il posto in cui i pazienti saranno accompagnati nella prosecuzione del loro progetto di vita, nella costruzione di relazioni umane, consuetudini e aspirazioni, espresse nel presente e nel reale, anche grazie a un rinnovato contatto con la natura e i suoi bioritmi.
Essere all’interno di una struttura sicura e competente permetterà ai pazienti di funzionare nel presente, cercando di creare intorno un ambiente in cui le sensazioni positive siano superiori alle negative, perché non siano costretti a provare sentimenti contraddittori.

L’Associazione Ra.Gi. ha lanciato una campagna di crowdfunding per allestire la CasaPaese, perché ciascuno possa sentirsi parte di questa memoria. Di questa carezza.
La Fondazione Vincenzo Casillo ha preso parte alla campagna e ha offerto all’Associazione Ra.Gi. un percorso di formazione che trasferisce competenze e conoscenze nell’ambito del fundraising.

La struttura nascerà nel borgo di Cicala e offrirà a 16 persone con demenza, in una fase della malattia medio-avanzata, un soggiorno a lungo termine in cui sentire di avere ogni giorno uno scopo, un desiderio. E la certezza di poterlo realizzare.
Sarà un luogo in cui condurre una vita di senso, senza alcuna fretta, che generi sicurezza e serenità e assicuri dignità e conforto. Un posto che saprà lenire il dolore del distacco di Anna e Valentina che avranno la sicurezza che il marito Elio e la mamma Serafina vedranno garantiti ad ogni risveglio i loro sorrisi.

L’arredamento della CasaPaese rientra in una progettazione ambientale attenta e mirata anche al progressivo mutare della malattia, e si prefigge di rispondere ad ogni esigenza con arredi su misura che siano flessibili.
Ci saranno letti specifici, senza sbarre e senza alcuna misura di contenzione per la notte, arredamenti che non siano asettici ma che invece possano essere riconosciuti dai pazienti, tutelandoli anche nella loro sicurezza.

Per queste ragioni gli spazi e i luoghi saranno ritualizzati e riconfigurati in un modello di vita passata, con all’interno la materializzazione di ritmi, simboli e significati che, una volta decodificati, la mente tenderà a riconoscere come familiari.
I corridoi saranno allestiti e vissuti come la strada di un vero paese. Le varie attività che normalmente si svolgono in un Borgo come vendere fiori o frutta, verranno ricreate in appositi armadi ambientati.
L’atmosfera sarà semplice, domestica, arricchita con oggetti familiari e personali, per essere vissuta facilmente dalle persone con demenza: ogni dettaglio strutturale diventerà una buona cura.
La scansione del tempo rispetterà anche i ritmi capovolti generati dalla progressione della malattia, dal momento del risveglio, all'igiene, alla colazione, alle attività, al pranzo e in tutti quei rituali e che scandiscono una giornata.
Lo spazio verde esterno sarà attrezzato e direttamente raggiungibile con un percorso circolare e area per ortoterapia, accudimento animali domestici e cura dei fiori.
La sfida della CasaPaese sarà quella di promuovere l’indipendenza e garantire una migliore qualità della vita, rispettando i pazienti con il loro carico di valori e abitudini antecedenti alla malattia, supportandoli insieme ai familiari all’interno della propria comunità e della propria rete sociale.

Ad Anna mancherà fare la barba a Elio ogni mattina. Preparargli il gelato ogni pomeriggio, insieme alla frutta. Le mancherà fargli ascoltare la vecchia musica che ballavano insieme.
Ma la CasaPaese è l’unica risposta possibile a quegli “occhi sempre sofferenti”, a quel tormento che pure davanti alla bellezza delle sue conchiglie è incapace di alleviare.


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