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Disabilità

“Emergenza sordi”: quando un’app ti salva la vita

di Sara Bellingeri

Restare intrappolati sotto le macerie senza la possibilità di sentire la voce dei soccorritori e rispondere loro: nelle emergenze una persona con disabilità corre un rischio maggiore. Spesso si dà per scontato che ci sia qualcuno pronto a salvarla, ma non è così. Per questo serve un cambio culturale, che passa dal protagonismo delle stesse persone e quindi dai social. Storia di un'associazione nata il giorno del terremoto di Amatrice e delle sue tre app

Restare intrappolati sotto le macerie senza la possibilità di sentire la voce dei soccorritori e rispondere loro, dando indizi della propria presenza. Perdere la possibilità di comprendere la comunicazione altrui perché la bocca viene coperta da una mascherina. Non poter comunicare una propria esigenza urgente perché dall’altra parte c’è chi non ha i mezzi per riceverla o comprenderla. Sono tutte situazioni accadute e che possono continuare ad accadere se non viene concretizzata una vera accessibilità. Per “Emergenza Sordi” è una missione che va di pari passo con il rispetto della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. Inclusione infatti può essere anche questione di vita o di morte. L’emergenza non guarda in faccia nessuno e richiede più che mai un’azione tempestiva: accedere alle informazioni su rischi e contesti, promuovere consapevolezza e implementare strumenti a favore di chi presenta condizioni di disabilità o complesse può fare la differenza. La necessità è chiara, ma una cultura capillare sul tema arranca. A colmare questa lacuna, mettendo in campo progettualità e iniziative, ci pensa “Emergenza Sordi”, un’associazione di promozione sociale nata proprio in seguito di uno degli eventi che più hanno segnato il nostro Paese negli ultimi anni: il terremoto di Amatrice del 2016.

L'assistenzialismo non basta più

«Il nostro direttivo è composto da persone che conoscono bene la condizione di sordità vivendola direttamente, come io stesso», racconta il presidente Luca Rotondi, tra i fondatori insieme a Marta Zuddas e Davide Mauri. «L’associazione di promozione sociale vera e propria è nata nel 2018 grazie a sette fondatori, tra cui noi tre persone sorde, dopo due anni in cui esistevamo come gruppo di volontari sordi creato proprio nel giorno del terremoto di Amatrice». Guardia altissima sul tema sicurezza e una conoscenza approfondita e articolata sull’ambito emergenziale sono gli elementi che caratterizzano il gruppo, composto da diverse professionalità. «Il nostro obiettivo è quello di rendere inclusivi e accessibili l’ambito sanitario e socio-sanitario oltre a quello delle forze dell’ordine e della Protezione civile, permettendo ai non udenti di fruirne in eguaglianza con le altre persone».

“Emergenza Sordi” da tempo crea video inclusivi con sottotitoli, voce e lingua dei segni italiana – LIS (la modalità in cui è stata realizzata anche l’intervista: «Attraverso la lingua dei segni italiana formiamo tutti, sordi e udenti, insegnando le manovre salvavita. Gestiamo seminari rivolti a professionisti dell’ambito sanitario e della pubblica sicurezza e riguardanti l’approccio da tenere con le persone sorde», spiega Rotondi.

Uno degli obiettivi focali dell’associazione è quello di scardinare gli stereotipi che ancora ruotano attorno alla condizione della sordità, spesso sottovalutata: «È importante continuare a sensibilizzare e formare chi opera nell’ambito dell’emergenza», sottolinea Rotondi. «Solo in questo modo possiamo migliorare gli interventi dando davvero a tutti la possibilità di salvaguardare la propria vita». E puntualizza: «Dobbiamo sempre considerare il fattore tempo, fondamentale in certe situazioni. Avere a disposizione gli strumenti giusti, le informazioni utili, i canali adatti può davvero fare la differenza».

Non si pensa che chi è sordo in certe situazioni corre un rischio maggiore se mancano alcuni elementi. Il terremoto di Amatrice ha messo in luce le falle relative alla comunicazione specifica per la popolazione sorda e la mancanza di un database in cui fossero inserite le persone con disabilità, creando molte difficoltà nella ricerca delle loro abitazioni

Luca Rotondi, presidente di Emergenza Sordi

Quando si parla di incidenti o eventi catastrofici di origine sia naturale che artificiale raramente si pone attenzione alla condizione di disabilità. C’è la tendenza a relegarla al puro assistenzialismo pensando che tanto ci sarà qualcuno pronto a “salvare”, dimenticando l’importante aspetto dell’informazione e dell’autodeterminazione di chi con la disabilità convive. «Non si pensa che chi è sordo in certe situazioni corre un rischio maggiore se mancano alcuni elementi. Il terremoto di Amatrice ha messo in luce le falle relative alla comunicazione specifica per la popolazione sorda e la mancanza di un database in cui fossero inserite le persone con disabilità, creando molte difficoltà nella ricerca delle loro abitazioni», dice. «Purtroppo abbiamo spesso avuto a che fare con la mancanza di sensibilità da parte di alcuni politici ad ascoltare le nostre richieste relative alla tutela dei diritti a livello emergenziale e sanitario».

Puntare sui social network per raggiungere le persone

Proprio a seguito dell’evento sismico che nel 2016 ha ferito una parte del territorio italiano, l’associazione ha aperto su Facebook una pagina dal titolo “Emergenza Terremoto Sordi – Deaf Earthquake Safety Check”, poi chiamata “Emergenza Sordi”: questo è diventato il nome definitivo della realtà. «L’obiettivo è stato proprio quello di creare un “ponte” di comunicazione volontario tra persone sorde, i loro familiari e i soccorritori per avere informazioni sulla loro ubicazione e dirigere tempestivamente i soccorsi. In questa pagina abbiamo pubblicato un video dove illustravamo con lingua dei segni e sottotitoli i contatti e i servizi disponibili», ricorda Luca Rotondi. L’associazione evidenzia come le conseguenze di questo drammatico evento sarebbero state minori se i numerosi mezzi di comunicazione resi disponibili dopo il terremoto si fossero giovati di un’adeguata rete di accesso alle informazioni per le persone con disabilità. «Le Convenzioni a livello mondiale, europeo e italiano per soccorrere le persone con disabilità in condizioni di calamità esistono ma permangono gravi carenze relative alla comunicazione emergenziale mirata ai sordi. Per questo caldeggiamo l’utilizzo dei social network, che hanno una diffusione capillare».

La comunicazione emergenziale volta ad un pubblico privo della capacità di udire deve essere adattata alla sua condizione utilizzando la lingua dei segni, sottotitoli ed eventualmente anche l’audio. I social network come Facebook, Twitter, Telegram e WhatsApp rappresentano le piattaforme più usate dalle persone sorde dato che altri mezzi come la televisione si rivolgono quasi totalmente a spettatori udenti. Raggiungere tutta la popolazione in situazioni emergenziali è un imperativo morale e garantisce equità

Luca Rotondi, presidente di Emergenza Sordi

Entrando nello specifico, Rotondi afferma che «la comunicazione emergenziale volta ad un pubblico privo della capacità di udire deve essere adattata alla sua condizione utilizzando la lingua dei segni, sottotitoli ed eventualmente anche l’audio e successivamente largamente diffusa attraverso i social network come Facebook, Twitter, Telegram e WhatsApp, in quanto rappresentano le piattaforme più usate dalle persone sorde dato che altri mezzi come la televisione si rivolgono quasi totalmente a spettatori udenti. Dobbiamo anche lavorare per prevenire l’isolamento delle persone sorde: raggiungere tutta la popolazione in situazioni emergenziali è un imperativo morale e garantisce equità».

Tre app che cambiano la vita

Uno dei tasselli fondamentali del connubio accessibilità-emergenza promossi da “Emergenza Sordi” è quello relativo alle applicazioni accessibili e gratuite. Una di queste è l’App “Where are U” legata al numero di emergenza 112. Le persone con sordità hanno in questo caso una lista a disposizione attraverso cui indicare la motivazione della loro chiamata. È presente la modalità silenziosa, per chi non può parlare o ha difficoltà a chattare (come accade nei casi di chi subisce violenza), oppure la modalità chat che consente di messaggiare direttamente con l’operatore che risponde al numero 112. Attualmente il servizio è attivo in 11 territori: Lombardia, Piemonte, Liguria, Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Sicilia, Umbria, Marche, Toscana e nelle province di Trento e Bolzano.

«Il nostro punto di forza è la collaborazione con AREU Lombardia, grazie al protocollo d’intesa che rende accessibile l’App “Where Are U” per le chiamate emergenziali alle persone sorde», chiarisce Luca Rotondi. L’app in questione offre non è dedicata alle persone sorde: offre loro un maggior supporto ma è accessibile a tutti, nessuno escluso. «Abbiamo inoltre creato una squadra, composta dai volontari sordi e udenti di Emergenza Sordi APS, all’interno del Corpo Italiano del Soccorso dell’Ordine di Malta – CISOM Gruppo Monza e Brianza per gli interventi al livello nazionale in caso di calamità naturale».

Una seconda app che vede la collaborazione di “Emergenza Sordi” è Youpol: un nome che è tutto un programma. «Abbiamo collaborato anche con la Polizia di Stato per agevolare l’accessibilità grazie all’opzione “persona sorda” presente nella loro App», spiega Rotondi. In questo caso l’applicazione riguarda situazioni di bullismo e spaccio di droga. Durante il lockdown per il Coronavirus è stata inserita anche quella relativa alla violenza domestica. La sala operativa che riceve la segnalazione sa in automatico che per comunicare con la persona che ha effettuato la segnalazione non dovrà utilizzare un sistema vocale in quanto presenta un deficit uditivo. L’applicazione consente inoltre la localizzazione esatta del dispositivo da cui proviene la segnalazione. La vicepresidente di “Emergenza Sordi” Marta Zuddas si è occupata di illustrare la funzionalità dell’App attraverso un video-comunicato nella lingua dei segni italiana ora presente nella pagina istituzionale della Polizia di Stato.

«Sono numerosi i traguardi raggiunti, ma abbiamo la consapevolezza di doverne conquistare altri. Andando avanti nella nostra missione ci siamo resi conto che c’è ancora tantissimo lavoro da fare: pregiudizi e barriere da buttare giù, poca accessibilità ai servizi in generale, ma ogni piccolo passo che riusciamo a fare è una grande conquista».

Luca Rotondi, presidente di Emergenza Sordi

Terza ma non ultima per importanza è l’App Municipium per le chiamate emergenziali alla Polizia locale: «Per ora è attiva solo in 6 Comuni d’Italia ma ci auguriamo ne siano coinvolti sempre più», afferma Rotondi. Tutto fa perno su protocolli d’intesa firmati tra gli enti comunali aderenti e l’associazione “Emergenza Sordi APS” che anche in questo caso ha preparato un video illustrativo per ogni Comune spiegando, passo dopo passo, come scaricare e utilizzare l’App da persone sorde e ipoacusiche, ossia con problemi di udito. E se altri Comuni volessero utilizzare questo servizio dell’App Municipium? «Questo progetto è partito un anno fa durante la pandemia, con mille difficoltà nel gestire gli incontri istituzionali a causa delle regole in atto dei DCPM. Le possibilità per attivare l’App sono due: l’amministrazione comunale contatta noi per aderire gratuitamente al servizio oppure saremo noi a contattare il Comune per proporlo. Ricordo che l’App è totalmente gratuita grazie al protocollo d’Intesa tra Emergenza Sordi APS e la ditta Maggioli SpA, proprietaria dell’App, per favorire l’accessibilità alle persone sorde».

“Emergenza Sordi” mette in campo il suo supporto anche in ambiente ospedaliero. Ha infatti partecipato insieme ad altre realtà alla realizzazione del sito “Comunica con tutti”, progetto dell’associazione “Ancora Casa”. Dal sito è possibile scaricare uno strumento dotato di immagini utilizzabili su cartaceo, telefono o altri mezzi e finalizzate a facilitare la comunicazione della persona mentre si interfaccia con figure sanitarie come medici, infermieri, OSS. «Sono numerosi i traguardi raggiunti, ma abbiamo la consapevolezza di doverne conquistare altri. Andando avanti nella nostra missione ci siamo resi conto che c’è ancora tantissimo lavoro da fare: pregiudizi e barriere da buttare giù, poca accessibilità ai servizi in generale, ma ogni piccolo passo che riusciamo a fare è una grande conquista».


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