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Memoria

Il borgo la cui storia si concluse in una fredda notte di Capodanno

di Gilda Sciortino

Ha un non so che di cinematografico la storia di Borgo Rajù, piccolo gioiello della provincia di Messina, spazzato quasi del tutto via nella tragica notte di San Silvestro del 1972. Ce la fa conoscere il fotografo Alessandro Montemagno nell'undicesima tappa di un viaggio alla scoperta dei siti abbandonati della Sicilia che, attraverso l'attività di Urbex, ci riconsegna una memoria diversamente perduta

È come se la vita si sia fermata, ma solo per poco, a Borgo Rajù, uno dei più belli e interessanti della Sicilia. Un luogo, in provincia di Messina, nel quale la natura si è appropriata di ogni angolo, dipingendo ritratti consegnati alla memoria.

Sorto tra gli anni Quaranta e Cinquanta in piena riforma agraria e latifondista, Borgo Rajù era abitato da poco più di 400 abitanti, diciamo pure una grande famiglia, non mancando proprio niente: la scuola elementare, un ufficio postale, una succursale del Banco di Sicilia, sartorie, botteghe alimentari, una rivendita di tabacchi.

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Tutto scorreva serenamente quando, la notte di Capodanno del 1972, il torrente Fantina che lo costeggia esondò, trascinando con sé non solo gran parte delle abitazioni, ma anche alcuni dei suoi abitanti, per esempio un’intera famiglia di quattro persone colta di sorpresa nel cuore della notte.

I danni non indifferenti alle strutture costringeranno gli abitanti ad abbandonare il borgo pochi mesi dopo, rifugiandosi nei paesi vicini; la maggior parte di loro, infatti, oggi vive tra Barcellona Pozzo di Gotto, Terme Vigliatore, Trappitello di Taormina, Rodi Milici, Novara di Sicilia e Giardini Naxos.

Un borgo che mantiene la sua innata bellezza e dove, nonostante non sia più abitato da circa mezzo secolo, si respira ancora l’energia di una piccola comunità che viveva di cose semplici, essendo l’agricoltura, la pastorizia e l’artigianato le attività prevalenti.

Camminare, quindi, tra le sue strade mette i brividi soprattutto quando, girato l’angolo, basta spingere una porta ed ecco, sembra proprio che la famiglia stia per tornare a casa dopo una giornata di duro lavoro nei campi. La tavola è, infatti, desiderosa di accogliere un altro dei momenti in cui ci si riunisce per condividere la quotidianità, ma anche per fare programmi in vista dell’imminente futuro. La botte rimasta miracolosamente intatta ricorda che, prima di sedersi, bisognerà passare in cantina per riempire il fiasco che accompagnerà il pasto.

Frame di un film, i cui titoli di coda scrivono la parola fine di una storia interrotta in una di quelle notti che dovrebbe essere solamente portatrice di buone novelle e che, invece, per gli abitanti di Borgo Rajù, è stata la consegna al tempo delle loro vite congelate in un luogo che, nonostante tutto, ha mantenuto la sua magia riuscendo a trasmetterla ai posteri.

Le foto sono del fotografo Alessandro Montemagno.


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