Disabilità e Non autosufficienza
Lavoratori caregiver: quali diritti e quale ruolo per le imprese?
Storica sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue: un lavoratore caregiver ha diritto ad avere «accomodamenti ragionevoli», in particolare per quanto riguarda l’orario di lavoro e le mansioni da svolgere, al fine di consentirgli di prestare assistenza e cura. La sentenza si inserisce in un quadro che rende sempre più urgente il tema della conciliazione tra lavoro e compiti di cura, con nuove sfide per la Csr. Il Manifesto di Carer propone che le risorse del welfare aziendale siano rivolte prioritariamente a servizi che rispondano a bisogni di cura

L’invecchiamento della popolazione e il diffondersi di patologie cronico-degenerative, hanno determinato una domanda crescente di cura a lungo termine. Il gap tra il bisogno di assistenza quotidiana e un sistema di welfare caratterizzato da risorse decrescenti e servizi sempre più prestazionali, ha visto un forte carico di cura gravare su famiglie sempre più ridotte in termini di componenti, con una crescente diffusione della dimensione unifamiliare. In questo quadro il carico di cura è diventato sempre più pesante da sostenere e da conciliare con il lavoro.
Essere caregiver e lavoratrice o lavoratore dipendente o autonomo comporta un forte stress derivante dall’esigenza di rispondere ai bisogni (spesso imprevedibili e incomprimibili) della persona cara assistita. Il protrarsi nel tempo della condizione di caregiver rischia di portare all’abbandono della condizione lavorativa, in particolare per le donne over45, con conseguente perdita di indipendenza economica, possibilità di autorealizzazione, stabilità sociale, valorizzazione delle competenze maturate sul lavoro. Si tratta di perdite che impattano sulla vita delle persone, ma anche sul patrimonio professionale delle imprese.
Già oggi più di 4 milioni e mezzo di persone inserite nel mercato del lavoro sono impegnate per oltre 20 ore settimanali in attività di cura di una persona cara (fonte Istat, Indagine europea sulla salute, 2019). La cura è il tessuto che sostiene la nostra società e unisce le generazioni (Commissione Europea, European care strategy, 2022) e proprio per questo la cura non può essere un “fardello” prettamente a carico della persona che assiste la persona cara malata, non autosufficiente, disabile. La cura deve essere assunta come una responsabilità sociale, che favorisca interventi di welfare pubblico e aziendale rivolti a caregiver che lavorano e scelte organizzative dell’orario o del turno lavorativo compatibili con le esigenze di cura. Molte imprese hanno acquisito consapevolezza di tale condizione, attivato survey e servizi di supporto con risorse proprie e/o frutto di accordo sindacale in materia di welfare aziendale e hanno favorito, a livello aziendale, reti di solidarietà e iniziativa.
La cura non può essere un “fardello” prettamente a carico della persona che assiste la persona cara malata, non autosufficiente, disabile. La cura deve essere assunta come una responsabilità sociale, che favorisca interventi di welfare pubblico e aziendale rivolti a caregiver che lavorano
In questa ottica Carer-Associazione dei Caregiver familiari ha elaborato un Manifesto/appello (già sottoscritto da oltre venti organizzazioni) affinché i bisogni delle e dei caregiver che lavorano vengano riconosciuti. La nostra convinzione è che il welfare aziendale possa rispondere ai bisogni dei propri lavoratori/trici e al contempo dare sostegno a processi di innovazione del welfare territoriale, favorendo un nuovo welfare generativo di comunità.
Accanto ad una legge nazionale sul riconoscimento del caregiver, il Manifesto chiede che il legislatore nazionale indichi la priorità “priorità assistenziale” per l’utilizzo di risorse del welfare aziendale fiscalmente e contributivamente agevolate, da finalizzare alla sussidiarietà con servizi di welfare pubblico rispondenti a bisogni di assistenza a lungo termine. Il Manifesto richiama anche le parti sociali ad operare per l’adozione di nuovi modelli di relazione e accordi centrati sul benessere del lavoratore/trice nel proprio ambito familiare e affettivo.
La sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue
In questo contesto, assume particolare rilievo la recentissima sentenza della Corte di Giustizia Europea in materia di discriminazione verso il caregiver di persona disabile. La Corte, con la sentenza C-34/24 pubblicata l’11 settembre 2025, ha stabilito che una prassi aziendale come il rifiuto di concedere turni di lavoro flessibili al lavoratore caregiver può costituire una discriminazione indiretta se ha un impatto sproporzionato su un genitore che deve accudire un figlio gravemente disabile.
La Corte ha stabilito che il datore di lavoro deve adottare degli “accomodamenti ragionevoli”, bilanciando le esigenze organizzative aziendali con le esigenze di cura. Si tratta di una sentenza di grande rilevanza, ma affinché non si trasformi in un’ulteriore barriera per l’inserimento lavorativo del caregiver è necessario che la cura venga considerata e assunta come un “pilastro sociale”, connaturato alla fragilità del genere umano. Molte imprese stanno assumendo consapevolezza del peso della conciliazione del lavoro con l’assistenza a lungo termine, ma tanto ancora deve essere fatto per dare corpo e valore ad una società sostenuta da valori di inclusione e solidarietà centrati sulla cura e il lavoro.
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