Indagine Ipsos-Amref Italia

L’Italia si scopre razzista: lo dicono 7 italiani su 10

La terza edizione del report, dal titolo “Africa e salute: l’opinione degli italiani”, ha coinvolto un campione di 800 persone. Solo un italiano su dieci ha l'esatta percezione di quanti siano gli africani residenti oggi nel nostro Paese

di Redazione

Sette italiani su dieci ritengono che, in Italia, gli africani siano soggetti a episodi di razzismo e discriminazione molto spesso (per il 22%) o abbastanza spesso (48%). Lo riporta la terza edizione dell’indagine curata da Ipsos per Amref Italia, dal titolo “Africa e salute: l’opinione degli italiani”, svolta ad ottobre 2023 su un campione rappresentativo di 800 persone. Nel capitolo “L’Africa in Italia” – mai pubblicato prima – oltre al razzismo si affrontano altri temi, quali gli ostacoli all’integrazione e la legge di cittadinanza. Amref Italia presenta questi dati in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione delle discriminazioni razziali. Il 21 marzo è stata scelta come data, per ricordare i tragici fatti di Sharpeville (Sudafrica) quando, nel 1960 e in piena apartheid, la polizia aprì il fuoco su un gruppo di dimostranti neri uccidendone 69 e ferendone 180.

Secondo il rapporto “Being black in the Eu” (Fra/Eu, 2018), il 39% delle persone nere e afrodiscendenti che vive in Europa vive alti livelli di esclusione socio-economica e sono state vittime di stereotipi negativi, atti di violenza e incitamento all’odio.

«Prendiamo atto che spesso, nostro malgrado, il linguaggio o addirittura lo sguardo vanno a consolidare un razzismo sistemico, che pervade il nostro Paese», afferma Roberta Rughetti, vicedirettrice di Amref Italia. «Dobbiamo rimuovere insieme quegli ostacoli che spingono le persone razzializzate e gli afrodiscendenti verso una marginalizzazione, che ha effetti sia nella sfera privata che in quella sociale. Questa indagine ci aiuta a fotografare alcune idee presenti nella società italiana, e ci sprona ancora di più a promuovere azioni di sensibilizzazioni che favoriscano l’interlocuzione con le persone razzializzate e il protagonismo degli africani. Per contrastare il razzismo antinero, l’afrofobia e ogni forma di discriminazione razziale».

Nell’indagine di Ipsos per Amref, si rileva che solo un italiano su dieci (11%) ha la percezione corretta di quanti siano gli africani residenti oggi in Italia (circa 1,2 milioni). Il 71% del campione ne sottostima la presenza e il restante 18% la sovrastima. Se però chiediamo su 100 cittadini stranieri quanti sono africani, è un italiano su tre (34%) a sovrastimarne la presenza e solo il 7% dà la risposta esatta (tra 20 e 25).

Al di là del numero esatto, il 53% dei rispondenti dichiara che i cittadini africani residenti in Italia sono comunque troppi e non sempre amalgamati con gli italiani. Un ulteriore 53% li considera poco o per nulla integrati nel nostro Paese. Cosa preclude questa integrazione? Come nel 2021, la prima causa (41%) risiede nel fatto che «le imprese italiane vedono gli immigrati africani solo come manodopera a basso costo». Segue al secondo posto «la scarsa voglia di accettare gli usi e le consuetudini italiane da parte degli africani (31%)», poi il fatto che «in Italia non ci sono adeguati programmi di integrazione (30%)». Il 16% ritiene che un ostacolo all’integrazione sia che «gli italiani sono razzisti».

Una nuova legge di cittadinanza aiuterebbe a costruire migliori percorsi di giustizia sociale. Così come è prevista oggi, la legge per la concessione della cittadinanza italiana per stranieri piace al 64% dei rispondenti. Attualmente la legge italiana prevede la concessione della cittadinanza a chi non è figlio di cittadini italiani solo in alcuni casi specifici (dopo il compimento della maggiore età e dopo 10 anni di permanenza ininterrotta nel nostro Paese, oppure per matrimonio) e in assenza di procedimenti penali. Più gradita l’opzione di concessione della cittadinanza italiana a figli di immigrati stranieri, nati in Italia o arrivati entro i 12 anni e che abbiano frequentato regolarmente le scuole nel nostro Paese per almeno 5 anni (75%).

Credits: la foto d’apertura è di Topsphere Media su Unsplash

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