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Famiglia

Mangiare? Fa sempre rima con educare

Secondo la psicanalista Laura Pigozzi, autrice di "Troppa famiglia fa male" e "Amori tossici" (Rizzoli), il cibo non è solo nutrimento: è un fatto relazionale, che veicola contenuti e mette in campo un dialogo tra genitori e figli

di Veronica Rossi

Il cibo è uno degli strumenti di comunicazione più antichi tra genitori e figli. Ne è convinta Laura Pigozzi, psicologa, psicanalista e filosofa che domenica parteciperà ai “Dialoghi di Pistoia”, festival di antropologia del contemporaneo promosso dalla Fondazione Cassa di risparmio di Pistoia e di Pescia, in un evento dal titolo “Educo come mangio”. L’esperta, con la Fondazione Hapax, sta avviando il progetto “Genitori a scuola”, che intende superare l’idea che si possa educare “così come si è stati educati”, affidandosi agli automatismi.

Perché, quando c’è di mezzo il rapporto tra genitori e figli, il cibo rappresenta sempre qualcosa in più del semplice nutrimento?

Col cibo cominciamo le nostre relazioni affettive; ogni volta che mangiamo mettiamo in campo qualcosa di antico, che ci ha letteralmente tenuto in vita. Col cibo inizia la nostra storia, già nel ventre materno, fa parte del nostro essere e del nostro stare al mondo. Il cibo è legame: un bimbo nutrito è un bimbo che viene tenuto in braccio. È questo il motivo per cui ci sono tante perturbazioni che riguardano questo aspetto.

Una foto in bianco e nero di una persona che parla al microfono, presa dalle spalle in su, con la mano destra gesticola
Laura Pigozzi

Quindi le problematiche dei bambini e dei ragazzi rispetto al cibo possono derivare da difficoltà ulteriori nei rapporti coi genitori?

Il cibo, essendo un fatto relazionale, veicola tutto ciò che c’è nelle relazioni. Se c’è stato un momento in cui il bambino veniva ingozzato, può essere che il bambino continui a ingozzarsi perché ha confuso il mangiare troppo con l’amore. Se c’è stata, invece, qualche penuria, magari il bimbo cercherà il cibo per riempire quella penuria che ha avuto. Attraverso il cibo c’è sempre un dialogo che viene messo in campo.

Da che età inizia questo dialogare attraverso il cibo?

Prestissimo. Ci sono bambini che, per esempio, rifiutano il seno. Anche questo è un fatto relazionale, non c’è un gene che dice di non attaccarsi. Oggi si vuole risolvere tutto con i geni, ma in realtà c’è un discorso sottostante.

Quali sono gli atteggiamenti positivi che i genitori possono avere rispetto al cibo?

Se ci fosse un decalogo di controllabilità saremmo tutti bravissimi. Il problema è che il cibo è una questione inconscia. Da cosa sono stata animata, come madre, ad avere questo bambino? Io, come padre, che aspettative ho verso mio figlio? Com’è stata la gravidanza? Quali fantasmi ci sono stati durante l’allattamento e che tipo di immagine ho di esso? Che situazione ha vissuto il neonato durante l’allattamento? Ci sono tantissime variabili in gioco in questa dinamica, proprio perché è un fatto relazionale, non chimico.

Non esiste una ricetta che vada bene per tutti, se qualcuno la dà mente.

Se però effettivamente ci accorgiamo che il bambino o la bambina ha un rapporto problematico col cibo, che è quindi spia di un malessere, come possiamo agire?

L’azione non è un buon viatico, perché sta sempre al posto del pensiero. Cosa dobbiamo pensare? Cosa dobbiamo indagare? Cosa dobbiamo immaginare che sia successo e cosa mi sta dicendo questo ragazzo o questa ragazza? Non ho il traduttore, un Google o un Chat Gpt che me lo spieghi, perché è inspiegabile: ogni relazione a sé. Ci sono bambini, ragazzini o addirittura neonati che non mangiano perché non si sono sentiti voluti, per esempio, sono capitati per caso o la mamma è stata abbandonata dal padre durante la gravidanza o l’allattamento. Non esiste una ricetta che vada bene per tutti, se qualcuno la dà mente.

Ma quindi non c’è nulla che possiamo fare?

Possiamo stare attenti, cercare di capire da dove viene un comportamento. Possiamo evitare di pensare che sia qualcosa di naturale, di caratteriale o di genetico. Possiamo evitare di essere sciocchi o semplicistici in una relazione così importante come quella tra genitori e figli che viene mediata dal cibo. Dobbiamo evitare di cercare formulette magiche.

Foto in apertura da Pixabay


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