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Marianna The Influenza, una voce contro le “discriminazioni al cubo”

«A volte mi ha fatto più male la grassofobia del razzismo. Figuriamoci però le cose si uniscono, possono ridurre in briciole»: Marianna Kalonda Okassaka non sta solo sui social, ma porta la sua testimonianza in giro per l'Italia, raccontando le "discriminazioni al cubo" che colpiscono chi è (parole sue) donna, nera e grassa

di Arianna Monticelli

Marianna Kalonda Okassaka è italiana di seconda generazione, nata e cresciuta nelle Marche da genitori congolesi. Trent’anni, laureata in Scienze della Comunicazione, ha la sua cifra nella forza espressiva e nell’impegno per destrutturare gli stereotipi: Marianna The Influenza, orgogliosa millennial, crea da cinque anni sui social «contenuti fotonici al gusto di uguaglianza sociale e grassofobia», da quando ha capito che la società ha un problema serio con il colore della sua pelle e il suo peso corporeo. Oggi “Marianna the divulgatrice” è l’evoluzione naturale di quell’influencer ironica che ha superato i 35mila follower e tratta con competenza di razzismo e discriminazioni, a partire dal vissuto personale. Marianna è tutto questo e tanto altro, con un’identità in costante evoluzione – come tiene a precisare lei – ed è tosta. Talmente tosta che spariglia le carte, spiazza e anche per questo invita a riflettere. Prima dei suoi contenuti, è il suo modo di pensare ed esternare a essere “fotonico”.

Ma quando e perché nasce “Marianna The Influenza”? C’è un brutale fatto di cronaca che segna profondamente il suo cambio di passo. È la caccia all’uomo nero scatenata nel febbraio 2018 da Luca Traini, che sparò dalla sua auto una trentina di colpi su diversi migranti, in più punti della città di Macerata. Colpì e ferì sei persone. Da quel momento per Marianna qualcosa cambia: «Dopo l’università avevo iniziato ad affrontare sul mio profilo personale temi di sociologia, diritto e comunicazione, ma quell’attentato terroristico di matrice razzista per me fu un punto di svolta». Da allora ha scelto di intensificare la sua attività comunicativa e, in seguito, di legarla al personaggio di Marianna The Influenza. Un nome ironico, riconoscibile e incisivo, per parlare di razzismo, multiculturalità e comunità razzializzata ma anche di grassofobia, corpi non conformi e altre tematiche.

Su questi temi ha anche scritto un libro, Nera con forme. Storia di un corpo grasso (edito da Le Plurali). L’idea non è stata sua – ammette – anche se oggi ci ha preso gusto e spera non sia un caso isolato. «Mi hanno chiesto di parlare il razzismo, ho scelto di parlare anche di grassofobia, tema poco dibattuto. Dentro c’è la mia identità, che però non si esaurisce lì, ma è un’evoluzione continua. Spero ci siano altri libri, altrimenti fallirebbe il mio intento di cercare di moltiplicare il numero di voci che parlano di questi temi». E continuare, così, a contribuire con la sua testimonianza alla decostruzione degli stereotipi. «Un processo lungo, complesso e doloroso – sottolinea Okassaka – perché è prendere consapevolezza del fatto che è la società che ci detta come dobbiamo essere». Da dove iniziare, allora? «Prima di destrutturarsi va fatto un lavoro per riconoscersi. Il primo passo è ascoltare sempre con una postura di accoglienza e mettere i propri privilegi a disposizione della comunità. Serve un alleatismo digitale e fisico, perché le cause importanti hanno bisogno di alleati che seguono, accompagnano, senza sovrastare. Anche leggere e documentarsi è importante, ma questo non è sempre accessibile a tutti. Diciamo che il primo passo è mettersi nella posizione di chi vuole sempre apprendere dagli altri».

Nel libro pubblicato con “Le Plurali”, casa editrice femminista e indipendente di Roma, Marianna, tra vissuti personali e rappresentazioni sociali, affronta cosa significa crescere e vivere in un corpo nero e grasso, in un contesto razzista e grassofobico. «Ho subito discriminazioni che nascono dal punto di vista delle intersezioni, anche se quelle che mi colpiscono derivano tutte, a cascata, dalla nerezza», evidenzia l’autrice. «Subisco in situazioni quotidiane quella tra razzismo e sessismo, quando vengo scambiata, come donna nera, per sex-worker mentre aspetto l’autobus. Una vera collisione tra grassezza e nerezza non l’ho ancora sperimentata; subisco invece discriminazioni come corpo grasso e come donna».

Oggi Okassaka dalle Marche si è trasferita a Roma. «Sono realtà diversissime, ma per quanto riguarda le discriminazioni tutto il mondo è paese: in entrambi i luoghi ho sperimentato razzismo e grassofobia. Il razzismo si adatta al clima sociale che trova, sia in città sia in un piccolo borgo e quindi ha diverse forme di espressione». Marianna bambina in un paesino della Marche si faceva le treccine per non mostrare i suoi capelli naturali. Aveva già interiorizzato il razzismo e faceva di tutto per non apparire come persona migrante, ma non aveva ancora gli strumenti per poterne essere consapevole e decostruirsi. «Non sapevo ancora cosa fosse la discriminazione razziale. Poi, più arrivavo in centri grandi, più gli episodi di razzismo si facevano plateali. Il razzismo nelle periferie è altrettanto frequente, ma più sottile e meno dibattuto: invece è un tema da affrontare con urgenza, in considerazione dell’alta percentuale di persone migranti o di prima generazione che le vivono».

Sin dall’inizio del suo impegno sociale e divulgativo, Marianna ha avuto un sogno: poterlo trasformare anche in una vera professione culturale. Ci è riuscita: lavora per Colory* un progetto editoriale che racconta l’Italia dal punto di vista degli italiani di seconda generazione e/o appartenenti a minoranze e nasce come spazio di scambio tra culture, per promuovere inclusività e liberare dai pregiudizi.

Ma chi è oggi Marianna Kalonda Okassaka? «È un essere umano, con una responsabilità sociale, che non esclude insicurezze e sbagli; che si fa molte domande e non ha risposte, odia il suo corpo e lo ama al tempo stesso. Una persona più consapevole del ruolo che occupa nel mondo, in quanto donna, grassa e nera, ma che si domanda anche quanto pesa il suo privilegio di avere la cittadinanza italiana rispetto ad altri o che, a volte, fa fatica a stare sui social al pensiero che qualche contenuto possa riempirsi di odio». Marianna Okassaka è autentica, sempre.

foto da ufficio stampa Le plurali

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