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Editoriali

Non tutto è perduto, per questo ci scambiamo ancora gli auguri

Che succede di buono la notte di Natale per cui nonostante tutto questo dolore ci facciamo ancora gli auguri? Il nostro giornale, VITA, mette in luce tutto l’anno le tragedie di questo mondo, fa denuncia sempre attenta ed approfondita, ma si spende anche per raccontare il bene che avanza. A cominciare da quel piccolo bene nato 2000 anni fa

di Angelo Moretti

Un presepe che ricorda la nascita del bambino Gesù

Il Natale magico delle famiglie che si riuniscono e brindano attorno ad una tavola ricca di delizie di ogni tipo sembra ogni anno più stonato rispetto a ciò che sappiamo succede nel mondo in quella stessa notte. Le immagini che giungono a noi sugli eccidi in Israele e dei bambini di Gaza, come dalle città che resistono all’aggressione russa in Ucraina, “a nome” di tante altre immagini che non vediamo dal Congo, dalla Etiopia, dal Nagorno Karabach, dalla Birmania, dalle carceri russe, iraniane, libiche, dai CPR inutili e dannosi che albergano in Italia, ci lasciano un costante retrogusto amaro per ogni calice che si innalza. Che c’è da festeggiare? Quest’anno ancor più degli altri anni,  vien da dire, perché mentre speravamo di vedere conclusa l’aggressione di Putin, come maggiore auspicio del 2023, ci ritroviamo non solo a contare i morti su quel fronte e nelle città bombardate, ma  anche immersi in un altro dolore, proprio nella terra di Betlemme. La memoria si fa subito attualità.

Che succede di buono la notte di Natale per cui nonostante tutto questo dolore ci facciamo ancora gli auguri?

Il nostro giornale, VITA, mette in luce tutto l’anno le tragedie di questo mondo, fa denuncia sempre attenta ed approfondita, ma si spende anche per raccontare il bene che avanza, nonostante le violenze e le ingiustizie, e pensando a questa piccola e straordinaria impresa editoriale della  buona notizia, arrivo ad osare: il Natale è questa festa qui: è la festa di chi brinda al bene che avanza, in una grotta, in una barca, nelle nuove nascite a Bucha, nei bimbi nati sotto le macerie.

La più grande rivoluzione dell’Occidente e dell’Oriente, non la si trova nè nella memoria della rivoluzione francese, a Place de La Concorde dove fu installata una ghigliottina, nè in quella americana che la precedette, nè nella donazione di una terra al popolo di Israele stravolto dal nazismo e nemmeno nelle guerre di liberazione della Palestina che ne conseguirono. La più grande rivoluzione non fu nè il protestantesimo che voleva cambiare la Chiesa nè potrebbe mai esserlo la “Santa Inquisizione”, nè le truci crociate cristiane nè i trecento martiri di Otranto, la più grande rivoluzione di cui facciamo ogni anno memoria è nel bene nonviolento che nasce quando nasce un uomo, anzi, un bambino. Per molti è il figlio di Dio che si è fatto carne e debolezza, per altri un profeta , per tanti un bimbo come un altro, ma per tutti è certamente la memoria di un bambino che porta un messaggio di nonviolenza e di amore universale. I bambini furono uccisi a centinaia quando nacque Gesù, eppure i pastori quella notte, colti impreparati da quell’accadimento semplice, si riempirono di meraviglia. E pare che suonassero e brindassero.

Così accade a noi: viviamo bene il Natale solo se fuori da ogni calcolo sulla vittoria ingiusta del più forte, ci lasciamo continuamente stupire da questo piccolo bene che avanza nella Storia.

Per noi europei è un Natale certamente speciale e “strano”, abbiamo aperto ufficialmente le porte al popolo ucraino, che ha sofferto e soffre pene indicibili per arrivare a questo riconoscimento, e contemporaneamente progettiamo nuove frontiere e nuovi centri di detenzione per trattenere i migranti ed i rifugiati di tutto il mondo fuori dall’Europa. Ci apprestiamo a vivere l’anniversario di quel gesto visionario e nonviolento del vincitore, il francese Schumann, che tese la mano al vinto, il tedesco Adenauer, per costruire l’Europa unita e federale, l’Europa forza di pace sognata da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni nel confino di Ventotene.  Sentiamo su di noi il peso di nuove responsabilità.

L’augurio più grande che possiamo farci è che la nostra UE prenda esempio dalla memoria del Natale e si faccia Corpo, corpo di pace, non solo un’idea o un diritto da difendere astrattamente o economicamente, ma un vero e proprio corpo fatto di milioni volti, di europei in carne ed ossa coinvolti nelle guerre e nei drammi degli “altri” , pastori fisicamente in cammino verso luoghi dove accadono miracoli, dove nonostante tutto la vita continua a nascere.

Brindiamo perché anche quest’anno non tutto è perduto, brindiamo perché l’Europa è ufficialmente in cammino per farsi corpo di pace.

Auguri dal Movimento Europeo di Azione Nonviolenta, auguri da questo straordinaria comunità che è Vita, brindiamo per ogni vita.


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