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Patti educativi territoriali, un vademecum per farli funzionare

Troppo diffusa è l'idea che creare inclusione e contrastare dispersione e povertà educativa sia solo un problema della scuola. I patti educativi, che coinvolgono tutti i soggetti che operano in un territorio, sono invece l'unica risposta efficace. Ma come costruirli? La rete EducAzioni presenta un vademecum per lo sviluppo di Patti educativi territoriali

di Giuseppe Bagni*

Il prossimo 6 ottobre a Roma la rete EducAzioni, alleanza promossa da dieci realtà del civismo attivo, del Terzo settore e del sindacato, presenterà il suo vademecum per lo sviluppo di Patti educativi territoriali. Uno strumento che, coinvolgendo una molteplicità di soggetti attorno alla funzione costituzionale del sistema pubblico di istruzione, è capace di indicare interventi efficaci contro la povertà educativa crescente nel nostro Paese. 

Perché un vademecum? Perché nonostante gli accordi territoriali siano molto diffusi, non tutti sono di per sé “educativi” e anche quelli che lo sono, se privi di risorse economiche e organizzative adeguate, non vanno da nessuna parte. Il vademecum serve a mettere a sistema tutto ciò che è stato sperimentato fino a oggi in esperienze importanti ma isolate e a volte precarie, passando da una dimensione progettuale troppo spesso legata a singoli bandi all’elaborazione di uno strumento di policy ordinario e strutturale. 

Nonostante gli accordi territoriali siano oggi molto diffusi, non tutti sono di per sé “educativi” e anche quelli che lo sono, se privi di risorse economiche e organizzative adeguate, non vanno da nessuna parte

Comunità educanti, dai progetti alle policy

Le lacune di una scuola infatti non si coprono con un paio di progetti l’anno, da mettere in vetrina nel Piano dell’offerta formativa, né tantomeno le agenzie formative e gli enti locali possono vedere nella vincita di progetti l’unica ragione di vita. Occorre condividere le responsabilità facendo ciascuno al meglio la propria parte senza logiche di delega. Troppo diffusa è infatti l’idea che l’inclusione sia solo un problema scolastico mentre serve dar vita a progettazioni comuni, con corresponsabilità sull’intero percorso educativo e i patti educativi, che coinvolgono tutti i soggetti che operano in un territorio, sono l’unica risposta efficace per creare inclusione e contrastare dispersione e povertà educativa. 

Fenomeni complessi che vanno affrontati partendo dalla scuola ma con l’idea che debbano essere riconosciuti come un problema della “piazza ideale” di ogni paese, in cui si affacciano il comune e la scuola, la chiesa, i centri del volontariato e i circoli sociali. La piazza in cui i genitori si parlano in attesa dell’uscita di scuola dei figli e dove questi si fermano a giocare. Questo è il luogo che deve prendere consapevolezza di quanto sia indispensabile il protagonismo di tutti per riuscire a ristabilire l’unitarietà del processo educativo, che deve trovare coerenza nell’intero contesto di vita di ragazzi e ragazze. Solo così si può agire didatticamente a monte e a valle del processo contro il disagio e la dispersione, amplificando le esperienze migliori di innovazione didattica, sostenendo la necessità del tempo della scuola come “tempo disteso”, ampliando la possibilità del tempo pieno.

Cosa non sono i patti educativi territoriali

I patti devono dare protagonismo a quelle scuole che non sono solo alla ricerca di occasioni per ampliare la propria offerta formativa (con il solo risultato di indebolirla, frantumandola in una miriade di progetti e progettini). I patti non rappresentano un’alternanza di esperienze tra scuola ed extra-scuola, ma un progetto educativo territoriale dove ogni soggetto mette in campo le proprie competenze specifiche e le coordina con le altre. Serve un percorso scolastico interamente ripensato, continuo e coerente, che dia cittadinanza nelle aule al bagaglio di esperienze che ogni alunno e alunna porta con sé. 

Troppo diffusa è l’idea che creare inclusione e contrastare dispersione e povertà educativa sia solo un problema scolastico: serve dar vita a progettazioni comuni, con corresponsabilità sull’intero percorso educativo. I patti educativi, che coinvolgono tutti i soggetti che operano in un territorio, sono l’unica risposta efficace

Ribaltare il banco

Questo loro bagaglio è un materiale straordinario per fare scuola, ma che sia scuola vera senza sconti o annacquamenti. Oggi allievi e allieve sentono di avere sopra i banchi una natura morta mentre quella viva, personale, scorre nascosta nei loro sottobanchi.

Dobbiamo avere la forza di ribaltare i loro banchi permettendogli di studiare a scuola quello che hanno incontrato anche altrove, per strutturarlo, formalizzarlo, comprenderlo in profondità. Serve una scintilla che accenda il motore interno del loro apprendimento. Nella piazza del paese quella scintilla si può innescare.

*Giuseppe Bagni fa parte di Saltamuri/Rete EducAzioni

Foto di Artem Kniaz su Unsplash


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