Ambiente e salute
Pfas, li assorbe anche la pelle
Le sostanze per- e polifuoroalchiliche sono capaci di superare la barriera cutanea ed entrare nel sangue. Lo ha dimostrato uno studio dell’Università di Birmingham, che ha utilizzato modelli in 3d con le stesse proprietà della pelle umana. I più facili da assorbire sono i Pfas a catena breve, proprio quelli su cui si sta concentrando l’industria, perché considerati meno tossici
Ormai è chiaro: le sostanze per- e polifuoroalchiliche, i Pfas, si trovano ovunque, dal ghiaccio artico alla schiuma degli oceani, dal sangue di ciascuno di noi al latte materno. Ciò che ancora non sappiamo esattamente è come il corpo umano assorbe questi “inquinanti eterni”, presenti in moltissimi oggetti di uso quotidiano, comprese creme, cosmetici, tessuti impermeabili. Possono essere ingeriti con cibo o acqua, o respirando aria contaminata. Ma uno studio appena pubblicato dell’Università di Birmingham ha dimostrato che riescono anche a penetrare la pelle e, per questa via, possono raggiungere il sistema circolatorio.
I ricercatori, i professori Stuart Harrad e Mohammed Abdallah e la ricercatrice Oddný Ragnarsdóttir, chimici ambientali, hanno usato modelli in 3d di tessuto cutaneo coltivato in laboratorio, con le stesse proprietà della pelle umana, per testare la capacità di assorbimento di 17 differenti Pfas presenti nella direttiva Ue sull’acqua potabile, la 2184 del 2020. «Contrariamente a ciò che si è sempre creduto, abbiamo verificato che in realtà molte di queste molecole riescono a superare la barriera cutanea», scrivono in un articolo divulgativo pubblicato su The Conversation, specificando che è difficile estendere i risultati ad altri Pfas, perché ciascun composto si comporta in modo diverso.
È emerso che c’è una differenza tra Pfas a catena lunga e a catena corta: i primi non vengono assorbiti facilmente come i secondi. E così il Pfoa, il composto più sottoposto a limitazioni, dichiarato cancerogeno dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro – Iarc, in 36 ore era stato assorbito solo per il 13%, mentre, nello stesso intervallo di tempo, le molecole più corte lo erano per il 58%. «Il nostro studio introduce un tassello importante nella conoscenza di come queste sostanze chimiche interagiscono con l’organismo. L’industria infatti si sta indirizzando alla produzione di molecole a catena corta, oggi considerate meno tossiche o meno persistenti», osservano i ricercatori. «Noi abbiamo dimostrato che, però, riescono a penetrare la pelle più facilmente: è un rischio che produttori e autorità devono considerare nelle scelte future, prima di immettere nuove sostanze sul mercato».
Nella recente intervista di VITA al professor Annibale Biggeri, docente del Dipartimento di Scienze cardio-toraco-vascolari e Sanità pubblica all’Università di Padova, esprimeva perplessità sulla sostituzione dei Pfas a catena lunga con quelli a catena corta, «come se la pericolosità sparisse per effetto di un nome o perché ci sono meno atomi».
In base allo studio dell’Università di Birmingham, infine, la penetrazione nella pelle dei 17 Pfas considerati avviene lentamente, ma vista la diffusione delle sostanze per- e polifuoroalchiliche in prodotti di uso giornaliero, per gli studiosi un contatto così frequente potrebbe portare a un’esposizione sostanziale nel tempo.
In apertura i modelli in 3d del tessuto cutaneo usati nello studio. Foto della ricercatrice Oddny Ragnarsdottir, CC BY-ND
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