Inquinanti eterni

Pfas, tutto il mondo parla della sentenza del Veneto

Dalla Francia al Giappone, i media stranieri hanno parlato della storica sentenza del tribunale di Vicenza sull’inquinamento dell’acqua da sostanze poli- e perfluoroalchiliche. Le condanne dei manager responsabili della contaminazione affermano il principio che chi inquina paga. Intanto, negli Stati Uniti di Donald Trump, l’Agenzia per l’ambiente fa marcia indietro nella lotta ai Pfas

di Elisa Cozzarini

Ha fatto il giro del mondo la notizia della sentenza della Corte d’assise di Vicenza sull’inquinamento da Pfas dell’acqua potabile. La condanna a 141 anni di prigione e milioni di euro di risarcimenti da pagare per 11 manager che si sono avvicendati alla guida dello stabilimento chimico ex Miteni di Trissino ha avuto ampia risonanza in Francia. Ne hanno parlato Le Monde, la tv pubblica France Télévisions, che ha raccontato il coinvolgimento e il ruolo fondamentale delle parti civili, soprattutto le Mamme no Pfas, nel processo, e la rete internazionale anche in lingua inglese France 24.

La condanna dei manager giapponesi

Il più importante quotidiano giapponese, l’Asahi Shimbun si è focalizzato sulle pesanti condanne di tre connazionali (16 anni per due manager e 11 anni per il terzo) ai vertici della multinazionale nipponica Mitsubishi, proprietaria di Miteni dal 1988 al 2009. «Nessuno degli imputati giapponesi si è presentato in tribunale ed è improbabile che i tre, giudicati colpevoli, vengano incarcerati immediatamente», si legge.

E, ancora, la notizia è rimbalzata anche su Bloomberg, media company con sede a New York.

Marcia indietro negli Usa

Intanto, mentre la sentenza del tribunale di Vicenza afferma il principio che chi inquina paga, negli Stati Uniti Lee Zeldin, il numero uno dell’Epa, l’agenzia governativa per la protezione dell’ambiente, sembra fare marcia indietro nella lotta agli “inquinanti eterni”. «I Pfas saranno in cima alle mie priorità», aveva dichiarato il senatore repubblicano appena nominato da Donald Trump. (Lo abbiamo raccontato qui: https://www.vita.it/sorpresa-pfas-priorita-per-il-nuovo-direttore-dellagenzia-usa-per-lambiente/). Invece un’inchiesta della piattaforma non profit americana ProPublica rivela il progressivo disimpegno dell’amministrazione americana per garantire acqua pulita e libera da Pfas. Eppure le misure portate avanti da Joe Biden erano state pianificate durante il primo mandato di Donald Trump, che anche in questo caso rinnega sé stesso.

L’Epa ha prorogato l’entrata in vigore dei limiti per la presenza di queste sostanze chimiche nell’acqua potabile e ha cancellato oltre 15 milioni di dollari destinati alla ricerca. Per Pfoa e Pfos, dichiarate cancerogene dallo Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, la soglia di 4 nanogrammi per litro, tecnicamente zero, stabilita dalla legge Usa passata sotto l’amministrazione Biden, dovrà essere rispettata solo dal 2031. Per le altre molecole, tra cui il GenX, probabilmente il limite di 10 nanogrammi per litro verrà rivisto. Il colosso della chimica Chemours, che ha fatto ricorso in tribunale contro la normativa, ha affermato che l’Epa, durante la presidenza Biden, aveva usato «un metodo scientifico inesatto e procedure non conformi», per il GenX nello specifico.

L’inchiesta evidenzia che i tagli dell’Epa alla ricerca comprometteranno la capacità dell’Agenzia di individuare e continuare a studiare questi inquinanti emergenti. In una email a ProPublica, l’Epa ha dichiarato che l’approccio consiste nel dare più tempo ai gestori del servizio idrico integrato per ridurre la presenza di Pfas piuttosto che «dare sanzioni e raccogliere multe che non vanno a beneficio della salute pubblica». Chi inquina, quindi, può continuare a farlo.

La foto in apertura è delle Mamme no Pfas

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