Giovani
Poesia e coraggio: l’educazione secondo Francesco
L'uscita numero 81 di "Dire, fare, baciare" ha raccontato l'esperienza di Scholas Occorruntes, la fondazione voluta da Bergoglio per creare nuove forme di educazione, dove scuola, istituzioni e associazioni collaborano. Martin Scorsese ha appena annunciato che ci farà un documentario, Aldeas - A New Story. Tutto parte da un'intuizione: «Ascoltare il cuore dei giovani». Il racconto di Maria Paz Jurado, direttrice di Scholas Occorruntes in Italia

Il giorno dei funerali di papa Francesco, quando a dispetto del divieto qualcuno in piazza ha osato tirar fuori uno striscione, ce n’era anche uno di Scholas Occorruntes. La conoscono in pochi, ma è uno dei semi di Francesco. Giuridicamente è una fondazione di diritto pontificio ed è stata proprio una delle prime cose che Bergoglio ha fatto dopo essere diventato Papa: la data di istituzione della Fondazione è infatti il 13 agosto 2013. Dal 2017 ha sede a Roma a Palazzo San Callisto. Scholas ha già coinvolto 2,5 milioni di ragazzi nel mondo, in 70 Paesi, comprende 446mila scuole e reti educative, sia laiche sia religiose, di tutte le confessioni, sia pubbliche che private. A loro non piace la parola eredità, preferiscono parlare di dono. D’altronde il papa ha usato proprio quella parola, rispondendo a chi chiedeva “per chi è Scholas?”: «È per tutti, Scholas è un dono per tutti i giovani del mondo».
Mercoledì Martin Scorsese ha annunciato di aver prodotto un documentario su Scholas Occorruntes, che includerà anche delle inedite conversazioni con Papa Francesco: si chiamerà Aldeas – A New Story.
Poesia e coraggio
Maria Paz Jurado è la direttrice di Scholas Occorruntes in Italia e siede nel board dell’organizzazione a livello internazionale. In latino, il nome significa “scuole per l’incontro” e l’idea – spiega Jurado – è quella di «camminare insieme», «creando una nuova forma di educazione in cui l’educazione non sia chiusa nelle scuole, ma aperta alla comunità, lavorando insieme: dentro l’orario scolastico ma integrando la diversità dei soggetti, in una forma di cittadinanza attiva», spiega. «La miglior definizione di Scholas, però, è quella di Francesco: poesia e coraggio».
Non è una vera definizione, ammette Maria Paz, «sono solo due parole, ma dicono tutto ciò che siamo. Poesia significa cercare e trovare la bellezza di ogni cosa, la sua unicità. In questo senso l’educazione è poesia e Jorge era un poeta, perché per lui ciascuno era unico. Anche se aveva davanti 200 persone, sapeva guardare ciascuno negli occhi. Sapeva vedere l’unicità di ogni persona e sapeva far sentire a ciascuno la sua unicità. Per questo ha trasformato tantissime vite, anche senza bisogno di fare lunghi discorsi».
Poesia significa cercare e trovare la bellezza di ogni cosa, la sua unicità. In questo senso l’educazione è poesia e Jorge era un poeta, perché per lui ciascuno era unico. Anche se aveva davanti 200 persone, sapeva guardare ciascuno negli occhi
Maria Paz Jurado, direttrice di Scholas Occorruntes in Italia
Ed ecco il coraggio. Quello di lasciarsi plasmare e guidare dalla propria unicità. Perché – sottolinea Maria Paz – «a quel punto ci vuole il coraggio di non tenersi i propri doni per sé, ma di metterli al servizio degli altri. Esprimere ciò che di bello hai dentro. E farlo non nella logica di competere con altri, ma in quella del dono per gli altri, del servizio».

Le radici
L’esperienza che sta alle radici di Scholas Occorruntes Bergoglio l’è portata a Roma «dalla fine del mondo». Tutto infatti è nato in Argentina quando lui era vescovo di Buenos Aires. «Il Paese era profondamente segnato dalla grandissima crisi economica, sociale, culturale e politica vissuta nel 2001, c’era una grande povertà e Jorge ha avuto questa intuizione: l’unico modo per metter fine alla crisi era ascoltare il cuore dei giovani», racconta Maria Paz. Bergoglio «ha messo insieme un gruppo di adolescenti di 15-16 anni, non solo cattolici, e ha chiesto quali fossero i loro bisogni e le loro priorità. Quei ragazzi hanno indicato come primo nodo problematico quello del sistema educativo e pian piano, con il sostegno di Bergoglio, hanno iniziato a coinvolgere istituzioni e associazioni e hanno scritto una nuova legge dell’eduzione della città di Buenos Aires, poi nota come “Legge Buenos Aires Città Educativa”: la prima creata al 100% dai giovani».
La pelota de trapo
A marzo 2013, pochissimi giorni dopo l’elezione, Bergoglio aveva già chiamato accanto a sé José Maria del Corral, il pedagogista e amico che dieci anni prima aveva accompagnato i primi passi dell’esperienza argentina: oggi è il direttore mondiale di Scholas Occurrentes. Nelle foto, spesso, quell’uomo indossa un grembiule bianco: «In Argentina è il simbolo dell’educazione pubblica», spiega Maria Paz. La convinzione di Bergoglio era che «il mancato ascolto dei giovani e la mancanza di senso nell’educazione non fossero problemi argentini, ma di tutto il mondo, a livello globale. Scholas Occorruntes è nata così». Il lancio della Fondazione fu fatto con una partita di calcio che portò in campo, fra gli altri, Messi e Buffon: non a caso il simbolo della Fondazione è una “Pelota de Trapo”, ossia una palla di pezza.

Una scuola di surf e di filosofia
Quella che Bergoglio affida a Scholas suona davvero come una missione: «Ha detto “andate e fate un po’ di prove difficili”», sorride Maria Paz, che è stata chiamata a Roma nel 2015. «Lo abbiamo fatto. Abbiamo messo insieme i giovani di Israele e Palestina e solo tre mesi fa, in una delle ultime udienze, Francesco ha incontrato il nuovo gruppo di studenti israeliani e palestinesi che stanno lavorando per creare spazi di incontro. Siamo stati in Mozambico dove dieci anni fa abbiamo aperto una scuola di surf e filosofia, perché Scholas ha tre pilastri, l’arte, lo sport e la tecnologia». Strana abbinata, surf e filosofia, dico a mezza voce. Maria Paz ride di nuovo: «Siamo stati lì e abbiamo visto che gli unici che si godevano la spiaggia erano i turisti, mentre i ragazzi locali non sapevano neanche nuotare e andavano in spiaggia solo per essere sfruttati. Abbiamo aperto una scuola gli abbiamo insegnato a nuotare e surfare, sono diventati istruttori e si sono riappropriati di quella spiaggia. Filosofia perché è il filo che ti permette di unisce tutti gli insegnamenti e i valori, compresi quelli dello sport. Quella scuola adesso è gestita dai primi giovani che hanno partecipato al progetto».

In Italia, Scholas Occorruntes ha anche la sede internazionale. Da Roma passano tutti gli educatori in formazione, provenienti da tantissimi Paesi. «Saranno 1.300 ormai», annota Maria Paz. I progetti, anche nel nostro Paese, sono molti, «soprattutto nel Sud Italia: Napoli, la Sicilia, Porto Torres per esempio. Siamo molto presenti negli istituti penali minorili, a Nisida per esempio con la Figc stiamo formando i ragazzi per diventare “aiutanti allenatori” e con l’Accademia di Belle Arti stiamo dipingendo una sala destinata alla meditazione, che i ragazzi già chiamano “la Cappella Sistina dei giovani”.
Quel papà venuto a dire grazie
Rispetto al mandato e all’intuizione, chiedo a Maria Paz, qual è oggi il bilancio e qual è l’eredità da portare avanti? «Io per prima ho visto la mia vita capovolta da Scholas. Per questo posso dire che il bilancio è positivo. Quello che vedo è che continua ad esserci un grandissimo bisogno di ascolto da parte dei ragazzi, ogni giorno di più. Se un tempo, con una distanza di 5 anni si apparteneva alla stessa generazioni, oggi cinque anni sono un abisso. Oggi i ragazzi si sentono soli, non capiti, non ascoltati. Dobbiamo continuare questo lavoro, papa Francesco è stato pioniere nell’identificare questo bisogno di ascolto da parte degli adolescenti quanto non se ne parlava, adesso dobbiamo continuare a farlo».

Chiedo a Maria Paz come Scholas Occorruntes ha cambiato la sua di vita. E no, non è solo questione del trasferimento in Italia. «Io in Argentina ho sempre lavorato nel mondo dell’educazione, sia nel sistema pubblico, sia con le organizzazioni non profit. Avevo seguito diversi progetti e pensavo di aver visto tante cose. Ma una volta sono andata in Paraguay con Scholas, per fare la valutazione di un progetto insieme alle famiglie dei ragazzi che avevano partecipato. Dopo quattro ore ha preso parola un uomo, che era stato in silenzio, appartato, lì con la sua tuta da lavoro. Disse: “Scusate, io ho perso il mio giorno di lavoro oggi, ma volevo essere qua perché volevo sentire. Io non so cosa fate, ma so che mio figlio adesso è un altro e volevo dirvi grazie”. Questo padre che ha rinunciato a portare in tavola qualcosa per la sua famiglia, per venire a ringraziare… è una cosa che io non avevo visto mai. Lì ho capito che c’era qualcosa di diverso in Scholas, che non avevo mai incontrato prima».

Gli abbonati e le abbonate a VITA hanno ricevuto questo racconto in newsletter martedì 29 aprile. Si tratta dell’uscita n. 81 di “Dire, fare, baciare”, la newsletter dedicata all’educazione, alla famiglia, alla scuola che firmo ogni martedì. Qui puoi leggere l’intera newsletter: si parla anche dello studio di Tommaso Agasisti su come usare modelli statistici per individuare fin dalla primaria gli alunni che rischiano di non raggiungere la soglia minima di competenze alla fine della scuola secondaria di I grado; delle call aperte da Fondazione CRC e Fondazione Cariverona per coinvolgere giovani di 18-25 anni nella stesura dei loro nuovi piani strategici; del ruolo degli assistenti sociali nell’attuazione della riforma della disabilità, secondo Erika Tognaccini.
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