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Statistiche

Poveri assoluti, aumentano minori e working poor

Secondo le stime preliminari dell’Istat, nel 2023 sono in povertà assoluta 5,7 milioni di individui, con un aumento di 136mila persone al Nord. Walter Nanni, Caritas: «La crescita dei “working poor” è confermata dalle presenze nei nostri centri». Emiliano Manfredonia, Acli: «Sono necessari uno strumento universalistico e misure per contrastare il lavoro povero»

di Ilaria Dioguardi

L’8,5% del totale delle famiglie residenti (erano l’8,3% nel 2022), sono povere, corrispondono a circa 5,7 milioni di individui (9,8%, stabile rispetto al 9,7% del 2022). Resta invariata l’intensità della povertà assoluta a livello nazionale (18,2%). In aumento i poveri individuali al Nord e i working poor, i lavoratori poveri. L’incidenza di povertà assoluta individuale per i minori è pari al 14%, il valore più alto della serie storica dal 2014. Sono alcuni dati che emergono dalle stime preliminari dell’Istat per il 2023.

Al Nord il 9% sono poveri individuali

«Abbiamo evidenziato degli aspetti critici nei dati delle stime dell’Istat», dice Walter Nanni, responsabile dell’ufficio Studi di Caritas Italiana. «Il Mezzogiorno continua a far registrare i dati più elevati di tutte le altre ripartizioni, sia per quanto riguarda le famiglie (10,3 %), sia a livello individuale (12,1 %). Persiste la forte criticità di questa zona del Paese, dove sono diminuite leggermente le persone povere a livello individuale, mentre nel Nord Italia sono aumentate, sono 136mila i poveri in più rispetto al 2022: come se un’intera città di provincia diventasse improvvisamente povera». Nel Nord, l’incidenza della povertà assoluta a livello familiare è sostanzialmente stabile (8,0%), mentre si osserva una crescita dell’incidenza individuale (9,0%, dall’8,5% del 2022).

Crescono dello 0,8% i working poor

Dai dati emerge un peggioramento della condizione dei working poor, i lavoratori poveri. «La povertà assoluta nelle famiglie con persona di riferimento occupata è stabile all’8,2%, quello che aumenta di più è l’incidenza della povertà tra le famiglie in cui un lavoratore è dipendente», che raggiunge il 9,1%, dall’8,3% del 2022, e riguarda oltre 944mila famiglie. «Ricordiamo sempre, comunque, che la povertà è più forte tra coloro che sono in cerca di occupazione», continua Nanni. «L’aumento dei working poor è confermato dal fatto che sono una categoria molto presente nei centri Caritas». Nel 2022, nei soli centri di ascolto e servizi informatizzati gestiti dalla Caritas (complessivamente 2.855), le persone incontrate e supportate sono state 255.957; nell’insieme i centri di ascolto e i servizi Caritas hanno supportato l’11,7% delle famiglie in povertà assoluta, l’1% delle famiglie residenti.

In aumento i poveri tra i minori e gli stranieri

Nelle stime Istat si conferma un forte disagio tra i minori, sono in povertà il 12% delle famiglie con almeno un minorenne. «Questa percentuale è il doppio delle famiglie in povertà con anziani: grazie al sistema pensionistico e a una serie di interventi di prevenzione, tra gli over 65 la povertà è al 6,2%. La presenza di figli under 18 continua a essere un forte fattore di criticità per la povertà», prosegue Nanni. Nel 2023, l’incidenza di povertà assoluta individuale per i minori è pari al 14%, il valore più alto della serie storica dal 2014; i minori che appartengono a famiglie in povertà assoluta, nel 2023, sono pari a 1,3 milioni.
«Gli stranieri, tra tutti i gruppi sociali, si caratterizzano per la più alta incidenza di povertà in senso assoluto, quasi il 36% delle famiglie composte da soli stranieri (in quelle italiane è sei volte di meno)».

Incapacità a risparmiare

«Il tasso di risparmio lordo delle famiglie è bassissimo, al 6-7%, sul totale del reddito disponibile, questo è dovuto essenzialmente all’andamento dei prezzi che è aumentato e ha indebolito le famiglie non disagiate e soprattutto quelle disagiate. Diminuendo il risparmio, alcune voci di spesa sono aumentate tantissimo, ad esempio per quanto riguarda la salute, in tre anni, si registrano aumenti consistenti, soprattutto al Centro-Sud». Nanni fa riferimento ai circa 135,28 euro spesi mensilmente dalle famiglie del Centro Italia (nel 2021 erano 106,04), e ai 99,40 euro circa spesi al Sud (nel 2021 erano 90,19 euro). «Questi dati evidenziano un’incapacità degli italiani a risparmiare, rispetto alla situazione pre-pandemia, è un fattore di rischio molto concreto in caso di emergenze. Lo sa bene la Caritas: basta un evento, un’operazione, una situazione imprevedibile e le persone rischiano il tracollo economico». 


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L’inefficacia delle risposte dello Stato

«Il 56% di chi viveva in povertà assoluta, nel 2022, non riceveva il Reddito di cittadinanza. Con il passaggio al nuovo Assegno di inclusione, che ha requisiti ancora più stringenti, c’è il rischio di una ancora maggiore inefficacia. Nel corso del 2024 valuteremo anche quest’aspetto, soprattutto tra coloro che si rivolgono ai centri Caritas», conclude Nanni.
«Due milioni e 234mila famiglie in povertà per un totale di 5,7 milioni di persone non sono dei numeri accettabili», dice il presidente nazionale delle Acli, Associazioni Cristiane Lavoratori Italiane, Emiliano Manfredonia, commentando le stime preliminari sulla povertà assoluta per l’anno 2023 diffuse dall’Istat. «La situazione è davvero molto grave e chiediamo al Governo di intervenire urgentemente con una seria politica di contrasto alla povertà. Finora la direzione sembra quella opposta: le due misure pensate per sostituire il Reddito di cittadinanza sono un sostanziale fallimento», continua Manfredonia. «Assegno di inclusione e supporto alla formazione e lavoro, dai pochi dati forniti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, raggiungono rispettivamente 550mila persone (contro oltre un milione e 200mila del Reddito di cittadinanza) e solo 24mila percettori della misura che dovrebbe accompagnare persone in età compresa tra 18 e 60 anni, alla formazione e al lavoro».

«Uno strumento universalistico e misure a contrasto del lavoro povero»

«Per quanto tempo il Governo resterà sordo e muto davanti a una situazione che già oggi pregiudica la vita di milioni di adulti e quella di 1, 3 milioni di minori? Per evitare che la situazione precipiti bisogna ripensare uno strumento di contrasto alla povertà, universalistico e con criteri di accesso diversi da quelli introdotti dalla riforma, per poter coprire almeno una parte di quei poveri che continuano ad aumentare», prosegue Manfredonia.
«E poi non ci si può più girare dall’altra parte: il lavoro povero è una piaga del nostro tempo, bisogna contrastarlo in tutti i modi, investendo sulla formazione sì, ma accompagnandola con la lotta ai contratti pirata, alle finte partita iva e a tutte quelle forme di sfruttamento a cui, purtroppo, ci stiamo abituando».

Foto di apertura di Jonathan Kho su Unsplash


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