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Quelli che si mettono in mezzo nella guerra mondiale a pezzi

Il servizio di copertina del numero di VITA magazine di febbraio è dedicato a “quelli che si mettono in mezzo”. Ovvero a coloro i quali cercano di costruire ponti dal basso rispetto alle parti in conflitto. Un lavoro quasi impossibile oggi in un mondo devastato da 50 guerre che in un solo anno hanno provocato quasi 170mila morti. Eppure è grazie a questo instancabile impegno di tante persone e organizzazioni sociali che un barlume concreto di speranza è ancora possibile

di Stefano Arduini

Abbiamo voluto dedicare il servizio di copertina del numero di VITA magazine di febbraio, il giorno 24 saranno passati due anni dall’invasione russa in Ucraina, a “quelli che si mettono in mezzo”. Ovvero a coloro i quali cercano di costruire ponti dal basso rispetto alle parti in conflitto. Un lavoro quasi impossibile oggi in un mondo devastato da 50 guerre che in un solo anno hanno provocato quasi 170mila morti. Di fronte al fallimento della realpolitik della scuola di Niccolò Macchiavelli e Thomas Hobbes a cui di fatto si ispira la politica a livello internazionale, sono quelli che si mettono in mezzo ad offrire metodi e modelli pratici (il razionale come principio della legge morale) e pragmatici (il razionale come mezzo per raggiungere lo scopo) in grado di aprire uno spiraglio di futuro in un mondo dominato dalla guerra mondiale a pezzi tante volte evocata da papa Bergoglio. 

Chi sono, come si formano, come e in base a quali principi operano, che linguaggio usano i protagonisti e le organizzazioni votate all’ingerenza umanitaria? 

Un racconto che abbiamo scandito in tre capitoli. Nel primo Alessio Nisi con il supporto delle infografiche curate da Matteo Riva ci guida in un viaggio drammatico alla scoperta delle 50 guerre che stanno infiammando il mondo in questo momento: un percorso che parte dall’Ucraina e da Gaza, passa per l’Africa e l’America Latina e arriva in Myanmar con un reportage firmato da Francesca Lancini. 

Nel secondo capitolo, curato da Anna Spena, apriamo il racconto a dieci esperienze di ingerenza umanitaria in corso o concluse in modo positivo, grazie alla competenza di attivisti, cooperanti e operatori umanitari in grado di mediare per davvero fra le parti. 

In Medio oriente ci sono organizzazioni miste di arabi e israeliano che si stanno battendo assieme per chiedere l’immediato cessate il fuoco e l’apertura di veri negoziati. In Ucraina il Mean, (Movimento europea azione non violenta) non ha mai interrotto la sua iniziativa di dialogo con la popolazione vittima della guerra putiniana aprendosi alla relazione con la diaspora russa. E poi la Bosnia-Erzegovina, il Kosovo, la Siria, l’Afghanistan, Haiti, la Colombia, il Mozambico, il Sud Sudan. Il capitolo si chiude che un reportage dal borgo aretino di Rondine dove Sara De Carli ci svela i segreti della Cittadella della pace dove giovani provenienti da Stati in guerra fra loro, «imparano a dire noi». 

I costruttori di pace però hanno anche bisogno di parole, di condividere un vocabolario comune. Per questo nel capitolo 3 abbiamo chiesto a sei protagonisti della società civile di costruire un glossario dei pacificatori. Luigi Manconi ha scelto la parola “Equivicinanza”; Marianella Sclavi “Ascolto attivo”; Leonardo Becchetti “Economia di pace”, Paola Berbeglia “Cittadinanza globale”, Adolfo Ceretti “Giustizia riparativa”, Andrea Bocelli “Ottimismo della volontà”. 

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In apertura la corpetina del magazine disegnata da Maria Francesca Melis


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