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Riforma della non autosufficienza: si parta nel 2024 dando più risorse alle famiglie

Più risorse alle Rsa per garantire più minuti di assistenza al giorno, una domiciliarità a misura di anziano, risorse che arrivino fino a 1.200-1.500 euro al mese per anziano. Secondo il Patto per la non autosufficienza, l'attuazione della riforma (approvata esattamente sei mesi fa) deve partire da qui: in legge di bilancio per il 2024 servono 1,306 miliardi

di Sara De Carli

Sono passati sei mesi dall’approvazione della Legge Delega per l’assistenza agli anziani non autosufficienti. Sei mesi in cui non c’è stata traccia di quel dibattito pubblico che dovrebbe accompagnare l’avvio di una riforma così importante e così impattante, che coinvolge almeno 10 milioni di italiani: il tema non è diventato argomento “da bar” e questo è un male, perché un dibattito pubblico sarebbe necessario per far “conquistare” peso politico al tema, tradizionalmente relegato agli addetti ai lavori.

L’avvio di un percorso

Nulla sappiamo della direzione che stanno prendendo i Decreti Legislativi che dovranno essere approvati entro gennaio 2024, né di come si sta pensando di “dare corpo” ai temi che nella legge delega erano ancora solo accennati, a cominciare dalla nuova residenzialità. Ma non è solo questo, il tema è che il silenzio rischia di essere scambiato per disinteresse e questo, politicamente, pesa. Soprattutto quando si tratta di decidere dove mettere le (scarse) risorse disponibili e stabilire priorità: ossia di fare quello che la politica deve fare.

È quindi benvenuta la voce del Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza, che si leva per avanzare proposte (non semplicemente per chiedere risorse) in vista della prossima Legge di Bilancio, che sarà il banco di prova dell’intenzione del Governo di scommettere davvero sulla riforma. Se infatti da un lato le associazioni del Patto stanno lavorando ad alcune proposte per i decreti legislativi (i sette gruppi di lavoro produrranno un rapporto finale in autunno), c’è la necessità di iniziare a costruire nuove risposte nei territori già da oggi, partendo dagli aspetti della riforma che sono immediatamente applicabili.

Il 2024, con la sua Legge di Bilancio, dovrebbe segnare l’avvio di un patto di legislatura che porti gradualmente ma concretamente e fin da subito risposte nuove, più adeguate e più efficaci ai bisogni specifici degli anziani non autosufficienti e delle loro famiglie: per farlo, a regime ci vorranno tra i 5 e i 7 miliardi di euro aggiuntivi annui, ma nel 2024 si può incominciare – secondo le proposte e le stime del Patto per la non autosufficienza – con un incremento di 1,306 miliardi di euro. Ad oggi infatti, lo ricordiamo, per il fatto di essere nata in seno al Pnrr la riforma non ha una dotazione di risorse economiche (qui Cristiano Gori spiegava il perché).

Ecco una sintesi delle proposte sulle tre principali aree in cui è necessario intervenire: assistenza domiciliare, servizi residenziali e trasferimenti monetari (in allegato il documento del Patto, con sette paper tecnici).

Una domiciliarità a misura di anziano

Cosa fare subito. La riforma prevede l’attivazione di un’assistenza domiciliare specificamente progettata per la non autosufficienza, sinora assente in Italia: va avviata subito.
Per coprire i bisogni della non autosufficienza è necessario un mix di prestazioni sanitarie (mediche, infermieristiche, riabilitative, sociosanitarie) e socioassistenziali (per la vita quotidiana), attivabili in base alle diverse situazioni, con uno sguardo globale sulla vita dell’anziano. La riforma intende costruire questa nuova domiciliarità a partire da un’azione integrata tra Comuni e Asl. Il Pnrr invece prevede ampi investimenti sanitari, fino al 2025, per rafforzare ulteriormente il modello tradizionale di assistenza domiciliare, quello che esiste oggi: occorre prevedere che una parte di anziani riceva già una nuova tipologia di assistenza domiciliare, per evitare di consolidare eccessivamente il vecchio modello centrato sulla sanità, ostacolando di fatto la riforma.


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Più qualità nelle strutture residenziali

Cosa fare subito. Aumentare la qualità dell’assistenza per gli anziani che vivono in strutture residenziali, attraverso l’incremento dell’intensità assistenziale (il tempo dedicato ad ogni persona).
Il Patto propone l’introduzione di un contributo statale permanente di 11,25 euro per giornata di degenza per tutte le strutture operanti nella rete a titolarità pubblica. Tali risorse sono trasferite dallo Stato alle Regioni affinché incrementino l’intensità assistenziale nelle loro residenze. Ogni Regione usa tali risorse per incrementare i minuti di qualunque professionalità coinvolta (infermieri, OSS, fisioterapisti, medici e altre) nella residenzialità, sulla base della propria situazione: in questo modo si costruisce un obiettivo nazionale (maggiore intensità assistenziale) con una declinazione locale (quale intensità assistenziale). Negli anni successivi al 2024 il percorso si amplia, estendendosi anche agli standard strutturali (posti letto per camera, spazi comuni e così via).

Maggior sostegno ai costi della cura

Cosa fare subito. Alzare l’importo dei trasferimenti monetari per chi versa in condizioni più gravi e per chi li utilizza per ricevere servizi di qualità.
L’indennità di accompagnamento oggi ammonta a 527 euro mensili, uguali per tutti. La nuova prestazione universale per la non autosufficienza, che la sostituisce, resta sempre universale e sganciata dal reddito ma prevede invece che la cifra venga modulata in base all’intensità del bisogno assistenziale di ciascuno. L’importo attuale dell’accompagnamento resta la base della nuova prestazione universale, così che nessuno vada a perderci: si può invece salire, con l’utenza che viene suddivisa in quattro categorie – dal fabbisogno assistenziale minimo sino a quello più elevato – e quindi in quattro scaglioni di importo. È prevista una maggiorazione di almeno il 40% del beneficio mensile per coloro i quali decidono di impiegare la prestazione al fine di ricevere servizi di qualità, e non come contributo economico senza vincoli d’uso. La proposta del Patto in pratica è che chi sceglie di usare i soldi dello Stato per pagare servizi riceva 750, 850, 1.200 e 1.500 euro mensili a seconda della fascia di bisogno assistenziale, contro i 527 che oggi vanno a tutti. Poiché si tratta di un cambiamento importante e impattante, la proposta del Patto è che nel 2024, la nuova prestazione universale per la non autosufficienza vada solo ai nuovi richiedenti.

Le risorse

A conti fatti, dicono le associazioni del Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza, i finanziamenti necessari per avviare il Piano nel secondo semestre del 2024 (serve un tempo adeguato per preparare opportunamente il Piano ma anche per allinearlo con i Decreti Legislativi della Legge 33/2023, prvisti entro il gennaio 2024) ammontano a 1.306 milioni di euro per il 2024, che diventano 3.227 nel 2025 e 3.287 dal 2026. Gli stanziamenti per l’intero triennio – 7,820 miliardi – sarebbero da prevedere nell’imminente Legge di Bilancio, utilizzando congiuntamente risorse della sanità e del sociale. Nel 2024 e nel 2025, le risorse della sanità per la domiciliarità sono recuperabili dagli investimenti Pnrr.

Foto Avalon/Sintesi


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