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Diritto alla salute

Sanità, liste d’attesa fuori misura

Nuova indagine di Cittadinanzattiva presso 12 aziende sanitarie sparse in tutta Italia: situazione critica in Puglia e molti problemi in Liguria, Lazio e Campania. Meglio in Emilia, ma i dati sono poco chiari. La segretaria Mandorino: «Servono investimenti per tenere gli ambulatori più aperti e controlli sulle risorse già disponibili non utilizzate»

di Nicola Varcasia

I volontari di Cittaninanzaattiva in modilitazione permenente per il diritto alla salute

In certe zone d’Italia il diritto alla salute risulta ammaccato. I tempi d’attesa per alcune visite ed esami superano costantemente i limiti prescritti nelle ricette mediche. Inoltre, presso alcuni ospedali capita, stranamente, che il numero di visite a pagamento (intramoenia) sia superiore a quelle erogate in regime pubblico. Sia chiaro, non va tutto male. Affermarlo sarebbe un’esagerazione. Sta di fatto però che, nelle scorse settimane, Cittadinanzattiva, da alcuni mesi mobilitata su questo tema decisivo, ha realizzato un’indagine sui tempi d’attesa per sei diverse tipologie di visite specialistiche ed esami diagnostici in 12 grandi Aziende sanitarie locali – Asl di quattro Regioni. Le tipologie riguardano: visita cardiologica, ginecologica, pneumologica, oncologica, ecografia addominale e mammografia. I risultati suggeriscono interventi e aggiustamenti necessari.

Secondo l’indagine, la Puglia presenta dati molto negativi per il rispetto dei tempi di attesa previsti dal Piano nazionale di governo. Ad esempio, nella Asl di Lecce nessuna visita pneumologica con priorità D è garantita entro i 30 giorni previsti; nell’Asl di Bari soltanto il 9,38% delle visite ginecologiche con priorità B e il 14,39% delle ecografie complete all’addome sempre con priorità B, sono garantite entro i dieci giorni previsti. La situazione migliora leggermente nell’Asl di Taranto, dove i tempi di attesa vengono rispettati almeno nel 33% dei casi, ma anche qui si possono registrare picchi negativi. Ad esempio, per una visita pneumologica con priorità B, per la quale i tempi vengono rispettati solo nel 20,83% dei casi.

Anche in Liguria la situazione non è delle migliori, con una serie di picchi negativi molto importanti registrati nelle diverse ASL prese in esame: l’indagine di Cittadinanzattiva mostra che per una visita cardiologica, sempre con priorità D, cioè da svolgersi entro 30 giorni, nell’As Ligure 1 Imperia si registrano tempi di attesa pari a 159 giorni; per una mammografia con priorità P (da svolgere entro 120 giorni), nell’As Ligure 5 Spezzino si arriva addirittura ad attendere 253 giorni; per un’ecografia addominale completa con priorità D (entro 60 giorni), nell’AS Ligure 3 – Area metropolitana di Genova si registrano addirittura tempi di attesa pari a 270 giorni, quasi cinque volte superiori a quelli previsti dalla legge. 

La situazione in Emilia-Romagna è sicuramente migliore, anche se i dati disponibili sono soltanto aggregati e non distinti per codice di priorità, il che non permette di fare una analisi ben ponderata. Molte le situazioni positive riscontrabili nelle Asl prese in esame ma, anche in questo caso, la ricerca evidenzia il picco negativo per la visita pneumologica nell’Ausl di Reggio Emilia, dove le tempistiche vengono rispettate solo nel 39% dei casi, o nella Ausl di Bologna, dove i tempi di attesa per la visita cardiologica sono rispettati nel 57% dei casi.  

In alcune situazioni l’intramoenia, insieme al pronto soccorso, è diventata la principale porta di accesso dei cittadini al Servizio sanitario nazionale, rallentato da tempi di attesa troppo lunghi

— Anna Lisa Mandorino

Anche nel Lazio la situazione si presenta abbastanza positiva, con alcune criticità: per un’ecografia addominale completa con priorità B (da eseguire entro 10 gg), nell’Asl Roma 4 i tempi di attesa sono rispettati solo nel 18,2% dei casi; per una visita cardiologica con priorità D (entro 60 gg), nell’Asl di Viterbo si registrano tempi di attesa rispettati nel 47,2% dei casi. Situazione migliore nell’Asl Roma 1, dove si registrano comunque criticità per la visita pneumologica e l’ecografia addominale completa, entrambe con priorità P (entro 120 gg), dove i tempi sono rispettati nel 61,6% e nel 58,6% dei casi.

Sempre nelle scorse settimane, Cittadinanzattiva ha avviato anche una istanza di accesso civico presso le regioni per conoscere i dati relativi alle prestazioni sanitarie erogate in regime pubblico e in intramoenia (termine che si riferisce alle visite a pagamento erogate dentro le strutture pubbliche), e verificare gli eventuali provvedimenti messi in atto dalle amministrazioni laddove sia stato superato il limite previsto dal Piano nazionale di governo delle liste di attesa nel rapporto tra le due attività. Il resoconto puntuale dell’istanza sarà reso noto nelle prossime settimane. Particolarmente allarmante il quadro della Campania, dove la stessa Regione segnala che il numero di prestazioni erogate nel canale pubblico è inferiore, per tutti gli esami e le visite monitorate, a quelle erogate in intramoenia, e questo vale presso tutte le aziende ospedaliere. Ecco alcuni dati particolarmente negativi nel 2022: presso l’ospedale Cardarelli di Napoli sono state somministrate 1255 visite ortopediche in intramoenia e nel pubblico 112; presso l’ospedale dei Colli, sempre a Napoli, nessun eco addome è stato somministrato nel pubblico, ne sono stati fatti 111 in intramoenia; presso l’ospedale Moscati di Avellino sono state somministrate sette visite cardiologiche pubbliche e 979 in regime di intramoenia; al San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona a Salerno, effettuate 91 ecografie ostetriche nel canale pubblico e 329 in intramoenia.

«In alcune situazioni l’intramoenia, insieme al pronto soccorso, è diventata per paradosso la principale porta di accesso dei cittadini al Servizio sanitario nazionale, rallentato da tempi di attesa troppo lunghi. Siamo dunque di fronte ad un uso distorto di quella che dovrebbe essere una possibilità di scelta per il cittadino, e non una necessità. Mentre le liste d’attesa rimangono un’emergenza che va contrastata urgentemente per riaffermare il diritto dei cittadini alla salute pubblica», afferma Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva.

Come migliorare concretamente la situazione? «Attraverso un investimento sulle risorse umane e tecniche e un conseguente ampliamento degli orari di apertura al pubblico degli ambulatori, nonché attraverso la messa in rete delle agende dei Centri unici di prenotazione – Cup di tutte le strutture sanitarie pubbliche e private convenzionate, per favorire una migliore programmazione e trasparenza dei tempi di attesa. Non da ultimo bloccando, a livello regionale, le prestazioni in intramoenia laddove queste superino come numero quelle erogate nel canale pubblico, come previsto dallo stesso Piano nazionale di governo delle liste di attesa», precisa Mandorino, che apre anche il tema delle risorse non utilizzate, ricordando che ancora un terzo dei 500 milioni di euro messi a disposizione dal livello centrale per il recupero delle prestazioni non erogate a causa della pandemia, non sono stati impiegati dalle regioni: «Si tratta di circa 165 milioni che rischiano di andare sprecati. Gli ultimi monitoraggi pubblici ci dicono che il Molise ha investito solo l’1,7% di quanto aveva a disposizione, circa 2,5 milioni; male anche la Sardegna (26%), la Sicilia (28%), la Calabria e la provincia di Bolzano (29%)».

Cittadinanzattiva nelle scorse settimane ha avviato una campagna di mobilitazione permanente dal titolo “Urgenza sanità” e una relativa petizione su Change.org per chiedere il superamento delle liste di attesa. L’indagine sintetizzata in questo articolo è disponibile sul sito dell’associazione.


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