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Scissione degli enti non profit: cosa non deve mancare

Come per le società, la scissione può essere totale, se l’ente si estingue e il suo patrimonio è assegnato interamente ad altri soggetti oppure parziale, quando l’ente conserva parte del patrimonio. Si tratta di una procedura complessa con alcuni elementi essenziali. Vediamoli nel focus curato dagli esperti di "Milano Notai"

di Monica De Paoli e Maddalena Tagliabue

Tra le operazioni straordinarie previste dall’articolo 42 bis del codice civile, introdotto con la Riforma del Terzo settore, c’è anche la scissione, che consiste nel trasferimento di tutto o parte del patrimonio di un’associazione, riconosciuta o non riconosciuta o di una fondazione ad uno o più soggetti senza scopo di lucro, preesistenti o di nuova costituzione. L’articolo 42 bis prevede infatti che associazioni e fondazioni (siano o meno iscritte al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore), se non espressamente escluso dall’atto costitutivo o dallo statuto, possono intraprendere operazioni di scissione alle quali si applicano le disposizioni previste dal codice civile per le società, nei limiti della compatibilità. Il riferimento è alla Sezione III del Capo X, Titolo V, Libro V, e cioè agli articoli da 2506 a 2506-quater inclusi. Il giudizio di compatibilità, particolarmente complesso, è totalmente rimesso all’interprete.

Come per le società, la scissione può essere totale, se l’ente si estingue e il suo patrimonio è assegnato interamente ad altri soggetti oppure parziale, quando l’ente conserva parte del patrimonio. Per gli enti del libro V del codice civile, inoltre, è stato recentemente introdotto l’istituto della scissione con scorporo (art. 2506.1 c.c.), attraverso la quale una società assegna parte del proprio patrimonio a una o più società di nuova costituzione e a sé stessa le relative azioni o quote, continuando la propria attività. Se in astratto anche la scissione mediante scorporo è applicabile a tutte le categorie di enti non lucrativi (associazioni riconosciute e non riconosciute e fondazioni, abbiano o meno la qualifica di Ente del Terzo settore), l’applicazione concreta è molto limitata. 

Tornando alla scissione in generale, le motivazioni sottese a questo tipo di operazione possono essere di diverso tipo e possono cumularsi tra loro:

1. ragioni di natura organizzativa, strategica e patrimoniale, come l’eccessiva complessità della struttura, il moltiplicarsi delle attività, il sorgere di esigenze di riorganizzazione dovute ad una modifica normativa o ad un mutato contesto socio-economico, la necessità od opportunità di valorizzazione un singolo bene e via dicendo;

2. ragioni legate a rapporti tra associati o membri di una fondazione che possono sfociare in disaccordi tali da compromettere la governance dell’organizzazione.

In ogni caso, occorre prestare particolare attenzione alla salvaguardia delle finalità originarie dell’ente che si scinde, in particolare nel caso delle fondazioni che per definizione rappresentano un patrimonio destinato ad uno scopo tendenzialmente non modificabile. Più in generale, come sappiamo, gli enti del Libro I non possono perseguire scopo di lucro soggettivo; la finalità non lucrativa deve quindi essere presente oltre che nella fondazione o associazione scissa anche negli enti beneficiari. Questo non esclude che alla scissione si accompagni una modifica della struttura e quindi dello statuto dell’ente scindendo.

La stessa operazione di scissione è considerata una modifica statutaria e come tale richiede i relativi quorum costitutivi e deliberativi.

La procedura è complessa e articolata ma possiamo individuare i seguenti elementi essenziali della scissione:

  1. Progetto di scissione.  

È il documento preliminare e formale che costituisce la base tecnico-giuridica dell’operazione e che deve indicare:

– la tipologia e le finalità della scissione

– il riferimento alla normativa applicabile 

– la descrizione degli enti coinvolti (scindendo e beneficiario) 

– una situazione patrimoniale aggiornata per identificare il patrimonio da conferire al beneficiario. Ricordiamo che per gli Enti del Terzo Settore il patrimonio assegnato non potrà essere inferiore alle soglie indicate per le fondazioni e le associazioni riconosciute dall’articolo 22del  D.lgs. 117/2017 (rispettivamente 30.000 e 15.000 euro); allo stesso tempo se l’ente che si scinde è iscritto nel RUNTS o in uno dei registri delle persone giuridiche tenuto dalle Regioni e dalle Prefetture il patrimonio non potrà scendere al di sotto della rispettiva “soglia minima” disposta dal Codice del Terzo Settore o dalla prassi dell’autorità che detiene il registro;

– lo statuto degli enti risultanti dalla scissione

– l’indicazione degli atti formali necessari, incluse eventuali autorizzazioni (si pensi, ad esempio, alle associazioni e fondazioni che hanno acquisito la qualifica di Impresa Sociale ai sensi e per gli effetti del D. Lgs. 112/2017)

– la decorrenza degli effetti della scissione

– gli altri elementi richiesti dalla legge.

  1. Delibera dell’organo competente dell’ente scindendo (assemblea dei soci o consiglio di amministrazione) che approva il progetto di scissione con i relativi allegati e delibera dell’ente beneficiario se già esistente.
  2. Adempimenti pubblicitari

Per espressa previsione dell’ultimo comma dell’articolo 42 bis del codice civile, gli atti relativi alle scissioni per i quali il libro V prevede l’iscrizione nel Registro delle Imprese sono iscritti nel Registro delle Persone Giuridiche ovvero, nel caso di enti del Terzo settore, nel Registro unico nazionale del Terzo settore.

  1. Atto pubblico di scissione.
  2. Iscrizione nel RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore) per gli Ets e nei registri delle persone giuridiche per gli altri enti riconosciuti.

Quelli sopra descritti sono, in estrema sintesi, gli elementi essenziali della scissione nelle sue diverse possibili configurazioni, come individuate dallo Studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 77-2020/I che distingue le seguenti fattispecie con relative criticità:

1) Scissione di associazione riconosciuta in associazione riconosciuta

Il Notariato ha messo in evidenza come l’operazione non comporta alcun mutamento della compagine associativa, nel senso che coloro che erano associati nell’ente scisso, lo sono anche nell’ente beneficiario della scissione.

2) Scissione di associazione in fondazione

Qualora si tratti di fondazione tradizionale e non di partecipazione, sprovvista quindi di organo assembleare e provvista solo di organi serventi, si determina per i soci della scissa la perdita della qualità di associato, inesistente nella fondazione.

Se invece la fondazione beneficiaria della scissione dovesse assumere la forma di fondazione di partecipazione, sarebbe possibile attribuire ai soci dell’associazione scissa la qualifica caratteristica di “partecipanti”, intendendosi come tali tutti coloro che hanno effettuato apporti in funzione del perseguimento delle finalità.

3) Scissione di fondazione in associazione

Come evidenziato dallo Studio del Notariato, questa è un’ipotesi residuale e di particolare complessità poiché non si saprebbe a quali soggetti attribuire la qualità di associati nell’ente beneficiario della scissione.

Possiamo considerare anche l’ipotesi di scissione di fondazione in fondazione evidenziando come la scissa acquisisca la qualifica di fondatore della beneficiaria, sia che quest’ultima sia una fondazione di partecipazione oppure tradizionale.

Si sottolinea, infine, che la scissione è considerata fiscalmente neutra anche per gli enti non commerciali.

Le autrici di questo approfondimento fanno parte dello studio Milano Notai, specializzato, fra l’altro, nella normativa su non profit e Terzo settore.