Quale sviluppo?
Sostenibilità, in Europa è ancora indietro tutta
Il Consiglio dell’Ue continua a smantellare le due direttive sulla diligenza dovuta e sulla rendicontazione. Ad esempio, la Cs3d viene rimandata al 2028 e applicata solo alle aziende con più di 5mila dipendenti. Sulla Csrd aggiunta la soglia dei 450 milioni di fatturato. Semplificare è doveroso, cancellare un rischio. Per quale competitività?

Il titolo è già tutto un programma: «Il Consiglio ha concordato formalmente la posizione sulla rendicontazione di sostenibilità e la due diligence per rafforzare la competitività dell’Ue». Al di là del linguaggio tecnico, è chiaro, se mai ci fossero ancora dubbi in merito, che le istituzioni europee partono da un presupposto molto semplice: per rafforzare la competitività del sistema Europa, e quindi delle imprese europee, occorre intervenire sulle regole della sostenibilità.
Rimandi e ribassi
Con questa premessa, si capisce meglio quello che sta accadendo con il decreto Omnibus quando, a partire dallo scorso febbraio, la triade europea composta da Commissione, Consiglio e Parlamento sta procedendo allo smantellamento delle regole queste stesse istituzioni europee avevano approvato in via definitiva nella scorsa legislatura. Ma, si sa, in politica, ad ogni livello, non c’è nulla di definitivo e così, complice una lettura unilaterale dei vari report e avvertimenti dei vari Mario Draghi, Enrico Letta, della cosiddetta dichiarazione di Budapest sulla semplificazionee e di una mutata sensibilità sul tema (com’è facile dare sempre la colpa a lupo cattivo) la discesa verso la deregolamentazione prosegue a rapide tappe.
Le tappe della discesa
La più recente è quella annunciata proprio dal Comitato dei rappresentanti del Consiglio dell’Ue – Coreper, in un comunicato che gli osservatori più attenti, come il professore danese Andreas Rasche, già conosciuto dai lettori di Produrre Bene, riassumono così: «Il Consiglio va molto più in là della Commissione in termini di riduzione dei regolamenti, in particolare la nuova soglia Csddd (o Cs3d) è un problema significativo».
Soglie alzate
L’ambito di applicazione della direttiva sulla diligenza sarà infatti riservato alle aziende da 5mila dipendenti e 1,5 miliardi di fatturato. Un’enormità, che va a ridurre drasticamente gli effetti di una normativa che nelle sue intenzioni voleva al contrario responsabilizzare tutte le filiere produttive sui temi del rispetto dei diritti umani. L’obiettivo dichiarato è che solo le aziende più grandi sono quelle più influenti nella catena del valore e dunque è giusto che gli obblighi ricadano solo su di loro.
Le analisi
Ancora Rasche analizza la questione ricordando come il mandato del Consiglio sposti l’attenzione da un approccio basato sull’entità a un approccio basato sul rischio. Si concentra, cioè, sui settori in cui è più probabile che si verifichino impatti negativi effettivi e potenziali: «Questo nuovo approccio basato sul rischio – spiega il professore – presenta molte limitazioni, ad esempio “gli obblighi vengono estesi solo in caso di informazioni oggettive e verificabili che suggeriscano impatti negativi al di là dei partner commerciali diretti».
E quindi?
Fuor di burocratese, questo sembra significare che la responsabilità ricada solo sui partner diretti ma che, se vi fosse notizia certa di violazioni, allora gli obblighi verrebbero estesi. Ma chi deve dare queste notizie? Le autorità? I giornali? I social? Al momento non è dato saperlo. Dulcis in fundo, il Consiglio propone anche di posticipare il termine di recepimento della Cs3d di un altro anno, al 26 luglio 2028.
Il diritto di rendicontare
Confermate le novità in arrivo anche sul fronte della Csrd, la direttiva sulla rendicontazione: la Commissione ha proposto di alzare la soglia dei dipendenti a 1.000 e di escludere le piccole e medie imprese quotate dal campo di applicazione della direttiva.

Per non essere da meno, il Consiglio ha poi aggiunto una soglia di fatturato netto di oltre 450 milioni di euro per «alleviare ulteriormente l’onere di rendicontazione per le imprese». Introdotta anche una clausola di revisione relativa a una possibile estensione del campo di applicazione, per garantire una disponibilità adeguata delle informazioni sulla sostenibilità aziendale.
Prossime tappe
La semplificazione, l’uniformità delle normative, la chiarezza degli ambiti di applicazione sono tutti aspetti positivi, però l’impressione è che si vada verso una rinuncia “concettuale” del perché serva integrare i principi della sostenibilità nel business. Il vero senso di questo cammino – che andava certamente semplificato – rischia di annacquarsi in nome di una mal intesa competitività. Le tappe dell’attuazione del decreto Omnibus ora prevedono l’avvio dei negoziati con il parlamento europeo. Non prima, però, che questi abbia a sua volta «adottato la propria posizione negoziale, con l’obiettivo di trovare un accordo su questo dossier». La partita è ancora lunga, ma gli scommettitori stanno giocando tutti al ribasso. Intanto l’incertezza delle aziende cresce, il che non è proprio una grande leva competitiva.
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In apertura, il Coreper in seduta, foto dall’ufficio stampa del Consiglio dell’Ue
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