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Autonomia differenziata

«Stanno dividendo l’Italia in due e privilegiando le regioni più ricche»

Il cantautore sardo Piero Marras non ha dubbi: questo Ddl «richiama a un concetto di non solidarietà, che va contro i principi della Costituzione». E ancora: «Come fanno le regioni del Sud a competere con Veneto e Lombardia?». Per Sardegna e Sicilia anche il limite dell'insularità che non viene riconosciuto

di Luigi Alfonso

«Stanno dividendo l’Italia, più di quanto non lo sia già per le storiche differenze tra Nord e Sud. Questo è il primo pensiero che mi viene in mente se parliamo di autonomia differenziata». Piero Marras è un cantautore sardo originario di Nuoro ma cagliaritano d’adozione ormai da decenni. La scorsa settimana, uno dei brani storici del suo vasto repertorio (“Quando Gigi Riva tornerà”) ha commosso decine di migliaia di persone al termine del funerale dell’ex attaccante del Cagliari e della Nazionale. Marras è sempre stato un uomo di cultura molto attento a ciò che gli accade attorno. E per una legislatura, dal 1989 al 1994 (con il suo vero nome, Pietro Salis), è stato consigliere regionale da indipendente nel Partito Sardo d’Azione.

«Stanno privilegiando, di fatto, alcune regioni del Nord: Veneto, Lombardia e, purtroppo, anche l’Emilia Romagna. È la dimostrazione di come la Lega sia ancora Lega Nord. D’altronde, l’ha proposta Calderoli, cioè colui che ha pensato il testo della legge elettorale vigente, quella conosciuta come Porcellum. Una che ha definito la propria legge una porcata, spero che si renda conto di ciò che ha fatto adesso. È evidente che qui si richiama a un concetto di non solidarietà, che va contro i principi della Costituzione. Esistono le regioni ricche e quelle povere. Una differenza che esiste da tempo, ma che questa legge va ad acuire».

Calderoli ha proposto un Ddl, ma se il testo è passato al Senato con 110 sì, significa che in tanti gli hanno dato il via libera. E non sono tutti leghisti.

Questo è vero, sembra una cosa condivisa. Ma si sa come funzionano questi meccanismi: c’è un patto sul premierato, imposto dalla Meloni. Se si vuole che la Lega lo appoggi, bisogna pur concederle qualcosa. La presidente Meloni, a mio avviso, ha dovuto chiudere un occhio su questo Ddl. È stato un voto di coalizione, tutto qui.

Il cantautore Piero Marras durante un concerto

Certamente. Ma molte regioni del Sud votano a destra, anche e soprattutto il partito della Meloni. La premier, in fondo, non rischia di perdere consenso proprio ora che è il partito di spicco nel centrodestra?

Non so se lei perderà consenso. Mi riesce però difficile comprendere la Meloni: come può un partito nazionalitario, come Fratelli d’Italia, dividere il Paese in questo modo? Se andiamo a leggere con attenzione i singoli articoli del Ddl, si capisce perfettamente che i Lep (Livelli essenziali delle prestazioni, cioè i servizi connessi ai diritti civili e sociali, ndr) saranno a rischio perché, in certe regioni, non potranno essere più assicurati. Questi livelli sono legati alla capacità di ogni Regione di introitare un certo quantitativo di tasse. Come fa la Sardegna a competere con la Lombardia o il Veneto? Se i criteri di equità sono questi, è chiaro che siamo tagliati fuori. In verità, ormai, dovremmo parlare di palese disequità.

Lei ha citato tre regioni: due sono amministrate dal centrodestra, una è notoriamente un feudo del centrosinistra. Significa che non è una questione ideologica ma di puro interesse territoriale. O no?

Esattamente. Questo è il concetto chiave. Mi meraviglio che Bonacini abbia fatto gli interessi della sua regione in questo modo. Va bene tutto, ma sino a un certo limite. A questo punto gli suggerisco di farsi un partito per conto suo. O sei in un partito nazionale, e devi perciò considerare un federalismo solidale al quale la sinistra dovrebbe tendere, oppure fai tutt’altro. Calderoli sta proponendo una cosa che si basa sulla spesa storica, cioè su una capacità fiscale per abitante che è tipica delle regioni del Nord. So bene che l’Emilia Romagna può gareggiare per il gettito fiscale con Lombardia e Veneto. La Sardegna o la Campania non ce la faranno mai, per i motivi che ben conosciamo.

Marras, la sua è dunque una bocciatura senza appello?

Questo provvedimento è fatto su misura per le Regioni a statuto ordinario. Quelle a statuto speciale si trovano nell’impasse. Se avessero considerato l’insularità, farei un ragionamento diverso. Invece l’emendamento proposto dall’opposizione è stato bocciato in Senato. Francamente, sono molto preoccupato per il prossimo futuro. Forse può salvarci soltanto un referendum popolare. Do infatti per scontato che questo Ddl passerà anche alla Camera: hanno i numeri per farlo. Poi vorrò vedere come reagiranno gli italiani, quando si renderanno conto dell’enorme sperequazione nei settori vitali, come la sanità.

Sono molto preoccupato per il prossimo futuro. Forse può salvarci soltanto un referendum popolare

Piero Marras, cantautore

Gli italiani sono poco informati su questa materia, probabilmente.

In pochi sapevano delle trattative che ci sono state con i governatori delle tre regioni da me citate. Lo abbiamo appreso a cose fatte. L’onorevole Bonacini ha trattato con loro, e questo mi lascia basito. Non dimentichiamoci che era il segretario in pectore del Pd.

Il poeta Franco Arminio, intervistato nelle scorse settimane da VITA, su questo argomento ha fatto riferimento a ciò che accadrà alle piccole aree interne, un po’ in tutte le regioni. E la Sardegna è fatta di piccoli e piccolissimi Comuni.

Non solo la Sardegna. I Comuni saranno esautorati completamente, non toccheranno palla. Sarà tutto in mano alle Regioni. Gli enti locali sono già alle prese con il dramma dello spopolamento, figurarsi che cosa accadrà quando leveranno loro i pochi mezzi che hanno per gestire un minimo dell’autonomia del territorio.

Sempre Arminio dice che è come se i paesi delle aree interne vivessero in un hospice, in attesa di morire. Si ritrova in questa definizione?

Non condivido la terminologia, ma il senso sì. Perché questa situazione la stiamo vivendo già adesso. Con questo provvedimento di legge potrà soltanto peggiorare. Il segnale che un paese sta morendo arriva quando inizia a svuotarsi. E perché accade questo? Perché non ci sono opportunità di lavoro e i ragazzi se ne vanno altrove. Se tu togli loro le scuole e altri servizi essenziali, perché dovrebbero restare e crescere lì? Perderemo una memoria storica importantissima. Se spariscono i piccoli paesi, cancelliamo un pezzo di storia del nostro popolo. Allargando il ragionamento, l’Italia sarebbe poca cosa se non ci fossero le Regioni. Questo Ddl produrrà uno sconquasso enorme. Ma confido nella voce del popolo, in seconda battuta.

Si sente un po’ più statalista di fronte a questo Ddl?

No, io rimango un autonomista convinto. La Sardegna, da decenni, ha competenze su tante materie: che le sappia gestire bene o male, visto ciò che è accaduto negli ultimi tempi alla sanità, è un altro discorso. Ma il Ddl Calderoli annacqua l’autonomia che ha una ragion d’essere, specialmente per un’isola. L’insularità ha un senso, perché è evidente che un sardo non può avere gli stessi benefici di un amico che vive a Bologna. E non penso soltanto alla continuità territoriale. La distanza e il mare portano a considerare la situazione in maniera differente rispetto a chi sta nella penisola. Il nostro statuto speciale ha un senso profondo, storico e culturale. Quando si punta all’omologazione, che sino a oggi è stata di lingua e di cultura, certe criticità aumentano. È come se tutte le regioni, specialmente quelle del Nord, avessero la nostra specificità. Anche Miglio pensava al federalismo, ma era una forma decisamente migliore rispetto a quella che insegue Salvini.

Anche il Partito Sardo d’Azione, negli ultimi anni, ha strizzato l’occhiolino alla Lega.

Non lo riconosco più come un partito sardo. È come la macelleria sarda che vende la carne importata dall’Olanda. È un po’ quello che accade quando rilevi un’attività commerciale: il nome è lo stesso ma fai tutt’altro. Hanno comprato un marchio. Punto. Il Partito Sardo di oggi è un ossìmoro. Anzi, un ossiMòro, se mi passate la battuta. Emilio Lussu e Mario Melis si stanno rivoltando nella tomba da un pezzo: di fronte ai loro insegnamenti, stiamo regredendo in maniera spaventosa.

Credits: foto di Cristian Mascia


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