“Bond Building for Teens”: gli addetti ai lavori li chiamano “percorsi di affiancamento relazionale per ragazzi con deprivazioni familiari”, nei fatti significa trovare affidanti o affiancanti per adolescenti temporaneamente fuori dalla loro famiglia di origine, che vivono in comunità. Il progetto “Bond Building for Teens” è attualmente in corso in nove territori dell’Italia centro-meridionale, è promosso da Progetto Famiglia e finanziato dal Dipartimento per le politiche della famiglia sul bando Educare Insieme. L’idea è di modellizzare e dare validità scientifica a un’esperienza in atto da una decina d’anni. Il progetto è stato presentato oggi in un convegno online. Marco Giordano, presidente di Progetto Famiglia, ci presenta l’intuizione e l’approccio metodologico.
Qual è il bisogno che avete rilevato e da cui siete partiti?
I bisogni sono due, che si incrociano nel medesimo tentativo di risposta. Da un lato è sempre più evidente che l'affidamento di adolescenti non è promuovibile in modo efficace e quantitativamente adeguato se rimaniamo nello schema classico. Di solito per promuovere l’affido si fa una campagna di sensibilizzazione, si raccolgono le disponibilità delle persone e delle famiglie, si fa la formazione, i colloqui… e alla fine si inseriscono i nominativi nella banca dati da cui attingi per valutare gli abbinamenti. A parte il fatto che in generale questo sistema è sempre meno efficiente perché ti chiede di investire risorse crescenti in comunicazione per raccogliere disponibilità sempre minori, ma soprattutto quello che accade è che alla fine, tra queste famiglie che hanno dato disponibilità, le disponibilità per gli affidamenti di adolescenti non le troviamo. E invece la maggior parte dei minori che hanno bisogno di una famiglia sono adolescenti: nelle comunità abbiamo 8mila ragazzi dagli 11 in su, più alcune migliaia tra i 18 e i 21 anni, più 6mila MSNA che sono tendenzialmente adolescenti. In generale si trae la conclusione che non ci sono famiglie disponibili all'affido di adolescenti. Forse invece – questa è la nostra scommessa – le famiglie in realtà ci sono, ma vanno cercate in modo diverso.
Quale?
Invertire l’ordine dei passaggi, cioè fare incontrare gli adolescenti bisognosi di accoglienza e gli adulti prima che questi abbiano esplicitato la loro disponibilità a fare l’affido. Detto così forse fa quasi inorridire un operatore sociale. Il punto però è che è l'incontro con questi ragazzi in carne ed ossa che suscita la disponibilità all’affido, non il contrario. Certo non mandiamo i ragazzi in giro con targhetta “sono un adolescente bisognoso di accoglienza in famiglia”. No. Si organizzano attività di socializzazione di base che mettono in relazione ragazzi con adulti positivi del territorio: allenatori, persone attive nel volontariato, genitori di compagni di classe… Le cose che tutte le comunità normalmente fanno, perché le comunità e le case famiglia vivono nel territorio. Una volta al mese ci si trova per una bella partita a calcetto o per impastare la pizza insieme, si coinvolgono i ragazzi della case famiglia e altri ragazzi del territorio. Una cosa normalissima, non è che la fai per trovare una famiglia. L’esperienza però negli anni ha dimostrato come molti affidatari di adolescenti si erano spontaneamente candidati dopo queste esperienze. Non serve nemmeno che siamo noi a fare la proposta. Quello che succede è che scattano simpatie, non automaticamente ma nemmeno artificiosamente: non scatterebbero però se il contesto non avesse creato l’occasione dell'incontro. E in più diciamocelo, un ragazzo di 15 anni deve scegliere lui l'adulto con cui vivere.
Il tema è quello di un avvicinamento graduale ma concreto, non astratto?
Se vogliamo promuovere l'affidamento dobbiamo passare per affiancamento graduale. È la via maestra. Progetto Famiglia ha diverse reti di gruppi locali di famiglie affidatarie e ogni volta che delle nuove persone si avvicinano, una delle proposte è proprio quella di rendersi disponibili ad azioni di volontariato con le comunità del territorio che hanno adolescenti e preadolescenti: lì dentro tante volte abbiamo visto fiorire legami e nascere affidamenti. Cosa accade? Che nascono delle simpatie, che vengono sostenute e accompagnate. Magari pian piano la simpatia diventa la possibilità di un coinvolgimento diretto: dalle attività gruppali si passerà a qualcosa di individuale, come portarlo al cinema e poi all’affiancamento su bisogni circoscritti, ad esempio accompagnarlo e riprenderlo all’allenamento. Diciamo che cominciamo a farlo per tre mesi. Sono affiancamenti esplorativi, non è detto che diventeranno affidi. Ma mettiamoli in situazione. Se le cose non evolvono va bene così, un adulto di riferimento in più non ha mai fatto male a nessuno. Se invece maturano le condizioni, l’affiancamento può diventare più continuativo e molto spesso se il ragazzo ha bisogno di un affido residenziale l’affiancatario si autocandirerà. Tutto questo percorso ovviamente è monitorato, fin dalla selezione degli adulti che partecipano alle famose partite di pallone.
L'affiancamento volano per l’affido ma anche risposta preziosa di per sé quindi?
Certo. Perché l’altro grande bisogno è che accanto agli adolescenti che nel loro percorso possono trarre beneficio ad andare in affido, ve ne sono molti altri per cui l’affido non è pensabile, per tante ragioni: perché il ragazzo non ci vuole andare, perché i suoi bisogni richiedono risposte specifiche… ma anche per loro un adulto in più è prezioso. Se a 16 anni stai in comunità è difficile che a 18 anni tornerai a casa, se non per ragioni meramente organizzative… E sappiamo quando i care leavers abbiano bisogno di un sostegno. Se questi adulti significativi siamo riusciti a farglieli conoscere a 14 o 15 anni… tanto di guadagnato per loro. In molte situazioni anche l'affiancamento è una risposta appropriata.
Questo è il “prima”. L'obiettivo del progetto ora qual è?
Abbiamo partecipato al bando Educare Insieme del Dipartimento delle Politiche per la Famiglia. Il progetto è una sperimentazione del modello in nove territori del Centro-Sud Italia: Roma Ovest, Roma Est, Frosinone, Isernia, Napoli, Salerno, Benevento, Bari e Catania. In alcuni territori siamo presenti come Progetto Famiglia, in altri lavoriamo con reti locali di famiglie affidatarie: il Borgo Ragazzi Don Bosco a Roma Est, Casa Betania e la cooperativa L’accoglienza a Roma Ovest, l'associazione Famiglia per tutti e la cooperativa Maieutica a Bari, l'associazione MetaCometa a Catania. Il progetto è partito ad agosto 2021 e durerà 12 mesi, in cui contiamo di far partire 80 affiancamenti d’intesa con le comunità. In questo momento ci sono un centinaio di adolescenti e preadolescenti che stanno partecipando alle attività mensili di socializzazione e abbiamo già una quindicina di affiancamenti esplorativi in corso. Su tutti i territori c’è in campo un lavoro di monitoraggio perché proprio questo lavoro di ricerca e monitoraggio ci confermerà o meno la bontà della strada. C’è anche un numero verde – 800661592 – per raccogliere disponibilità all’affiancamento anche al di là dei 9 territori coinvolti nel progetto: le raccogliamo e le orientiamo verso le reti di altri territori. L’auspicio è che nell’autunno 2022 si possano presentare i risultati di questo percorso.
Partecipa alla due giorni per i 30 anni di VITA
Cara lettrice, caro lettore: il 25 e 26 ottobre alla Fabbrica del Vapore di Milano, VITA festeggerà i suoi primi 30 anni con il titolo “E noi come vivremo?”. Un evento aperto a tutti, non per celebrare l’anniversario, ma per tracciare insieme a voi e ai tanti amici che parteciperanno nuovi futuri possibili.