Chiedere a un minore di mantenere un segreto, provvedere a gesti di cura della persona (come lavarsi e cambiarsi) che un minore potrebbe benissimo fare da solo/a; sviluppare un rapporto esclusivo con un singolo minore rispetto ad altri; fare regali a un minore discriminando il resto del gruppo; fotografare o video filmare un minore e/o diffondere via web o social network immagini di minori e/o chattare con essi senza che i genitori o tutori ne siano sempre informati e lo abbiano autorizzato; infliggere castighi fisici di qualunque tipo; parlare o comportarsi con un minore in modo offensivo, inappropriato o sessualmente provocatorio.
Sono solo alcuni dei comportamenti nei confronti di un minore che non possono più essere accettati, regole che i vescovi italiani chiedono di rispettare a formatori, educatori e operatori pastorali, ma anche a catechisti, allenatori, animatori del tempo libero e delle iniziative ludico-ricreative.
Prassi di prevenzione e tutela dei minori da seguire rispondendo a un passato che chiudeva gli occhi di fronte a tutte quelle situazioni ambigue capaci, nel caso sfuggano di mano, di trasformarsi in vero e proprio abuso.
Regole che dimostrano le intenzioni della Chiesa italiana nel capo della tutela dei minori vittime di abusi e dei vulnerabili più in generale, e che si rafforzano grazie al "Servizio nazionale per la tutela dei minori" che opera attraverso sedi regionali nelle 16 regioni ecclesiastiche.
Delegato della Conferenza Episcopale Siciliana per la Tutela dei Minori e delle Persone Vulnerabili nella diocesi di Mazara del Vallo è il suo vescovo, mons. Domenico Mogavero.
Monsignor Mogavero, le regole d’oro di cui ci parla la Cei ci dicono di una vera e propria presa di coscienza, un’esigenza che vuole cancellare le incertezze e le ambiguità del passato attraverso una nuova cultura della prevenzione che preveda accoglienza, ascolto e rispetto di tutti e di ciascuno…
Dimostra che la Chiesa italiana ha fatto delle scelte assecondando la decisione di Papa Francesco di dedicare attenzione, come sin qui non era stato, al problema delle persone abusate, comunque vulnerabili. Papa Francesco ha sollecitato la Chiesa italiana e le chiese locali a istituire appositi servizi che facessero formazione e promozione pastorale nei confronti di questa piaga e si rendessero disponibili per quelle iniziative di sostegno e accoglienza alle vittime, di aiuto alla denuncia, e questo sia in sede canonica sia in sede civile per tutti gli abusi subiti.
Concretamente cosa succede?
Il servizio ha un centro di ascolto al quale possono pervenire informazioni e richieste di chiarimenti, anche eventuali denunce iniziali per avviare una procedura di eventuale indagine previa da parte del vescovo al fine di appurare la fondatezza di ciò che viene detto. Se ci sono gli elementi per procedere, intanto lo si fa in via canonica per un accertamento e un processo formale con l’esito finale di condanna per l’eventuale colpevolezza. Nello stesso tempo si invitano le persone a intraprendere la via giudiziaria e civile per tutelarsi in quella sede perché noi non possiamo infliggere pene detentive e determinati provvedimenti che sono di competenza dello Stato.
Oggi, contrariamente a quanto succedeva nel passato, la preoccupazione ha determinato una maggiore l’attenzione alle vittime…
Pensiamo alla loro cura, a metterci dalla parte della vittima per comprenderne il dramma anche dopo anni. Siamo quell’istituzione che ha abolito la prescrizione perché, anche dopo 30 anni dal raggiungimento della maggiore età, c’è ancora la possibilità di denunciare l’abuso subito e, grazie a una dispensa particolare della Santa Sede, anche con tempi più lunghi. Quello che importa non è tanto il formalismo giuridico, ma la tutela e garanzia della persona che ha subito.
Parlavamo all'inizio di un cambio di passo della Chiesa. In che senso?
Il cambio di prospettiva è dimostrato dal fatto che oggi quello che interessa non è coprire o giustificare l'abusatore o il violentatore, ma aiutare la persona abusata a risollevarsi dalla sua situazione e risanare le ferite profonde dello spirito. Non a caso la lettera del Santo Padre Francesco al Popolo di Dio del 20 agosto 2018, dice che "Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme. Guardando al passato, non sarà mai abbastanza ciò che si fa per chiedere perdono e cercare di riparare il danno causato. Guardando al futuro, non sarà mai poco tutto ciò che si fa per dar vita a una cultura capace di evitare che tali situazioni non solo non si ripetano, ma non trovino spazio per essere coperte e perpetuarsi. Il dolore delle vittime e delle loro famiglie è anche il nostro dolore, perciò urge ribadire ancora una volta il nostro impegno per garantire la protezione dei minori e degli adulti in situazione di vulnerabilità”.
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