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Pmi e Agenda 2030

Dagli scout all’azienda: così sono diventata “pioniera della sostenibilità”

di Alessio Nisi

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Camila Buttà, di Vector, ha vinto il round italiano del concorso SDG Pioneer 2023 / Foto Ufficio stampa UNGCN ItaliaSDG Pioneer 2023

Camilla Buttà, 41 anni, è una manager. È l’anima delle scelte di sostenibilità, diversity e inclusion di Vector, l'azienda di famiglia che si occupa di trasporti internazionali di merci. È la finalista italiana (insieme a Davide Tassi di Enav) dell’Sdg Pioneer 2023, la competizione promossa dalle Nazioni Unite per individuare e premiare i manager più impegnati nell'attuazione dell’Agenda 2030. 

«Sono a tremila metri a Bormio, se vuole ci possiamo sentire più tardi». È questo il primo contatto con Camilla Buttà, la manager di Varese che ha appena vinto il round italiano (insieme a Davide Tassi di Enav) dell’Sdg Pioneer 2023, la competizione promossa dal Global Compact delle Nazioni Unite nata per individuare e premiare i manager maggiormente impegnati nell’avanzamento dell’Agenda 2030. In particolare, Camilla Buttà è stata premiata per il ruolo che ha svolto nella trasformazione sostenibile in Vector, l’azienda di famiglia (una Pmi), in cui è entrata attivamente nel 2013. Un impegno che ha permesso di «raggiungere», sottolinea (a valle), «obiettivi importanti, come la totale parità di genere, l’azzeramento del gender pay gap, la presenza in azienda di diverse etnie anche in ruoli manageriali, l’allargamento dei diritti fondamentali laddove la legge ancora non li garantisce, dati sul turnover molto più bassi di quelli di settore e nazionali, una maggiore attrattività per i talenti». 

Gli scout, i viaggi, i libri

Si diceva del primo contatto. «Appena rientrata dalla montagna tornerò a occuparmi della mia famiglia, del mio cane, del mio gatto e del mio lavoro con la stessa passione e impegno di sempre. E prenoterò i voli per partecipare all’ Un Global compact leader Summit di settembre a New York», è invece il suo saluto.  Dieci anni in azienda impegnata sul fronte dell’inclusione, un lavoro di relazione con le imprese (anche quelle grandi) per carpire spunti (e darne), un attivismo da role model, ma anche quello che c’è stato prima della sua attività di manager: gli scout, i viaggi, i libri. Ecco, il premio è un po’ un “punto a capo”, l’occasione giusta per tirare una prima, ovviamente sommaria, linea. 

Buttà, come ha reagito quando le hanno comunicato che aveva vinto il Sdg Pioneer 2023 per l’Italia?

È una sfida nuova, ma anche fonte di orgoglio e gratitudine.

Lei rappresenta la società anche in network che aiutano le aziende a realizzare le potenzialità di business legate a strategie inclusive come Parks, Valore D e appunto l’Un global compact?

Sì, questi tavoli per una Pmi italiana sono occasioni uniche che ci permettono di guardare cosa fanno le grandi aziende da vicino e farci ispirare dalle loro azioni per contribuire anche noi attivamente allo sviluppo sostenibile. Io partecipo molto a questi incontri che sono utilissimi per cogliere buone idee. Mi piacerebbe fare in modo che questi network, nati in prevalenza per le grandi aziende, riuscissero ad essere attrattivi e portare in board sempre più Pmi. 

Un consiglio alle Pmi che vogliono avviare un percorso virtuoso di sostenibilità.

In primo luogo, la sostenibilità non deve essere considerata una moda, ma va integrata in azienda, come strategia di crescita. Un altro tema sono i costi. Spesso mi chiedono “quanto costa investire sulla sostenibilità” e io rispondo sempre: quanto vi costa non farlo? Parlo di perdita di talenti,  di danni reputazionali, di poca attrattività, di mancata mitigazione dei rischi. Non solo. Essere sostenibili significa poter durare nel tempo e questo è un altro motivo per cui un buon imprenditore dovrebbe interessarsi al tema.

Sei anni nel non profit

Com’è nata ed è cresciuta la sua attenzione all’inclusione e alla sostenibilità?

Da piccola, ad Arona, ho scoperto la mia prima passione: lo scoutismo. Oltre che nella mia famiglia biologica è qui, nella famiglia scelta (quella degli scout), che trovo i miei valori: l’amore per la natura, l’attenzione per l’altro, la lealtà, l’impegno, la fiducia, la fratellanza e la sorellanza internazionale, l’altruismo.

Lei è laureata in Scienze turistiche con un master in Sviluppo sostenibile, ha lavorato per sei anni nel settore non profit, occupandosi di progetti di microcredito, turismo responsabile e commercio equosolidale in Africa e Sud America. Perché il turismo responsabile e perché in America Latina?

I viaggi sono la mia passione. Ho una lista che tengo aggiornata in cui scrivo tutti i Paesi del mondo che ho visitato. Lo scopo è che siano sempre di più dei miei anni. Così a 18 anni, finito il liceo, ho pensato che quello del turismo potesse essere in settore in grado di appassionarmi. Ma la sostenibilità e la cooperazione internazionale hanno avuto un richiamo più forte.

Quindi si è concentrata sul turismo sostenibile?

Sono riuscita a trovare una strada meravigliosa, quella del turismo gentile, leggero, rispettoso, curioso, attento, responsabile e sostenibile. Sono stati anni bellissimi che mi hanno portata dal Marocco all’Ecuador, dal Senegal al Madagascar. Ma è stato il Perù il Paese che mi ha dato di più. Anni che non dimenticherò mai.

Dopo una decina d’anni trascorsi tra l’Africa e l’America Latina, nel 2013 ha fatto il suo ingresso in Vector. 

La Vector è mia sorella, e io a pane e spedizioni ci sono cresciuta. Nel 2013 ho accettato il mio destino, abbracciato questa opportunità che la vita mi dava, di aiutare la mia azienda a crescere e l’ho fatto affiancando mio fratello, attualmente nostro Ceo, e portandomi dietro tutta la sensibilità valoriale e le capacità progettuali che avevo maturato negli anni precedenti. I cambiamenti organizzativi sono cambiamenti lentissimi, ma coraggiosi. E la trasformazione valoriale lo è ancora di più.

Le parla di trasformazione valoriale in un’azienda. Come si comincia?

La domanda che ci siamo posti è stata su che tipo di azienda volevamo creare e su cosa potevamo fare per avere un impatto positivo in primis sulle nostre persone, ma a seguire sul nostro territorio, comunità, la nostra industria. Nel momento in cui avevamo chiaro dove volevamo arrivare, è stato fondamentale da un lato esplicitare alle nostre persone la direzione, ma dall’altro investire sulla formazione e dare a tutti gli strumenti per abbracciare questa trasformazione, capirne il senso e diventarne protagonisti.

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Camila Buttà, manager di Vector / Foto Ufficio stampa UNGCN Italia

Le sfide in azienda

Nel 2014 in Vector assume il ruolo di Diversity manager. Ma nel 2014 in azienda sapevano cos’è un Diversity manager?

No, non lo sapeva nessuno. Da noi c’è sempre stata una situazione positiva da questo punto di vista: tante donne, anche manager, tanta presenza straniera anche in ruoli chiave. Certo si stava bene nel 2014, ma apparentemente. In realtà il percorso fatto ha portato al pettine tantissimi nodi che l’azienda si è trovata a districare. 

Quali?

La conciliazione fra lavoro e tempo libero, il bilanciamento tra il lavoro e il lavoro di cura, la gestione delle persone con disabilità, la creazione di un contesto inclusivo e protetto per le nostre persone LGBTQI+. Ma soprattutto la formazione e la conoscenza: abbiamo organizzato bellissimi momenti formativi che ci hanno aiutato ad abbattere muri e superare insieme i nostri pregiudizi inconsapevoli.

Leggo che la sua sfida, personale e professionale è contribuire alla crescita valoriale del settore dei trasporti, promuovendo la valorizzazione delle differenze e dei talenti, l’empowerment femminile, la riduzione del nostro impatto ambientale. Una missione impossibile?

Noi in Vector abbiamo un motto: we never say it’s impossible. Sicuramente lavoriamo in un settore poco sostenibile e decisamente impattante. Ma essere attenti a queste tematiche, informati su quello che sta accadendo, offrire consulenza anche in ambito logistico ai nostri clienti che vogliono abbracciare la sostenibilità. Essere presi come un riferimento positivo nella nostra industria, aver ricevuto nomine come il Sustainability Award nel 2022,  la nomina di azienda Leader della Sostenibilità dal Sole 24 Ore nel 2023, nonché il premio Imprese Vincenti di Intesa San Paolo e da quattro anni di fila il premio come Women Value Company dalla Fondazione Bellisario, ci fa pensare davvero che qualche risultato lo abbiamo ottenuto e che questa sfida, per quanto lunga e complessa, possiamo viverla. Sicuramente non da soli. L’Sdg 17 in questo è la chiave: la sostenibilità e la trasformazione si potranno raggiungere solo insieme.

Il suo sogno nel cassetto qual è?

Insegnare sostenibilità all’università. 

Nella foto in apertura, Camila Buttà, manager di Vector: ha vinto il round italiano del concorso SDG Pioneer 2023. Foto da Ufficio stampa UNGCN Italia SDG Pioneer 2023


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