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Alluvione un anno dopo

Il nostro pane si sforna ancora grazie al gran cuore di Romagna

di Alessio Nisi

Nel maggio dello scorso anno l’Emilia Romagna fu colpita da due alluvioni. Sotto la pioggia e nel fango si sono intrecciate storie di solidarietà che hanno sorpreso per spontaneità, solidità e impegno. Fra queste, c’è la vicenda che ruota attorno a Orva, società di panificati guidata da Micaela Bravi, che ha raccolto beni per i cittadini, insieme ad altre aziende alimentari e non, e ha sostenuto i suoi dipendenti con somme che hanno coperto il 40% dei danni subiti

Un muro d’acqua, le case sommerse, le gente in fuga sui tetti dai lucernai, che si tuffavano non appena sentivano il rumore del gommone dei vigili del Fuoco. Micaela Bravi è la titolare di Orva, azienda di panificati (nata nel 1979 come laboratorio, poi distributore e poi produttore in proprio) con tre stabilimenti tra Bagnacavallo e Misano, 300 dipendenti, 40 mila tonnellate di prodotto l’anno (32 mila panificati, 8 mila di piadina), 160 mila chili di pane lavorati ogni giorno. Nel tornare alla doppia tornata di alluvioni che ha colpito l’Emilia Romagna a inizio e metà maggio dello scorso anno, fa impressione la lucidità del ricordo e il disegno delle parole. Difficile dimenticare. A fissare i ricordi il dramma di quei giorni e la grande spinta solidale che ha attraversato la regione. Ne abbiamo parlato su VITA anche QUI, QUI, QUI e QUI.

Hub logistico. Una spinta che ha avuto per protagonista anche Micaela, che ha organizzato una raccolta fondi per i dipendenti la cui casa aveva subìto danni, messo su un hub logistico nello stabilimento, insieme ad altre aziende alimentari e non, per lo stoccaggio (e la distribuzione in più di 100 località) dei beni necessari e perfino un servizio di trasporto quotidiano per i dipendenti che aveva perso l’auto. 

Sostenibilità per chi ha bisogno

«L’alluvione», spiega Bravi, «con la creazione dell’associazione di promozione sociale Cuore romagnolo, è stata l’occasione per ribadire quei valori» e rimarcare quei comportamenti che «per noi sono naturali. Penso alla sostenibilità, che non è solo green, ma un qualcosa» di più ampio, «è una cosa a 360 gradi, per chi ha bisogno, la comunità e le persone che lavorano nell’azienda».

Il contributo della Fondazione Vincenzo Casillo

A sostenere l’iniziativa di Orva anche la Fondazione Vincenzo Casillo. «Un contributo fondamentale», sottolinea Bravi. «Quando abbiamo saputo dei disastri avvenuti in Emilia-Romagna a seguito delle alluvioni abbiamo sentito di voler partecipare in qualche modo alle azioni solidali che si sono poste subito in atto», spiega Cardenia Casillo da metà novembre presidente della Fondazione Vincenzo Casillo. «Qualche giorno dopo», aggiunge, «è arrivata attraverso il contatto del gruppo Casillo la richiesta del gruppo Orva. Abbiamo subito apprezzato la concretezza e l’immediatezza con cui quest’imprenditori si sono messi in moto per garantire aiuti ai loro dipendenti e alle popolazioni del territorio. Siamo certi che questa collaborazione possa far scaturire altri azioni solidali comuni».

Cardenia Casillo, presidente della Fondazione Vincenzo Casillo

C’era da sostenere i dipendenti dell’azienda

«Siamo stati colpiti da due alluvioni la prima a inizio maggio, la seconda, quella che ha avuto l’impatto maggiore, il 17 maggio. In entrambe abbiamo avuto danni. L’acqua è arrivata alle porte e anche dentro gli stabilimenti di Bagnacavallo. Noi abbiamo tre stabilimenti, uno a Misano che non è stato colpito, gli altri due a Bagnacavallo che hanno riportato danni per un milione di euro. Il problema principale è stato che per 4-5 giorni (finché l’acqua non è defluita) non abbiamo assolutamente potuto far caricare i camion e portare via la merce. Non solo. Non poteva venire a lavorare nessuno perché era impossibile raggiungere lo stabilimento: c’era un metro d’acqua per la strada». Spenti gli impianti e bloccata la produzione Micaela Bravi e la sua squadra non sono rimasti con le mani in mano. C’era da sostenere i dipendenti dell’azienda.

Un attivarsi spontaneo

Sì, Micaela ricorda i gruppi di cittadini che si creavano nei punti di raccolta dopo essersi conosciuti sul web. Un attivarsi del tutto spontaneo che ha sostenuto la Protezione Civile. «La gente si trovava nei punti di raccolta con badili, carriole e secchi e si andava a aiutare chi aveva bisogno. Si bussava di casa in casa e si chiedeva». E sottolinea che non solo i romagnoli hanno aiutato i Romagnoli non solo i compaesani che hanno aiutato i compaesani ma «da tutta Italia sono venuti qui, magari utilizzando le ferie, per aiutarci. È stato un grande modo di solidarietà».

L’assenza dello Stato

Un grande abbraccio da parte della gente, ma, lamenta Micaela, un’altrettanto macroscopica assenza dello Stato «allora, come anche dopo un anno. Non abbiamo avuto nessun aiuto. A parte quel misero ricovero di 5mila euro che è stato dato alle persone alluvionate, non si è più visto niente. A noi aziende ad esempio non è arrivato nulla».

Dal Cuore romagnolo, 200 mila euro e 750 mila chili di prodotti

Dunque, rimboccarsi le maniche. «Spinti da come avevamo visto la gente reagire e da quante persone avevano bisogno di aiuto». Ma il pensiero è sempre per i propri dipendenti. «Nonostante fossero stati alluvionati, sono venuti a dare una mano in azienda». Per Micaela era doveroso «aiutare chi ci ha aiutato e scelto tutti giorni».

I prodotti. Il primo passo è stato mettere su Cuore romagnolo, l’associazione che doveva servire ad un obiettivo: raccogliere fondi e beni di prima necessità. «Abbiamo raccolto pasta secca, biscotti, acqua, sughi, snack e altri prodotti per 750 mila chili, precisa Bravi.

I soldi. «Abbiamo raccolto 200mila euro, grazie ai quali siamo stati in grado di ripagare il 40% dei danni subiti dai nostri dipendenti». In che modo? Raccogliendo le domande con l’elenco delle spese sostenute o da sostenere. Niente di complicato. «E senza distinzione, il sostegno è andato al dirigente come a chi lavora in linea».

Emilia

Danni per 140 mila euro

Luca Bendandi, 50 anni a ottobre, nell’alluvione dello scorso anno ha perso la casa, riportando danni ingenti per 140 mila euro. Lavora a Orva, che lo ha sostenuto con 42 mila euro, dal 2021 come responsabile della qualità, è sposato, ha 4 figli e vive a Forli. «Lo scorso anno? Telefonai in azienda e dissi che avevo 3 metri e mezzo di acqua in casa e che forse avevo difficoltà ad andare». In allarme da una settimana, e pronto al peggio dopo l’alluvione del 3 maggio, il 16 maggio sera Luca è tornato a casa e si è trovato davanti allo scenario peggiore. «Ancora adesso rimuovo fango dalle porte finestre». In serata «l’acqua ha sfondato il portone del villino a due piani dove abito e ha iniziato tutto a riempirsi di acqua. Alle 22.30 c’era già un metro e mezzo d’acqua. Aumentava di un centimetro al minuto. A mezzanotte e 20 un’onda d’urto ha rotto la porta di casa».

Una settimana dopo Micaela Bravi, suo marito e il team di Orva hanno messo a disposizione di Luca e della sua famiglia un furgone aziendale, «per me era indispensabile». Luca ricorda l’appello dell’azienda a clienti e fornitori per la raccolta dei materiali più disparati. «Ci hanno portato l’acqua, in una situazione in cui non sapevamo se fosse potabile. E poi brioche, succhi di frutta, anche prodotti che danno conforto».

Il salotto non è una priorità

Federica Zanchini ha 52 anni, vive a Bagnacavallo insieme al marito e un figlio di 18 anni, e lavora come responsabile della programmazione in Orva (si occupa delle linee di produzione). «È passato un anno, ma sono di quelle cose che ci vuole un po’ a dimenticarle». Soprattutto perché te lo ricordano i conti da pagare dei danni che hai subito. «Non ci siamo ancora ripresi, certo la casa è a posto, manca una stanza, il salotto, che non era la priorità». Federica racconta che Micaela Bravi «il giovedì, che c’era ancora il fango, è venuta a casa mia dove è rimasta fino alla domenica a spalare fango insieme al marito. Mi ha ospitato per 5 giorni, mettendomi a disposizione anche l’automobile per un anno. Noi ne abbiamo perse due. Io la conosco da tempo, ma ha aiutato tutti i dipendenti».

Noi abbiamo perso tutto. In un quadro di questo tipo, con 26 mila euro di danni (automobili escluse), con il fango tra i piedi, la burocrazia e le lungaggini nei pagamenti non crea solo disagio, ma mette a repentaglio la ripresa. «Con 5 mila euro hanno pensato di aver risolto. Noi abbiamo perso tutto». D’accordo i soldi sono pochi, «ma almeno allentiamo la burocrazia». Dall’azienda Federica e la sua famiglia hanno ricevuto il 40% dei danni subiti, «11 mila euro».

In apertura, nella foto di Orva Spa, un gruppo di lavoratori con al centro l’imprenditrice Micaela Bravi, riconoscibile dai capelli rossi. Nel testo, immagini di Cardenia Casillo (Fondazione Vincenzo Casillo) e Federica Zanchini


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