Persone

Kader Diabate, il migrante-attivista che apre le menti

di Marilù Ardillo

Arrivato tre anni fa dalla Costa d'Avorio, oggi ha 20 anni e dopo aver incontrato il Papa ed essere diventato ambasciatore Unicef, gira le scuole del nostro Meridione per incontrare i giovani italiani. Ne sentiremo parlare. Ecco la sua storia

Sono partito perché avevo un sogno da educare”.
Questo mi è rimasto dell’incontro con Kader Diabate. Poche parole, tutte straordinariamente opportune. Pronunciate in una stanza piccola diventata immediatamente immensa. 20 anni, metà dei quali spesi a domandarsi se gli altri fossero felici. 13 fratelli, genitori colti, sensibili, aperti. Ha lasciato la Costa d’Avorio 3 anni fa, alla ricerca di un Paese che gli permettesse di credere di poter cambiare il mondo. A 13 anni ha iniziato ad essere un attivista. Suo zio, un insegnante di filosofia, ha incendiato la sua adolescenza con i libri di Marx, Kant, Nietzsche. Gli piace giocare a calcio, leggere biografie. Ascolta musica reggae. Le parole chiave della nostra chiacchierata sono state molte: missione, senso della vita, diritti umani, rivoluzione culturale, protezione, integrazione.

È sbarcato a Reggio Calabria nell’ottobre 2016, vivendo “la peggiore esperienza che può accadere nella vita di un essere umano. Fisicamente, mentalmente e psicologicamente”.
È arrivato con la scabbia, come molti altri compagni di viaggio.
Poco dopo è approdato a Camini, un paese calabrese di 100 abitanti diventato noto in tutto il mondo per aver sperimentato insieme a Riace un modello di accoglienza dei migranti tra i più vincenti.
Grazie alla cooperativa sociale Eurocoop Jungi Mundu (che significa Unisciti al mondo e che gestisce lo SPRAR – Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati), il sindaco di Camini Giuseppe Alfarano ha tentato l'impresa rivoluzionaria di ripopolare il paese aprendo le porte a rifugiati e migranti, alla ricerca di un posto sicuro che somigliasse più possibile ad una casa. E che soprattutto ne avesse lo stesso calore e protezione.

Lo spirito di questo progetto è lo stesso di una famiglia, che accoglie senza giudizio e senza riserve, con l'unico intento di riconoscersi in un legame.
Più che sistema o modello, potremmo forse definirlo un modo di ripensare l’esistenza. Un modo che genera lavoro per il lavoro, che miete confronto, scambio e reinventa il disagio in una nuova chiave di gratuità.
In questo paese Kader ha incontrato le persone giuste: per il suo sogno e per la sua vita tutta.
Gli hanno garantito una buona assistenza legale per ottenere la protezione internazionale, lo hanno aiutato nel percorso di alfabetizzazione, gli hanno permesso di imparare l’italiano in pochissimo tempo. È entrato nel Centro Provinciale per l’Istruzione per Adulti e ha potuto acquisire tutti gli strumenti per continuare a studiare, per approfondire ogni giorno la conoscenza.

Ho capito presto che i diritti fondamentali erano sempre calpestati da chi aveva il potere. E ho iniziato a ribellarmi.

Kader Diabate

Già nel suo Paese, ancora minorenne, Kader ha preso parte a comizi cittadini, trasmissioni radio, testate giornalistiche locali. Ha passato un giorno in prigione per essere salito sul tronco di un albero e aver tentato di aprire le menti dei giovani africani.
Una sua cara amica smise improvvisamente di andare a scuola, fu data in moglie a 14 anni contro la sua volontà, perché facesse figli prima che un marito sconosciuto fosse deportato in Europa. È stato quello il momento in cui Kader ricorda di aver deciso di alzare la voce, di compiere la prima di una serie di battaglie che avrebbero impedito ad altre ragazze di vivere la stessa straziante impotenza.

Da Camini la strada è stata densa di incontri, di silenzi, di traguardi e sforzi e timori e di racconti.
La vita lo ha portato oggi a vivere a Corato (BA), in affido a casa di Daniela Maggiulli, un’insegnante di inglese conosciuta a Camini dal temperamento forte, vitale, che lo ha accolto senza riserve appoggiando ogni sua intenzione, comprendendo la sua lotta.
Anche grazie a lei, al suo sostegno quotidiano, Kader è diventato Ambasciatore Unicef, visitando di recente le Nazioni Unite a Ginevra per esprimere le opinioni di 4.000 bambini e migranti raccolti attraverso U-Report, lo strumento di messaggistica sociale dell'UNICEF per i giovani. Poco prima della sua visita, insieme ad altri 200 rifugiati e giovani migranti, ha parlato al Global Forum on Migration di Marrakech – con le loro domande incluse nel Global Compact for Migration, un impegno concreto per proteggere e coinvolgere bambini e giovani di 164 Paesi.

Se qualcuno non avesse perso la vita per certi diritti, questi diritti non sarebbero oggi così importanti, non sarebbero riconosciuti

Kader Diabate

Anche per questo Kader gira per le scuole del Sud, perché “per difendere i diritti bisogna conoscerli, e per conoscerli bisogna studiarli”. Insegna ai ragazzi come battersi per un ideale giusto, per un diritto che riguarda ogni essere umano, per un’accoglienza che è valore. Perché una vita sociale sana si realizza solo quando la comunità intera trova il suo riflesso nell’anima di ciascuno. E perché la vita di ognuno appartiene alla comunità.
Sta per inaugurare una biblioteca nella sua città in Costa d’Avorio grazie al parternariato con i Presidi del Libro della Puglia e con gli amici ivoriani a Man e con quelli che come lui hanno affrontato il viaggio e che adesso sono ospitati in altre regioni italiane, ha fondato nel 2016 un’Associazione che ha chiamato Génération Consciente. Tra i primi progetti in cantiere, un Forum Internazionale sull’etica di pace in Costa d’Avorio, con 400 giovani da tutto il mondo, 5 capi di stato e diversi ministri. I risultati ottenuti da questo grande incontro interculturale saranno raccolti su libri bianchi che arriveranno nelle mani delle Nazioni Unite, come contributo al raggiungimento dell’evoluzione culturale giovanile.
Pochi mesi fa l’incontro con il Papa: un colloquio importante, vissuto con grande responsabilità ed emozione.

Kader non fa nulla delle cose che fanno i suoi coetanei. Esce assai di rado con gli amici, non va a ballare, niente cinema o serate trascorse davanti ai bar. Se sceglie un film preferisce approfondire la storia dell’Italia, l’evoluzione della tecnologia, lo sviluppo della psicologia relazionale. Nessuno spazio per le frivolezze, nessuna dispersione di tempo.
Da grande vuole diventare un mediatore culturale, certo di scegliere un mestiere che gli garantisca ogni giorno una soddisfazione personale e umana, oltre che meramente economica.
Gli ho domandato spesso durante la nostra chiacchierata se non fosse troppo impegnativa un’esistenza così austera per i suoi 20 anni, che pure hanno bisogno di leggerezza. Lui mi ha risposto sorridendo: “Ci vuole”.

Ad ottobre uscirà edito da Laterza il suo primo libro, scritto a quattro mani con Giancarlo Visitilli, giornalista di Repubblica e docente di italiano. Si intitolerà “La pelle in cui abito”.
Kader ha scritto le prime 200 pagine a mano quando viveva a Camini: “una delle prime cose che ho chiesto alla cooperativa è stata carta e penna”. Perché per avviare un cambiamento è necessario virare lo sguardo e il suo modo di raccontare, come di vivere, è l’esortazione più naturale e spontanea.

Dove vedi il tuo futuro Kader?”
“Nel mondo
”.

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