Sembra che ti guardi di sbieco Patrick Zaky. Mentre attende qualcosa. Con l’espressione di chi sa già che dovrà aspettare tanto. È profetica l’illustrazione di Gianluca Costantini, l’immagine è diventata virale e grida il diritto alla libertà per Zaky. E pensare che «L’ho fatta il giorno del suo arresto», racconta Costantini, «il 7 febbraio del 2020. Alcuni amici attivisti egiziani mi chiamarono per dirmi che un ragazzo che arriva dall’Italia era stato fermato, imbavagliato e forse anche torturato per molte ore: quel ragazzo era Patrick Zaky». Costantini è un artista e attivista per i diritti umani (qui il suo sito). Il diritto alla libertà di Patrick Zaky resta imbavagliato dal 7 febbraio 2020, giorno in cui è stato ingiustamente arrestato. Nell'autunno del 2019 stava frequentando un master all'Università di Bologna. Quel giorno, mentre tornava in Egitto, dopo l'atterraggio all'aeroporto del Cairo, è stato catturato dagli agenti dei servizi segreti con l’accusa di fomentare le manifestazioni e il rovesciamento del governo, pubblicare notizie false sui social media minando l’ordine pubblico, promuovere l’uso della violenza e istigare al terrorismo. Per circa 24 ore non sono trapelate sue notizie né ai familiari né ai media. La notizia del suo arresto è stata divulgata il nove febbraio dall'Egyptian Initiative for Personal Rights. La detenzione preventiva è stata più volte prolungata per periodi successivi prima di 15 giorni, e poi di 45 giorni. Il 2 giugno, hanno prorogato di altri 45 giorni. Anche questa volta senza processo e senza possibilità di difendersi. Il 16 giugno sarà il trentesimo compleanno di Patrick, lo passerà in carcere. Qui l'appello di Amnesty International Libertà per Patrick – Arrestato solo perchè è attivista.
Com’è nata l’immagine che poi è diventata il simbolo della lotta per la libertà di Zaky?
Era il sette febbraio del 2020. Patrick Zaky tornava in Egitto e venne arrestato all’aeroporto. Mi hanno avvisato degli attivisti egiziani dicendomi che un ragazzo che arrivava dall’Italia era stato fermato, imbavagliato e forse anche torturato per diverse ore. Ho fatto quel disegno come faccio sempre quando una persona “sparisce” o viene imprigionata senza motivo e privata della sua libertà. Un disegno istintivo. Poi ho aggiunto il filo spinato attorno al volto e al corpo.
Perché?
Credo che sia stato quello ad aver attirato di più l’attenzione dello sguardo degli altri. Un filo spinato come simbolo di una sofferenza continua che non ti uccide ma che ti ferisce incessantemente. È quello che prova una persona nel suo stato: non conosce i motivi dell’arresto, lo tengono in prigione da sedici mesi, non ha contatto con nessuno.
Questa immagine è diventata virale
All’inizio c’erano poche immagini che si potevano usare di Zaky, il disegno invece è stato subito disponibile. Le persone lo hanno stampato, ridisegnato. Quando la stampa gigante, un manifesto lungo 30 metri, è stata esposta a Bologna le persone che lo incrociavano si commuovevano. É un disegno semplice che ognuno riempie con le emozioni che prova.
In che modo l’arte è uno strumento per i diritti umani?
Più che strumento per i diritti umani direi che ha la capacità di avvicinare le persone ai diritti, a volte le scuote. Tutte le azioni fatte con i miei disegni, dalle stampe alle sagome fino agli aquiloni o ancora l’immagine del viso di Zaky appeso alle finestre, sono azioni semplici che però hanno restituito il senso vero di quella illustrazione. Creare questa immagine ha stimolato le persone ad usarla, a diffonderla, a sposarne la causa. Quando le persone aiutano gli altri aiutano anche se stessi, e hanno bisogno di condividere questi gesti.
Eppure Patrick Zaky non ha ancora la cittadinanza italiana…
Il Sanato aveva approvato la mozione e il Governo ha risposto che “non era una questione prioritaria”. Questo è un governo di tecnici che vuole mantenere buoni i rapporti con l’Egitto. Non credo comunque che la cittadinanza cambierebbe le cose, è un gesto importante ma solo simbolico che nei fatti non aiuterebbe Zaky ad uscire di prigione. Lo aiuterebbe invece un gesto forte da parte di uno Stato, l’Italia, nei confronti dell’altro, l’Egitto. Il Governo dovrebbe interrompere qualunque interazione con una dittatura creata con un colpo di Stato. Ovviamente non succederà. Dicono che sia meglio stare “zitti” sul caso Zaky, ma se rimaniamo zitti quando si tratta di diritti umani poi chi controlla che non venga fatto del male a Zaky e a tutti gli altri come lui?
Immagine di copertina Gianluca Costantini
Credit Foto Michele Lapini
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.