Nell'archivio del WWF Italia c'è una fotografia in bianco e nero, con un Fulco Pratesi in giacca, cravatta, pipa, a bordo di un piccolo motoscafo, in compagnia di altri due “pionieri” del WWF, in ricognizione in quella che da riserva di caccia diventerà la prima delle oltre 100 Oasi del WWF, quella di Burano. Quel signore in giacca e cravatta avrebbe immaginato che la piccola associazione che aveva contribuito a fondare avrebbe festeggiato mezzo secolo di vita?
E una serie di grandi successi sul fronte della tutela dell'ambiente? Vita lo ha chiesto direttamente a lui, Fulco Pratesi, presidente onorario del WWF, instancabile ed entusiasta oggi come mezzo secolo fa. «Il "signore” in barca nell’Oasi di Burano con il presidente Mario Incisa della Rocchetta e il Vicepresidente del WWF Internazionale Luc Hoffmann, aveva 32 anni e una gran voglia di salvare la natura», racconta Pratesi. «Oggi, che ne ha 82, conserva la stessa voglia di allora, orgoglioso che, senza nessun aiuto dall’esterno, la “piccola associazione” sia diventata la prima in Italia. Chi l’avrebbe mai detto quando, nella torrida estate del 1966, ci riunimmo con un gruppo di amici nel mio studio di architetto per dar vita ad una nuova Associazione in difesa della natura, che saremmo arrivati a 50 anni d’età? Ce l’abbiamo fatta».
Quella foto in bianco e nero è un po' un simbolo degli inizi. Se dovesse scegliere una foto che racconti il WWF di questi 50 anni, chi e che cosa ci sarebbe ritratto?
Credo che la foto che maggiormente rappresenti il WWF (anche se scattata a colori nel 25° anniversario festeggiato ad Assisi nel 1991) sia quella di un’adunata festante di centinaia di persone, molte delle quali ancora oggi attive, strette attorno al grande vessillo del Panda nella città di San Francesco, alla cui memoria si sono improntate molte delle nostre iniziative vincenti, ad iniziare dall’Operazione San Francesco degli anni 70 che ha salvato il lupo dall'estinzione.
Come furono gli inizi del WWF? Come spiegherebbe a un giovane d'oggi quanto fosse difficile, nell'Italia appena uscita dal boom, cercare di affermare una coscienza ambientale?
Gli anni ’60 del secolo scorso non erano, per la tutela della natura, un periodo felice. Era un’Italia percorsa da più di un milione di cacciatori, in pieno boom edilizio, con solo quattro derelitti parchi nazionali che stentavano a proteggere lo 0,6 per cento del territorio. La perdita di specie era veloce. Allora, a parte la definitiva scomparsa dal nostro territorio di specie importanti come il daino di Sardegna, l’aquila di mare, il falco pescatore, la lince, l’avvoltoio monaco e il gipeto, gli sforzi del WWF si rivolsero principalmente al salvataggio di quelle sopravvissute ma in forte pericolo di estinzione e del loro habitat. La chiave per interpretare il nostro successo in anni davvero difficili va cercata nell’entusiasmo di tantissime persone amanti della natura e degli animali. Che, finalmente, si vedevano rappresentate e coinvolte, non solo in manifestazioni, convegni, conferenze, proteste e denunce, ma anche in operazioni concrete che dessero risultati tangibili in termini di difesa attiva delle “odiate” paludi, di specie fino allora perseguitate come i carnivori e i rapaci, o distrutte come gli uccelli migratori alla mercé di una caccia insostenibile.
La parola d'ordine del WWF in questi 50 anni è stata cambiamento: cambiamento nel rapporto con l'ambiente, nella tutela delle specie, nelle politiche dei Governi, nelle nostre abitudini quotidiane. Anche il suo percorso biografico è all'insegna del cambiamento: un cacciatore che un giorno “si pente” e si dedica anima e corpo all'ambiente. Ci racconta di quel passaggio cruciale?
Tutti i cambiamenti – ad iniziare con la mia “redenzione” da cacciatore ad ambientalista grazie a un’ orsa con tre cuccioli materializzatasi nel 1963 in una foresta dell’Anatolia – si sono attuati per cercare di modificare le cose: dal salvataggio dei lupi alla difesa delle paludi, dalla contestazione all’energia nucleare ai referendum contro la caccia e i pesticidi, dalla lotta contro l’abusivismo edilizio e la cementificazione del territorio (singolare per uno come me che veniva da tanti anni di professione di architetto) per finire con l’opposizione anche giudiziaria iniziative industriali fallimentari: la politica del WWF si è basata sempre sulla rivisitazione polemica di tante situazioni consolidate e dannose.
Dopo gli inizi difficili è arrivata la stagione delle grandi battaglie, alcune delle quali vinte, come quella contro il nucleare, per la tutela della fauna, per le aree protette. Sono stati anni importanti, in cui sembrava affermarsi una coscienza ambientale, in questo Paese. Che ricordi hai di quegli anni? Pensi che oggi ci sia un rallentamento su questo fronte?
Grazie alla collaborazione e dal sostegno di tanti soci e sostenitori, della simpatia riscossa dal simbolo del Panda, dalla manifesta apoliticità partitica delle nostre azioni (anche quando di forte contestazione a Governi e Parlamenti) molte battaglie furono vinte. L’unica che ancora non possiamo dire di aver vinto è quella contro l’articolo 842 del Codice Civile, quello che autorizza i soli cacciatori a entrare armati nei terreni altrui per la loro nociva attività. E il grande impegno in favore della realizzazione del Parco Nazionale del Gennargentu, ostacolata da miopie politiche, interessi locali e rivendicazioni provinciali, non ha anora dato i frutti auspicati a tutto danno di uno sviluppo economico e sociale ancora troppo lento.
Alcune delle campagne del WWF
Tu hai anche seguito da vicino la nascita dell'ambientalismo politico, con una breve parentesi da deputato. Perché rispetto ad altri paesi da noi fanno così fatica ad affermarsi i partiti “verdi”?
Credo che il declino – pur dopo notevoli successi come la Legge Quadro per le Aree protette e un legge sulla difesa della fauna nella X legislatura che ha limitato fortemente gli eccessi della caccia – del movimento dei Verdi, al quale anch’io ho partecipato nell’XI legislatura, sia dovuto più che a una connotazione partitica piuttosto accentuata a sinistra, alla forte crescita delle Associazioni ecologiste che ha occupato, con una concorrenza dal basso, il campo del movimento verde italiano. Che però neppure in altri Paesi Europei, dopo prime fiammate elettorali, ha conseguito il successo che avrebbe meritato.
Se la politica latita un po', sull'ambiente, in compenso c'è un altro grande leader mondiale che l'ha messo al centro del tuo messaggio. Parlo di Papa Francesco, con la sua Laudato Si'. Che impressione ti ha fatto questa enciclica?
Ho già avuto modo di dirlo: l'enciclica non poteva essere più completa, coraggiosa e documentata. E l’entusiasmo che ha raccolto, non solo da parte di organismi cattolici e laici impegnati nella difesa del Creato, ne è la testimonianza più concreta. Aver accomunato nello scenario mistico del “Cantico delle creature” anche i minimi organismi, spesso sconosciuti o negletti, come gli esseri che danno vita al suolo fertile e aver denunciato con vigore pratiche agricole non armoniche con le necessità della natura e della biodiversità, fanno del testo del Pontefice un documento di un’importanza dalla quale non sarà più lecito tornare indietro.
Oggi che WWF Italia e che Paese lasci in eredità ai tuoi nipotini?
I risultati di questo mezzo secolo di passione sono tanti. Tantissimi. E su molti di essi il WWF ha posto il suo sigillo. Siamo fieri di aver così tanto contribuito a fare dell’Italia un Paese migliore, più sensibile e impegnato nella conservazione di quanto i 10mila anni della nostra storia ci avevano lasciato in eredità.
Cosa fa VITA?
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