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Cooperazione & Relazioni internazionali

Sudan, una catastrofe umanitaria senza fine

Le drammatiche testimonianze che arrivano dal Darfur occidentale degli operatori di Save the Children parlano di oltre 5mila civili uccisi a Geneina, città del Darfur occidentale di 200mila abitanti, e di «cadaveri di centinaia di persone, tra cui bambini, abbandonati lungo la strada, coperti di mosche», in quelle che descrivono come «esecuzioni sommarie contro civili».

di Paolo Manzo

Dal 15 aprile scorso, il Sudan è precipitato nel caos in una lotta per il potere tra il generale Abdel-Fattah Burhan e il generale Mohammed Hamdan Dagalo, più noto come Hemedti, i due massimi leader militari del paese. Come temuto nelle ultime settimane il conflitto ha assunto connotati etnici, contrapponendo le milizie arabe ai Masalit, la popolazione non araba del Darfur, il che ha riportato alla mente il conflitto già vissuto nella regione nel 2003, quando le milizie Janjaweed aiutarono l'allora dittatore Omar al Bashir a schiacciare la ribellione delle tribù non arabe nell'area, causando circa 300.000 morti.

La situazione sta precipitando a tal punto che la Corte penale internazionale ha iniziato ad indagare su un'ondata di uccisioni, stupri e crimini, come annunciato ieri dall'ufficio del procuratore Karim Khan in un rapporto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il cui segretario generale, Antonio Guterres, aveva ammonito scorsa settimana che il Sudan (il terzo paese africano per estensione territoriale) è sull'orlo di una guerra civile su vasta scala. Il rischio è la destabilizzazione dell'intera regione circostante, ovvero Sud Sudan, Ciad, Etiopia, Eritrea, Libia, Repubblica centroafricana ed Egitto e, non a caso, proprio ieri i leader di questi sette paesi confinanti con il Sudan hanno firmato una dichiarazione congiunta per facilitare il passaggio degli aiuti umanitari e incoraggiare un dialogo tra i belligeranti. Vedremo se servirà a qualcosa dopo il fallimento di Arabia Saudita e Stati Uniti per negoziare un cessate il fuoco e delle tante tregue concordate affinché gli aiuti umanitari potessero arrivare, patti non solo disattesi dalle parti in conflitto ma, secondo i rapporti delle ong sul terreno, da Save The Children a Medici Senza frontiere, i combattimenti stanno diventando sempre più intensi.

Drammatiche le testimonianze che arrivano dal Darfur occidentale degli operatori di Save the Children, costretti a scappare da Geneina, città del Darfur occidentale di 200mila abitanti, che raccontano di aver visto «i cadaveri di centinaia di persone, tra cui bambini, abbandonati lungo la strada, coperti di mosche», in quelle che descrivono come «esecuzioni sommarie contro civili». «Abbiamo trascorso 49 giorni al chiuso perché fuori i cecchini non si fermavano. Il nostro unico desiderio era quello di alzarci nelle prime ore del mattino per prendere una tanica d'acqua prima che ricominciassero i combattimenti», racconta Ahmed di Save the Children che è sopravvissuto all’inferno di Geneina e oggi è rifugiato a Cassala, città di 400mila abitanti al confine con l'Eritrea. «Quando finalmente siamo riusciti ad andarcene da Geneina c'erano corpi ovunque, migliaia di uomini, donne e bambini, nessuno è stato risparmiato. I leader della comunità hanno stimato che oltre 5 mila persone sono state uccise mentre quattro scuole sono state prima saccheggiate e poi rase al suolo. Ormai là ci sono solo soldati, tutti i civili sono fuggiti. O sono morti».

Secondo le Nazioni Unite, più di 3,1 milioni di persone sono state sfollate dall'escalation di violenza di aprile e, di questa, oltre 700 mila sono fuggite nei Paesi vicini. «Le uccisioni che si stanno verificando in Darfur ricordano tristemente gli omicidi su scala di massa a cui il mondo ha assistito due decenni fa, la situazione è completamente fuori controllo e sembrano non esistere più leggi», spiega Arif Noor, direttore in Sudan di Save the Children, ong che opera dal 1983 nel paese africano. «Più di 15 milioni di persone avevano bisogno di assistenza umanitaria prima dello scoppio della guerra, ora questo numero sta per raggiungere i 25 milioni, più della metà della popolazione, tra cui 14 milioni di bambini. Inoltre entrambe le parti stanno cercando di reclutare giovani nelle loro fila e, come sempre, sono i bambini che soffrono di più per gli orrori della guerra. Senza un'azione forte da parte della comunità internazionale, compresa l'apertura dell'assistenza umanitaria transfrontaliera dal Ciad al Darfur occidentale e centrale, non potremo che assistere a un ulteriore deterioramento della situazione. Non possiamo consentire che ciò accada. Il mondo non deve permetterlo», denuncia il direttore di Save the Children in Sudan.

«La consegna degli aiuti umanitari è molto complicata dall'insicurezza e dalle restrizioni di accesso», spiega Arantza Osés, capo dell'azione umanitaria di Save the Children, al quotidiano iberico ABC. «Gli aeroporti sono chiusi e le frontiere non possono essere attraversate facilmente» anche se «con il sostegno delle Nazioni Unite, è stato possibile inviare un convoglio umanitario in Sudan, ma ciò che viene distribuito è totalmente insufficiente rispetto alle enormi esigenze». Difficile prevedere la fine del conflitto anche perché, come dichiarato dal capo della missione ONU in Sudan, Volker Perthes, «il governo ha perso il controllo del paese», mentre l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Volker Turk, si è dichiarato «inorridito per la mancanza di rispetto con cui sono stati trattati i morti, le loro famiglie e le comunità».


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