Lettera aperta

Tetto al 5 per mille? Uno scippo contro chi si prende cura di bambini e ragazzi col diabete

Il presidente dell'organizzazione di volontariato Diabete Zero, Franco Pili, ci ha inviato un suo intervento sulla vicenda del 5 per mille, una beffa per chi lavora quotidianamente nel sociale, in particolare per chi offre servizi a favore di persone con fragilità, nonostante colmino spesso «le lacune della pubblica amministrazione»

di Franco Pili

L’organizzazione di volontariato che presiedo in Sardegna, Diabete Zero, è tra gli enti di Terzo settore beffati dal 5 per mille, riferito ai redditi del 2023. Parlare di scippo di Stato, questa volta, non mi sembra azzardato o esagerato. Nonostante il numero delle scelte sia rimasto pressoché invariato rispetto alla precedente annualità, ci sono stati assegnati circa 3.100 euro in meno. Che per noi sono risorse importanti, visti i progetti che sosteniamo. Inizialmente ho pensato a un calo del reddito medio dei nostri sostenitori, abituali e/o occasionali. Poi, leggendo i servizi realizzati da VITA su questo tema, ho capito che probabilmente, anche nel nostro caso il problema è il famigerato “tetto”, per l’ennesima volta sforato, e stavolta pure di tanto.

Le stime più ottimistiche parlano di una devoluzione effettiva pari al 4,5 per mille, ma forse si tratta di molto meno. Certo è che la misura è colma: lo scippo perpetrato dallo Stato danneggia non solo gli enti beneficiari ma anche i contribuenti, che dovrebbero poter verificare l’utilizzo di almeno il 5 per mille delle loro imposte. Devono, invece, accettare che una parte di quella piccola porzione finisca nella scarsamente controllabile gestione statale. Per non parlare dei beneficiari dei progetti, delle attività e dei servizi finanziati con il 5 per mille, in particolare quelli destinati alle persone più fragili: rischiano, infatti, di restare privi di sostegno, beffati due volte da uno Stato che – arretrando sempre più nella sanità, nell’istruzione, nel welfare – li ha dapprima abbandonati e ora toglie risorse a chi si è preso carico di loro, colmando le lacune della pubblica amministrazione.

È intollerabile anche il silenzio di buona parte dei media non specializzati, perché questo limita fortemente la possibilità per i contribuenti di sapere che lo Stato sta tradendo la loro volontà. Né è più sostenibile ascoltare le lodi e i ringraziamenti delle istituzioni e dei suoi rappresentanti: parole che suonano, ormai, come uno sberleffo se pronunciate da chi ha il potere-dovere di tutelare e promuovere il Terzo settore. Un compito che richiede, per esempio, di garantire le risorse promesse sulla carta, di non dimenticarsi di questi enti quando si prevedono agevolazioni e misure di sostegno (come, invece, più volte accadde durante la pandemia) o di esonerarli da nuovi obblighi di trasparenza, posto che sono già sottoposti a controlli capillari e a un peso burocratico da tempo insostenibile.

Secondo Diabete Zero, per ottenere l’innalzamento del “tetto” (anche retroattivamente all’annualità 2024) o, meglio ancora, la sua abolizione, servirebbe una incisiva azione di protesta di tutto il Terzo settore. Ci vorrebbe uno sciopero di uno o più giorni, ma ciò danneggerebbe soprattutto gli assistiti, in particolare i malati e le persone con bisogni che richiedono un supporto costante. Non resta, dunque, che pensare a mobilitazioni nazionali e altre forme di protesta comunque incisive, che costringano lo Stato ad assumersi i propri doveri, anche di riconoscenza, verso questo settore rilevantissimo dell’economia e della società italiana. Mi dispiace vedere che troppe realtà del Terzo settore, e non solo nella mia regione, siano silenti. Assistono quasi passivamente a quanto sta accadendo, come se fosse ineluttabile. E questo non è ammissibile, perché è un problema che riguarda noi, i nostri beneficiari e i cittadini che ci sostengono. Allo stesso tempo, desidero ringraziare VITA per la battaglia che sta sostenendo in tutti i suoi spazi di comunicazione.

Con il 5 per mille Diabete Zero può finanziare progetti nuovi per cui non ha ottenuto specifici contributi o per i quali ha ottenuto solo un cofinanziamento. O, ancora, dà continuità a progetti già esistenti per cui non riceve più fondi ad hoc. Infine, paga le spese di gestione che raramente rientrano tra le spese ammissibili per contributi pubblici e privati, a meno di non essere strettamente legate a un progetto finanziato (come lo sono i costi per personale dedicato e attrezzature strumentali alla sua realizzazione).

La nostra associazione è nata nel novembre del 2011 su iniziativa di alcuni genitori di bambini e ragazzi con diabete. Nel tempo ha allargato la sua attenzione dai bisogni dei pazienti pediatrici e delle loro famiglie a tutto ciò che ruota attorno al diabete. Attualmente si occupa soprattutto di sensibilizzazione e formazione, prevenzione e diagnosi precoce, sostegno alla ricerca e, ovviamente, assistenza ai pazienti e familiari in varie forme, dalle più basilari (come il supporto per problemi legati all’invalidità civile o alla fornitura di farmaci e dispositivi) a quelle più complesse (quali il sostegno psicologico e nutrizionale, soprattutto per la cruciale conta dei carboidrati – CHO). Diabete Zero opera in tutta la Sardegna e ha aderito ad associazioni di dimensione nazionale: la Fand, ossia l’Associazione italiana diabetici, e il Forum nazionale delle Associazioni di nefropatici, trapiantati d’organo e di volontariato.

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