Volontariato

Una chiamata al Paese per trasformare la scuola

«L’idea di una scuola con un corridoio, le porte chiuse, dove non si sente volare una mosca, non è più la nostra scuola. Ci vuole un pensiero e sul pensiero poi formiamo gli spazi, i luoghi, le persone. Però è chiaro che dobbiamo avere oggi il coraggio di pensare come deve essere la nostra scuola. Questo non lo si fa se non c’è la partecipazione di tutte le reti educative del Paese ed è su questo che mi permetto di chiedervi non una chiamata alle armi – sarebbe antipatico – ma al lavoro collettivo»

di Patrizio Bianchi

A un anno dalla sua nascita, la rete EducAzioni ha individuato tre priorità per la scuola: edilizia scolastica, asili nido, dispersione scolastica e povertà educativa. Ieri le ha presentati al ministro all’Istruzione Patrizio Bianchi e alla sottosegretaria al MEF Maria Cecilia Guerra in un web talk visibile sulla pagina Facebook di Vita. Qui la trascrizione integrale dell’intervento del ministro Bianchi.


Queste riflessioni sono la struttura portante del pensiero che come Governo stiamo facendo sulla scuola. Noi abbiamo molto chiaro il principio che non dobbiamo soltanto intervenire con interventi straordinari su un argomento o sull’altro, ma dobbiamo trovare la coerenza del ruolo della scuola dentro una società complessa come la nostra, che è in profondissimo cambiamento. Io ricordo sempre una frase di Papa Francesco che mi ha colpito moltissimo, quando dice che non siamo di fronte ad un cambiamento tecnologico ma a una mutazione antropologica. Rispetto a questo io credo che la scuola sia come non mai il punto fondante e cruciale di questa dinamica sociale che dobbiamo creare e sostenere. Le tematiche che ho sentito sono assolutamente evidenti.

Rispetto all’edilizia, voglio precisare che non abbiamo aspettato il PNRR come la manna ma abbiamo “tirato fuori dai cassetti” le risorse che c’erano e che erano bloccate e stiamo già mettendo mano a un consolidamento delle strutture. Sui fondi per l’edilizia scolastica che abbiamo trovato abbiamo già autorizzato 2 miliardi e 597,5 milioni di edilizia, un miliardo e cento milioni sono già stati dati alle province per mettere in sicurezza gli istituti e 700 milioni ai Comuni per i nidi. Stiamo autorizzando altri 5 miliardi e 325,9 milioni sull’edilizia. Risorse che servono a mettere in sicurezza le strutture ma anche a ripensare i luoghi dell’apprendimento: faccio notare che dico “luoghi dell’apprendimento”, non “luoghi dell’insegnamento” perché il nostro punto di vista è quello dei ragazzi.

Sullo 0-6 c’è uno sforzo straordinario che stiamo già facendo (i 700 milioni ai Comuni) e i 4,6 miliardi che abbiamo messo nel PNRR, però sono d’accordo che il punto fondamentale gli investimenti straordinari del PNRR con il bilancio ordinario dello Stato, cioè come faremo non solo a “riempire” quegli edifici ma come faremo a fare di quei luoghi il punto fondante di comunità che devono ritrovarsi, nell’idea che in questo Paese è possibile avere figli. Il calo demografico è un segnale di sfiducia e per rispondere alla sfiducia dobbiamo dimostrare non che il Governo, il ministro, il sottosegretario… ma il Paese ha riposto la scuola al centro, a partire dallo 0-2. Su questo il Governo c’è, ma occorre una assunzione di responsabilità da parte di tutto il Paese per dire che è possibile avere figli ed è possibile dare un Paese ai nostri figli. Sui nidi sono state messe risorse, ma è chiaro anche che c’è un problema: non si tratta solo di mettere a disposizione le risorse, ma anche di realizzare. Le scuole però sono di proprietà delle province o dei Comuni, qui lo sforzo deve essere davvero straordinario e davvero del Paese, dobbiamo mettere tutti i Comuni nelle condizioni non solo di realizzare delle scuole ma di farlo nei tempi che ci siamo dati con il PNRR. C’è una grande operazione amministrativa da fare. Nel decreto Governance abbiamo stabilito che laddove vi fossero delle inerzie, scattano i poteri sostitutivi, non voglio arrivare a fare operazioni di questo tipo ma mi lasci dire che Upli e Anci sono assolutamente presenti. Prima del controllo ci vuole l’idea, il pensiero. In questo paese siamo sempre partiti dal controllo e non siamo mai arrivati a progettare; adesso progettiamo. È anche vero che lo squilibrio tra nord e sud è tale che le divaricazioni territoriali sono insostenibili. Ci saranno i poteri sostitutivi, l’ho detto, io non voglio arrivare ad esercitarli però bisogna che Comuni, Province, Regioni e Governo nazionale lavorino insieme fin da subito. Questo è un problema di organizzazione dello Stato, che è uno dei nodi del nostro Paese.

Quando un Paese investe sugli asili nido in questo modo, come Paese, vuol dire che ha ritrovato il senso del sé. Il tema 0-2 è fondamentale, sono d’accordissimo. Però noi dobbiamo formare le persone: quest’anno abbiamo chiesto alle università italiane di intervenire su tutta la gamma di offerta di formazione. Tra le riforme che abbiamo da fare c’è quella del reclutamento, creando percorsi dall’Università fin dentro la scuola che abbiano sì le specializzazioni professionali – che sono fondamentali – ma ogni specializzazione deve essere arricchita dalle competenze pedagogiche e psicologiche per accompagnare i nostri ragazzi. Nel PNRR c’è grandissima enfasi sul tema della formazione, dei docenti e dei dirigenti: stiamo ragionando di una trasformazione profonda della scuola che richiede non solo dirigenti capaci ma anche sostenuti in questo sforzo di trasformazione.

Grazie ad Andrea Gavosto per aver richiamato in maniera così puntuale che noi dobbiamo mettere mano all’edilizia, ma prima viene il pensiero sulle modalità educative. L’idea di una scuola con un corridoio, le porte chiuse, dove non si sente volare una mosca, non è più la nostra scuola. Ci vuole un pensiero e sul pensiero poi formiamo gli spazi, i luoghi, le persone. Però è chiaro che prima di tutto dobbiamo avere oggi il coraggio di pensare come deve essere la nostra scuola. Ma non facendo mille seminari: trovando il coraggio di dire che il punto fondante della nostra scuola è, nella nostra tradizione umanistica che io rivendico, acquisire più competenze non nel saper far di conto ma nella capacità di astrazione e sperimentazione che è il nucleo centrale delle STEM e soprattutto nel vivere insieme. Abbiamo davanti l’enorme tema del vivere insieme, con tutte le competenze che nel documento che abbiamo scritto l’anno scorso per la ministra Azzolina avevamo chiamato “competenze campus”: computer coding, arte e musica, la parte di public life che non è solo educazione civica ma il fatto che la scuola esca dalle sue porte e si infiltri in ogni momento della vita collettiva, lo sport come capacità di conoscere, accettare e far vivere il proprio corpo. Questo implica una diversa articolazione del modo di fare scuola, dalla scuola dell’infanzia fino ai ragazzi più grandi. È su questo che io voglio l’aiuto da parte di questa rete. E fondamentale che questa rete si impegni in questo: è arrivato il tempo di pensare qual è la scuola su cui vogliamo dare garanzie ai nostri figli. Questo non lo si fa se non c’è la partecipazione di tutte le reti educative del Paese ed è su questo che mi permetto di chiedervi non una chiamata alle armi – sarebbe antipatico – ma al lavoro collettivo. Ci saranno grandi dibattiti, non ci troveremo… ma l’importante è che torniamo a parlare di scuola come centro fondante della nostra vita.

Il livello di dispersione scolastica che noi abbiamo è inaccettabile. Mi si dice che la nostra scuola non è rigorosa perché boccia troppo poco: no, la nostra scuola fa qualcosa di più! Ti porta a casa e ti mette la colpa addosso, ti fa disperdere, ti fa scomparire dall’orizzonte. La scuola dell’obbligo non è obbligo solo per il ragazzo, ma è obbligo anche per la scuola e per la società. La scuola dell’obbligo è l’obbligo per la società di accompagnare tutti i nostri figli ad avere un risultato nella vita, di sentirsi parte della società. Su questo non c’è dubbio. Il PNRR è importante, va preso e fatto fino in fondo non faremo ritardi di un minuto, ma sono strumenti: la scuola è lo specchio di una società e se noi vogliamo una società democratica bisogna che tutti siano in condizioni di avere stesse opportunità sul territorio – e qui c’è un enorme problema del Sud – e dall’altra parte però occorre anche una cosa fondamentale, che ritroviamo in questo Paese il senso che la scuola non è un accessorio della vita ma l’elemento portante di una dinamica sociale che non può lasciare indietro nessuno. Certo che ci vuole l’eccellenza, ma se avremo tutti le stesse opportunità noi non avremo solo un’eccellenza, ne avremo tante.

Io sono convinto che bisogna rompere gli schemi. È verissimo. Però abbiamo anche la responsabilità di una transizione che non diventi caotica. Con il MEF abbiamo il senso della comune responsabilità e finalmente abbiamo riacquistato anche il tempo della programmazione, che per gli economisti è un fatto importante. Un Paese si costruisce dalla scuola: non stiamo rispondendo al bisogno di una categoria ma del Paese intero. Questo è il Paese intero. Però dobbiamo avere chiaro che dobbiamo costruire un percorso di lungo periodo, che dia le strutture al Paese, l’idea che il Pase sta rimettendo insieme le sue strutture fondanti. Per questo si parte dalla scuola. Tutte quella attività che creano comunità diventano fondanti: non sono accessorie. Quindi il tempo pieno è cruciale: non è un’opzione ma una necessità, perché non si risolve con un’ora di educazione civica o di musica. Tutto questo però funziona non solo se c’è un ascolto delle parti sociali ma se c’è un grande movimento Paese che veda nell’educazione la capacità di andare oltre, senza lasciare indietro nessuno.

Proposte o argomenti inaffrontabili non ce ne sono. C’è solo la necessità che io che esprimo i bisogni del Paese e il MEF che esprime la possibilità di rispondervi, ci mettiamo a disposizione di tutti per vedere quali sono i margini effettivi di realizzazione. Troveremo quel grado di realizzabilità che comunque ci fa fare passi in avanti. E poi dico grazie anche per le proposte che sembrano inaccettabili, perché aprono il dibattito e finalmente ci portano a parlare di scuola e a rimettere la scuola al centro. È chiaro che abbiamo vincoli di bilancio, vincoli organizzativi… ma se oltre ai miei occhi ci sono quelli di centinaia di migliaia di persone che si mettono in un grande movimento Paese ce la possiamo fare.

In foto, il ministro Bianchi in visita a due delle scuole che hanno aderito al Piano Scuola Estate

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