Inclusione

Gli autori di reato con disagio psichico a Viagrande diventano “Tesori”

A Viagrande, in provincia di Catania, in un bene confiscato alla mafia si realizzano progetti sperimentali in collaborazione con l'Asp legati ai "budget di salute". Il cohousing, la lavoro e la società sono i tre assi. Un lavoro sinergico tra più cooperative, a cominciare dalla capofila Team a cui è stata assegnata la villa

di Gilda Sciortino

Si chiama “Centro Tesori” non a caso, il centro d’eccellenza per i progetti di inclusione di persone fragili e di legalità che sorge a Viagrande, in provincia di Catania, in un bene confiscato alla mafia nel 1986 e affidato nel 2016 dal Consorzio Etneo per la legalità e lo sviluppo alla cooperativa Team. Una realtà che si è sempre caratterizzata per l’accoglienza e l’accompagnamento di persone con problemi psichici (con la pandemia è stata anche una comunità Covid per disabili psichici, funzionando per almeno un anno in tale modalità) e che in anni più recenti ha portato avanti progetti sperimentali legati al “budget di salute” e al co-housing, realizzati con l’Asp-Azienda Pubblica di Servizi alla Persona. Qui si realizzano esempi lungimiranti di integrazione tra il sistema del welfare e quello sanitario, con una particolare declinazione ai temi della legalità. All’interno della struttura, infatti, sono stati avviati percorsi di capacitazione, in cogestione con il Dipartimento di salute mentale dell’Asp di Catania, per soggetti autori di reato.

«Lo abbiamo ribattezzato Tesori», afferma Salvatore Litrico, presidente della cooperativa Team, «sia per un richiamo ai tesori, che chiaramente per noi sono le persone più fragili e quelle con disagio psichico di cui ci occupiamo, sia perché facciamo interventi di socio-riabilitazione. Da qui Tesori, sintesi di Team socio-riabilitativo».

Il centro si trova in una villa a quattro piani nel territorio di Monterosso, frazione di Viagrande, per anni abbandonata alle intemperie, con notevoli conseguenze dal punto di vista strutturale. A rincarare la dose anche il terremoto di Santo Stefano del 2019, che ha costretto ad un periodo di breve inagibilità della struttura: le realtà accolte al suo interno hanno dovuto provvedere a spese proprie per renderla nuovamente agibile e utilizzabile.

I soggetti autori di reato spesso sono soggetti con doppia diagnosi, cioè con problemi di tossicodipendenza che poi sfocia nel disagio psichico, quindi nella malattia mentale

Salvatore Litrico, presidente della cooperwativa Team

L’autonomia alla base del lavoro con i budget di salute

«Parliamo di iniziative relative a progetti terapeutici individualizzati per persone con disabilità psichica, di età compresa tra i 30 e i 40 anni, che accompagniamo in percorsi di autonomia. Ne abbiamo gestiti otto», spiega Litrico, «e siamo riusciti a fare un contratto di lavoro a cinque di loro. Il progetto prevede un’équipe, dei laboratori, l’addestramento al lavoro, tutti interventi necessari a reinserire queste persone nel circuito della società civile. Abbiamo anche un progetto pilota con l’Asp di Catania riguardante la capacitazione di soggetti autori di reato o disabili psichici, che vengono accolti nel cohousing. La struttura è stata suddivisa e abbiamo creato un gruppo appartamento dove ci sono tre persone che in questo momento convivono, si autogesiscono, ovviamente accompagnati da educatori, animatori, assistenti, facendo un percorso di reinserimento nella società che chiaramente è condizionato anche alla loro pena».

Le comunità alloggio per accogliere i soggetti autori di reato

«Parliamo di reati relativi a spaccio, furti, che permettono anche delle misure detentive non coercitive. È chiaro che ci sono delle dinamiche specifiche che si attivano», dice ancora il presidente della cooperativa Team, «per cui anche un soggetto psichico che commette un reato è giudicato e subisce delle pene. Consideriamo che in Sicilia, una volta chiusi gli ex ospedali giudiziari psichiatrici, il sistema delle Rems è stato attivato solo sulla carta, perché di fatto ce ne sono soltanto due in tutta la regione, una a Catania e una a Messina, tra le altre cose sempre piene. L’esigenza di garantire a queste persone un’accoglienza cresce a vista d’occhio, demandando questo compito alle Cta e alle comunità alloggio».

In gita

Una nuova sperimentazione per il Centro di Viagrande

«È il primo anno che il Dipartimento di Salute Mentale ci affida questo servizio», spiega Oriana Gagliano, coordinatrice del cohousing di Viagrande per conto della cooperativa Mosaico, tra i partner del progetto. «Ovviamente l’ingresso dei nostri ospiti non avviene contemporaneamente. Si deve fare un lavoro tra gli utenti perché inevitabilmente ognuno ha le proprie esigenze. Al momento, per esempio, due di loro condividono una stanza doppia, mentre l’altro occupa una singola, ma è prevista per tutti la rotazione delle camere per non fare alcuna particolarità. Dobbiamo stare attenti a mantenere un equilibrio. Poi hanno i turni per la pulizia, quelli per cucinare, i turni per il giardinaggio, per la cura dell’orto che hanno creato loro stessi».

Una convivenza difficile

«I nostri ospiti sono soggetti che hanno tutti quanti commesso reati penali», tiene a precisare Gagliano, «ma hanno anche riconosciuta una patologia di tipo psichiatrico. L’obiettivo del progetto, che si chiama “attività di capacitazione per soggetti di autori di reato”, è molto specifico ed è proprio quello di intervenire su tre assi, che sono appunto quello dell’abitare, da cui nasce il cohousing, quello del lavoro, che riguarda i percorsi di formazione o di work experience oppure i tirocini di inclusione sociale, mentre il terzo e ultimo asse è quello della socialità e attiene a tutte quelle attività sull’inclusione, riguardanti gli interessi di ciascuno di loro. Le criticità sono tante, anche rispetto alla difficoltà di presentare l’utente alle aziende, perché a volte il pregiudizio e la resistenza verso queste persone sono molto forti. Il nostro ruolo è tentare di fare da ponte tra il loro mondo e quello del lavoro».

Al Centro Tesori si impara a giocare

Un modello a bassa soglia, tarato sui piccoli numeri

«Un modello a bassa soglia, tarato sui piccoli numeri serve a garantire loro la piena autonomia. Chiaramente sono sempre sottoposti ai provvedimenti del caso perché vengono visitati dai Carabinieri, avendo delle limitazioni. Nel nostro cohousing», specifica il presidente della cooperativa capofila del progetto, «siamo assistiti da un avvocato che cura il rapporto con il Tribunale di sorveglianza. La cosa bella e simbolica è che tutto questo nasce e si svolge in un bene confiscato alla mafia. Il tema della legalità si unisce a quello della psichiatria, cercando di dare nuovi stimoli e offrire nuove soluzioni. Diciamo che negli anni si è riusciti a far sì che il centro non sia percepito come un progetto della cooperativa x o della cooperativa y: è come se vivesse una propria vita, fatta da tutti e di nessuno, che poi è alla fine la cosa bella del lavorare in un bene confiscato. Non stiamo, infatti, gestendo una cosa nostra, ma qualcosa che appartiene a tutti, riuscendo a dare un’identità all’immobile, a prescindere da noi».

Una visione che va oltre l’assistenza

«Chiaramente noi riempiamo tutto con la nostra visione etica», conclude Litrico, «ma anche con la nostra professionalità e le nostre reti. Siamo, infatti, supportati da un’altra decina di cooperative, abbiamo accanto alcuni imprenditori e le istituzioni. Si è creata una sorta di piccola comunità nella comunità. Per fare un esempio, quando noi abbiamo bisogno di piantare degli alberi, il vivaio vicino ce li regala. Lo stesso fa la farmacia con gli integratori, oppure l’ascensorista ogni tanto passa di sua spontanea volontà a controllare l’ascensore per fare in modo che i ragazzi possano utilizzarlo in totale sicurezza. Ci sentiamo una famiglia e questo clima si respira».

Le foto sono state fornite dallo stesso “Centro Tesori”

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