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Il vescovo Ferretti: «Costruiamo una Foggia accogliente e multiculturale»

In occasione della “Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta delle persone”, il neo vescovo dell'arcidiocesi Foggia-Bovino, Giorgio Ferretti, ha parlato di diritti, inclusione e accoglienza nei confronti dei migranti che vivono nel territorio. E ha evidenziato: «Non sono tornato dall’Africa per trovare la schiavitù in Italia»

di Emiliano Moccia

«Non sono tornato dall’Africa per trovare la schiavitù in Italia. Questo non lo posso accettare. Dobbiamo ribellarci, dobbiamo insegnarlo a scuola, ognuno di noi deve fare la propria parte». Giorgio Ferretti non fa troppi giri di parole. Il nuovo vescovo dell’arcidiocesi Foggia-Bovino approfitta della “Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone”, per spiegare ai fedeli la sua visione di chiesa e di comunità, che fonda le sue radici nell’accoglienza, nell’apertura più profonda dei migranti, nel rispetto e nel riconoscimento dei diritti. In particolare, di tutti quei braccianti agricoli stranieri impegnati nei campi e che vivono nei ghetti troppo spesso vittime di sfruttamento, caporalato e schiavitù. «Gli stranieri sono nostri fratelli e anche se non ci fosse una ragione economica per accoglierli in Italia, lo dovremo alla disperazione che rappresentano. Ma gli stranieri per l’Italia sono anche una risorsa, chi dice che sono un problema dice una falsità economica. E lo sappiamo bene in questa terra».

Il vescovo Giorgio Ferretti, secondo da sinistra

Il vescovo Ferretti si è insediato nell’arcidiocesi di Foggia-Bovino lo scorso 14 gennaio. Appartenente al clero della diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino, papa Francesco per scuotere questa fetta della comunità cattolica pugliese ha scelto il parroco della Cattedrale di Maputo, capitale del Mozambico, dove il sacerdote si era recato sin dal 2016 per una scelta missionaria maturata nella Comunità di Sant’Egidio, di cui è membro della Fraternità missionaria. Per questo, il vescovo Ferretti è particolarmente sensibile al tema dei migranti, dell’accoglienza, del rispetto dei diritti. E lo ribadisce davanti alle oltre 200 persone che ha ospitato nel cortile del Palazzo vescovile al termine della marcia “Camminare per la dignità: ascoltare, sognare, agire”, organizzata da diverse realtà del territorio per riflettere sul fenomeno in memoria di Santa Giuseppina Bakhita, la suora sudanese che da bambina fece la drammatica esperienza della tratta.

Per far comprendere bene quanto sia importante accogliere degnamente i migranti che vivono nelle comunità del foggiano, il vescovo Ferretti ricorda che «la nostra è una religione fondata da profughi, perché sappiamo bene che la Sacra famiglia non ha un posto in cui stare, non vengono accolti dalla città. E Gesù deve nascere in un luogo inadatto. E subito dopo la nascita, per fuggire alla persecuzione di re Erode sono costretti a scappare e ad essere profughi in Egitto. Siamo una religione fondata da un profugo». Di qui, l’ammonimento: «Non sono tornato dall’Africa per trovare la schiavitù in Italia», facendo riferimento non solo alle storie delle vittime di tratta presenti, ma anche alle centinaia di migranti che nei diversi insediamenti informali sparsi in Capitanata vivono in pessime condizioni alloggiative e ai braccianti troppo spesso sotto lo schiaffo di caporali e sfruttatori.

Abbiamo tanto bisogno di manodopera e di migranti che diventino nuovi italiani, che siano italiani di cittadinanza, affinché chi nasce e studia in Italia possa essere italiano

Giorgio Ferretti, vescovo dell’arcidiocesi Foggia-Bovino
Partecipanti alla giornata di preghiera e riflessione sulla tratta

«Abbiamo tanto bisogno di manodopera e di migranti che diventino nuovi italiani, che siano italiani di cittadinanza, affinché chi nasce in Italia e studia in Italia possa essere italiano. I giovani che studiano nelle nostre scuole con gli altri ragazzi, che parlano in italiano o il dialetto foggiano, non è possibile che non siano italiani. Non ha senso. E’ illogico» evidenzia il vescovo Ferretti, che conclude il suo intervento lanciando un messaggio alla città: «Costruiamo insieme una Foggia che sia accogliente, multiculturale, multietnica perché è nella diversità e nell’incontro tra diverse culture che si fa una nazione bella. Costruiamo una Foggia con un’unica cultura: quella del Vangelo, che è cultura dell’amore e della fraternità».