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Nel Mezzogiorno arriva il franchising sociale “Custodi del bello”

Il progetto si chiama “Custodi del Bello” ed è nato a Milano nel 2017. Persone fragili vengono inserite nella comunità e nel mondo del lavoro attraverso la cura di aree pubbliche come parchi, giardini, strade e piazze. Ci sono team di “custodi del bello” anche a Brescia, Firenze, Savona e Roma. E ora si muovono i primi passi in cinque città del Mezzogiorno: Matera, Bari, Bitonto, Cagliari, Caltanissetta

di Anna Spena

Custodi del Bello” è un progetto che nasce dall’osservazione della realtà e da un’alleanza di tre realtà: Il Consorzio Communitas, la Fondazione Angeli del Bello e l’associazione Extrapulita. «Era la fine del 2017», racconta Luciano Marzi, vicepresidente del Consorzio Communitas. «I dati Caritas e quelli Istat evidenziavano un aumento della povertà e delle situazioni di fragilità e disagio sociale. E poi era sempre più evidente la crescita del degrado urbano». C’era bisogno di un’iniziativa che non solo rispondesse ai bisogni delle persone e delle città ma che mettesse in moto un movimento: «volevamo creare», spiega Marzi, «un nuovo modello di integrazione che dove al centro c’erano il lavoro, la bellezza e la collaborazione tra pubblico, privato e non-profit».

Come funziona?

Il progetto pilota è partito a Milano. E poi è stato esportato anche a Brescia, Firenze, Savona e Roma. «Con le amministrazioni e le associazioni locali si creano dei team di lavoro», spiega Marzi. «Team composti principalmente da persone che si trovano in un momento di fragilità: migranti, disoccupati, chi si trova in condizioni di povertà. A loro proponiamo diversi corsi di formazione affinché acquisiscano le competenze per riqualificare luoghi pubblici come strade, piazze, parchi, giardini e monumenti. Ogni squadra è coordinata da un “animatore sociale”, referente, per quella città, della realtà di Terzo settore con cui sviluppiamo l’iniziativa». Dal 2017 ad oggi circa 200 persone sono transitate dal progetto Custodi del Bello nelle sue varie declinazioni e, nonostante la crisi economica e la pandemia, circa il 50% di queste hanno trovato sbocchi lavorativi e di inclusione socio-lavorativa.

Le fasi

La prima fase è quella della conoscenza e presa in carico, le persone con fragilità sociale si iscrivono al progetto, inseriscono il proprio profilo dettagliato in una piattaforma web, che consente di registrare i dati essenziali di ogni persona e di attivare successivamente funzioni di raggruppamento utili per la gestione del progetto. Tramite il database vengono individuati i cittadini che formano le squadre. Poi tutti i partecipanti al progetto ricevono una formazione utile ad acquisire competenze di base trasversali ai vari ambiti lavorativi, come quelle digitali. Saper leggere e scrivere una email, saper rispondere ad un annuncio di lavoro, preparare il proprio cv o saper affrontare un colloquio di lavoro sono alcuni esempi dei risultati attesi dalla formazione. «C’è poi una seconda fase», spiega il vicepresidente del Consorzio Communitas. «Si individuano attività lavorative particolarmente richieste dal mercato, definito il bisogno si propongono ai soggetti coinvolti percorsi di formazione professionale specifici ai quali, è auspicabile, contribuiscano ove possibile le stesse aziende che ricercano collaboratori».

Da progetto a politica attiva del lavoro

«Questo progetto», aggiunge Marzi, «può diventare una politica attiva del lavoro». Le persone che compongono i team vengono assunte con contratti di tirocinio o a tempo determinato. «L’obiettivo della terza fase dell’iniziativa», spiega Marzi, «è quello di costruire una vera e propria filiera del lavoro completa: le persone che vengono formate poi devono rientrare stabilmente nel mondo del lavoro».

Il movimento verso sud

Oggi “Custodi del bello” muove i primi passi verso il Sud Italia e viene siglato il protocollo d’intesa tra gli enti finanziatori per l’avvio del progetto in cinque città del Mezzogiorno con il sostegno di Caritas Italiana e Fondazione Con il Sud. Nuove persone si stanno preparando a diventare i custodi del bello delle città di Matera, Bari, Bitonto, Cagliari, Caltanissetta. L’obiettivo è quello di aprire in tutto il Paese un cantiere “diffuso e decentrato” a tutela della “Bellezza” del territorio e della coesione sociale. «Occorre», dice Marzi, «“scalare” il modello, aumentando il numero di squadre e delle persone fragili da coinvolgere in percorsi di integrazione socio-lavorativa e, allo stesso tempo, promuovere la cura della bellezza e della qualità della vita di un numero sempre più ampio di comunità cittadine». A regime, in 3 anni, il progetto prevede di attivare nelle prime cinque città coinvolte del Mezzogiorno complessivamente 44 squadre, con il coinvolgimento di oltre 200 operatori fragili.

I casi di Matera e Caltanissetta

La cooperativa Sociale il Sicomoro è capofila territoriale del progetto di Matera, in Basilicata: «Una sperimentazione come “Custodi del bello”, in una città come Matera ha rilevanza notevole», spiega Michele Plati, presidente della cooperativa. «E questa rilevanza si sentirà soprattutto nelle aree periferiche. Abbiamo subito trovato l’appoggio delle amministrazioni comunali, e in questi giorni stiamo mettendo in piedi il primo team composto da dieci persone, entro i tre anni le squadre saranno sette. L’idea è quella di riprendere il progetto di rigenerazione urbana iniziato dai cittadini durante l’anno da capitale della cultura e poi abbandonato a causa del Covid». Se a Matera si guardano le periferie, a Caltanissetta, Sicilia, sarà il centro storico della città il cuore del progetto: «Stiamo costruendo la prima squadra pilota di custodi del bello, sarà composta da quattro persone», dice Tatiana Speziale, responsabile comunicazione dell’associazione Caritas Caltanissetta Onlus. «Persone che abbiamo conosciuto negli scorsi anni, che si sono rivolte ai centri Caritas del territorio, o chi dopo la pandemia è rimasto senza lavoro». A Caltanissetta «è più che mai necessario», continua Speziale, «investire sulla promozione del lavoro, quindi la parte della formazione è fondamentale perchè vogliamo che i partecipanti sviluppino competenze spendibili anche alla fine del progetto. Il focus principale dei prossimi tre anni non sarà la periferia della città, ma il centro storico. Centro che si trova in uno stato quasi di abbandono ed è ormai spopolato. Tra i nostri obiettivi anche quello di creare squadre miste, persone italiane e immigrati, per agevolare il processo di integrazione».

Foto pagina Facebook custodi del bello