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Zuppi: «I nostri influencer sono gli ultimi»

Il presidente della Cei è intervenuto a Cagliari nel corso di un interessante seminario organizzato dall’Unione cattolica stampa italiana, in cui ha fatto il punto sui rischi dell'utilizzo dell'intelligenza artificiale sul versante dell'informazione

di Luigi Alfonso

«L’Europa è un’eredità che dobbiamo amministrare con molta oculatezza. Siamo nati dalla terribile sofferenza della guerra e anche dalla sofferenza della Shoah, non dobbiamo dimenticarlo. Lo ricordiamo oggi nella Giornata della Memoria, prendendo spunto anche dalle importantissime parole di ieri del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, vero faro per la coscienza e la consapevolezza del nostro Paese». Così il presidente della Conferenza episcopale italiana – Cei, cardinale Matteo Maria Zuppi, intervenuto oggi a Cagliari nel corso di un incontro con i giornalisti sardi sul tema “L’informazione fra etica, confronto generazionale e rapporto con la società civile”, promosso dall’Unione cattolica stampa italiana – Ucsi.

L’intervento del cardinale Matteo Zuppi a Cagliari

Dopo un commosso ringraziamento per le belle parole spese dall’arcivescovo di Cagliari, monsignor Giuseppe Baturi, durante le esequie di Gigi Riva, il cardinale Zuppi è entrato nel vivo dell’argomento principale dell’incontro. «La riflessione sull’informazione è molto importante. E credo che il tema di quest’anno, l’intelligenza artificiale, ci aiuta ad aprire un po’ gli occhi. Quand’ero ragazzino si parlava dei robot e sembrava fantascienza, materia da fumetti, in cui c’era un’idea di futuro e di progresso che noi abbiamo un po’ perso. Si parla della sapienza del cuore, che dovrebbe essere l’intelligenza naturale: ebbene, ho paura che ce ne sia molto meno in giro. Se non siamo in grado di capire le cose del mondo o se riduciamo questa sapienza a un fatto privato, individualistico, qualcosa non quadra. Il condominio ce l’abbiamo e possiamo vivere da soli, ma possiamo anche pensare a una casa comune. Con l’esperienza del Covid siamo diventati più casalinghi, cioè pensiamo a tutto da dentro casa. E c’è anche un livello di informazione, e di ricezione dell’informazione, che è funzionale a questo. Per cui sei collegato con tutto ma diventi passivo, chiuso in una prospettiva individualizzata».

Il presidente della Cei ha fatto riferimento all’infocrazia, ben spiegata dal filosofo e sociologo di origine sudcoreana Byung-Chul Han. «Ha messo l’infocrazia in relazione con i produttori dell’intelligenza artificiale, che la producono e la usano. Poi la usiamo tutti, e in questo senso è una straordinaria possibilità: possiamo stare in cima al Gennargentu e consultare le biblioteche del mondo o comunque avere accesso a tutte le informazioni che ci occorrono. Nel saggio di Han emerge un rapporto molto stretto tra l’infocrazia e l’individualismo. E io avverto tanto individualismo. In Emilia Romagna, un nucleo familiare su tre è composto da una sola persona. In Lombardia si sale addirittura a oltre il 50%. Ecco, quindi, che i detentori dell’informazione determinano l’infocrazia. L’individualismo porta a ricercare qualcuno che ci gestisca, a qualunque prezzo, lo spazio che non sentiamo più nostro o di cui avvertiamo il pericolo, la complessità. È qualcosa che ci mette paura e rabbia. È un individualismo che ci spinge a mettere i sacchi alla finestra, come cantava Lucia Dalla, ma poi dalla finestra ci mettiamo a sparare. Dobbiamo difendere il piccolo che sentiamo minacciato da un mondo che non capiamo più».

Uno scorcio del pubblico presente oggi al seminario Ucsi di Cagliari

«L’informazione è importante, non c’è alcun dubbio. Ma il giornalismo è una cosa seria, non può essere al soldo di chi è pronto a pagare. Capisco che c’è la debolezza umana, ma c’è anche la dignità professionale che non può mai venire meno. Nessuno è passivo, nell’informazione. Guai a diventarlo. Ma lo si diventa con l’intelligenza artificiale: con il digitale pensiamo di essere noi a guidare la navigazione. Ma sbagliamo. Voi sardi, che di mare ve ne intendete, sapete che ci sono le correnti; e le correnti non le vedi ma ti portano dove vogliono. Ecco, l’impressione è che queste correnti ti lascino la grande illusione di tenere saldamente in mano in timone, in verità ti conducono dove vogliono. Tanta parte dell’intelligenza artificiale, oggettivamente, rischia di essere questo. Ed è molto pericoloso perché non te ne accorgi. Sono le correnti profonde di interessi incredibili, di veri detentori di potere: chi possiede quelle correnti, sa come gestirle».

«Penso che siamo tutti preoccupati per la crisi delle entità sovranazionali», ha proseguito il cardinale Zuppi. «E questo perché prevale la logica della forza: conta chi è più forte e anche l’idea di forza, che purtroppo fa ancora prevalere l’aspetto militare. L’ideologia del riarmo fa vedere che non siamo troppo “mollacchioni”. Siamo come i sonnambuli, pensiamo che il benessere ci è garantito. Ma il benessere un po’ ti rimbambisce, ti fa credere quello che non sei. Dovremmo attingere finalmente alla sapienza del cuore, che usa molto la ragione. Va dove ti porta il cuore, si dice. Ma a volte il cuore ti porta a sbattere, se non si usa il cervello. E quest’ultimo dev’essere ben collegato, altrimenti non ci aiuta».

Nel fare riferimento al recente messaggio di Papa Francesco alla Giornata mondiale della Pace, il presidente della Conferenza episcopale italiana ha poi sottolineato che «il Pontefice non ha fatto casualmente accenno all’intelligenza artificiale, perché c’è un’applicazione terribile di essa anche nei conflitti armati. E può determinare un ulteriore salto nella distruzione, aumenta il potenziale rispetto agli eventi di 80 anni fa. Papa Paolo VI parlava di umana creanza, che porta a combattere la logica della guerra. Anzi, ad “abolirla per l’umana creanza”. Per la sapienza del cuore, direbbe oggi. L’intelligenza artificiale è uno strumento oggettivo e anche una straordinaria opportunità, a patto che non diventi infocrazia o le correnti cui facevo riferimento prima. Per i cristiani la sapienza del cuore nasce da tre pezzi: la Bibbia, il giornale e poi quell’algoritmo che è ognuno di noi. In verità non ho ben capito che cosa sia un algoritmo, ma gli effetti li vediamo tutti: se acquistiamo un biglietto aereo da Bologna a Roma, per tre mesi ci arrivano tutte le offerte su quella tratta. Personalizzano la pubblicità e ci azzeccano molto più dei venditori di enciclopedie di un tempo, quelle che acquistavamo anche se non ne avevamo bisogno. Ecco, l’intelligenza artificiale applicata all’informazione può essere pericolosissima, soprattutto se siamo vulnerabili, passivi, individualisti, casalinghi. L’algoritmo parla alla pancia. E se questa è staccata dalla ragione, siamo capaci di tutto. Noi non siamo passivi, purtroppo a volte gonfiamo un ego già molto gonfio e perdiamo il buonsenso. Il vero problema è che manca il “noi”. Questa è la vera sfida. Manca la vera informazione che ci collega alla realtà, alla verità. La verità vuol dire tante cose: per esempio, ci dà gli strumenti per capire, per entrare nel fatto e comprendere i segni dei tempi. Quando c’è un’intelligenza artificiale deformata, crediamo a ciò che ci viene detto. Purtroppo, a volte non ci interessa tanto informarci quanto schierarci. Non capiamo, eppure ci schieriamo. In realtà noi possiamo determinare molte cose, anche le correnti profonde: perché se c’è la sapienza del cuore, utilizzeremo l’intelligenza artificiale ricorrendo maggiormente a quella naturale. Dobbiamo chiedere al mondo dell’informazione di fare di più il suo mestiere».

Poi una riflessione amara che riguarda i pericoli cui sono esposti soprattutto gli adolescenti: «Nel corso di un incontro con la dirigente della Polizia postale, sono stato illuminato da alcuni dati che fanno paura. Il vero problema, però, sono certi genitori. L’uso del digitale con la inconsapevolezza amplifica i rischi che valgono per tutti quanti. Per cui esisto se mi esibisco, se mostro. È terribile, ci porta lontano dalla sapienza del cuore e riduce la comunità. Nel virtuale sparisce il senso del pudore, del rispetto. Durante e dopo il Covid, nei reparti di neuropsichiatria infantile i ricoveri sono aumentati quasi del 100%, e credo che ci sia un collegamento molto stretto con quanto ho detto sull’intelligenza artificiale. La vita non è “touch”, la vita è usare tutti quanti i sensi. Non voglio utilizzare toni apocalittici su questo tema, piuttosto ribadire che l’intelligenza artificiale ha bisogno di regole. Bisogna usarla se non si vuole essere usati».

«Noi abbiamo un grande editor, che ci mette al centro di tutto e non ci fa sentire soli», ha concluso il cardinale Zuppi. «E il nostro editor è il più grande esperto della sapienza del cuore, che ti fa trovare l’altro. Capiamo chi siamo soltanto in relazione agli altri. Quando scatta questo, salta fuori il vero senso dell’informazione. E poi abbiamo gli influencer, che sono i poveracci. Dobbiamo, dovete parlare della vita vera, che non significa frugare nell’intimità. Rendere la vita vicina così com’è. I nostri influencer sono i cosiddetti invisibili, che poi sono estremamente visibili a tutti. I veri influencer sono coloro che ci ricordano la fragilità, cioè l’umanità. La sapienza del cuore è il vero algoritmo, che va mantenuto: richiede una certa manutenzione perché poi si perde attraverso il corrosivo tarlo che è l’egoismo. Non dimentichiamo il bellissimo mestiere dell’essere uomini e di informarci gli uni degli altri per capire ancora di più chi siamo».

Nella foto d’apertura, di Cecilia Fabiano per LaPresse, senza fissa dimora alla Stazione Termini di Roma.


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